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Silvia Imparato

 

Prima il gioco, poi, o forse insieme, la passione. E il fascino della vigna e del primo vino cercato e realizzato la cattura completamente. Il racconto di Silvia Imparato è fatto con tono pacato, quasi a occhi socchiusi, a cercare di richiamare le immagini dalla mente di quello che le parole dicono. E il sorriso si accende ogni volta. Un solo vino, un solo grandissimo vino, il Montevetrano, quello che ha creato Silvia con tenacia, con determinazione, ma soprattutto con amore.

 

Quando hai cominciato a interessarti della vigna?

 

La nostra azienda è a pochi km da Salerno in collina a 100 metri slm ed era la proprietà dei miei nonni, era già una azienda di famiglia, passata poi ai miei genitori e da loro a me alle mie sorelle. Ci siamo divise queste proprietà e siamo rimaste in due. Una sorella ha tenuto una parte dove ha una attività di azienda agrituristica, mentre io ho preso la parte vitivinicola. Vigneti e cantina. Io in quel momento mi occupavo d’altro, facevo la fotografa.

 

C’era già una produzione di vino in azienda?

 

Prima veniva fatto del vino dai contadini, dai mezzadri.

 

Che varietali c’erano nei vigneti?

 

C’era Barbera, perchè in quella zona negli anni Quaranta avevano importato del Barbera come vino del nord, subendo il fascino del nuovo. Ho trovato Uva di Troia, Aglianico e Piedirosso, tipici della zona.

 

Cosa succede a questo punto?

 

Avevo voglia di divertirmi, di giocare un pò con questa realtà della quale ero entrata in possesso. Ho pensato di fare un gioco con i miei amici tutti appassionati di vino. Un gioco che sapeva un pò di sfida, quello di andare in campagna da me e provare a fare un vino.

 

In che anni siamo

 

Inizio degli anni Ottanta, nel 1982-83 avevamo cominciato a fare delle piccole prove, naturalmente abbiamo trovato qualche ostacolo con i contadini. Abbiamo continuato con delle micro vinificazioni, finché nel 1991 nasce il nostro vino, un taglio di Aglianico e di Cabernet Sauvignon.

 

Nel gruppo degli amici c’era anche un grande enologo

 

Sì, avevo conosciuto Riccardo Cotarella, che all’epoca era rapito dal Merlot, e anche lui aveva partecipato a questo gioco di gruppo. Nel 1992 il taglio fu Aglianico, Cabernet e ... anche un pò di Merlot.

 

Siamo ancora al gioco

 

Sì, anche se le  poche persone che bevevano questo vino, parlo delle annate 1991-92, urlavano al miracolo, mi ripetevano che era un vino davvero straordinario. Per l’annata 1993, uscita nel 1995, perchè il Montevetrano dalla vendemmia alla bottiglia impiega due anni, il successo fu addirittura superiore. Io ero molto contenta, molto lusingata da questi apprezzamenti. E allora ho fatto una cosa, ho mandato tre bottiglie a Robert Parker, che era il punto di riferimento massimo in campo vinicolo.

 

Una scelta particolare! dopo solo tre anni di quasi solo gioco in vigna e in cantina, sottoporre il proprio vino a Parker devo dire che è stato piuttosto audace!

 

Ma noi eravamo molto appassionati, i miei amici abituati a bere grandi vini mi dicevano che era fantastico e ho voluto verificare se era vero.

 

Qual è stato il giudizio di Robert Parker

 

Lui ha pubblicato un articolo proclamando la nascita del Sassicaia del sud. Mi ha scritto dicendomi “signora per carità vada avanti, non è un gioco”

 

Questo giudizio credo che tracci la linea di passaggio

 

E’ così. Sono partita con Riccardo Cotarella, sono passata dal discorso amichevole e giocoso a un discorso molto molto impegnativo. Una cosa è arrivare sul mercato preparati con una strategia adeguata e una cosa arrivarci in modo subitaneo con una presentazione così importante come quella di Robert Parker. Noi non eravamo affatto preparati. E’ stato un impegno assoluto. Ho lasciato il mio lavoro perchè l’impegno era troppo grande e così senza accorgermene ho cambiato vita.

 

E la fama del vino cresceva

 

Tutti mi dicevano che il Montevetrano era un mito, tutti mi dicevano che era incredibile, e io tremavo perchè sì il Montevetrano era un mito, ma la gente lo comprava e non lo beveva. Se lo passavano di mano in mano, perchè erano pochissime bottiglie, i prezzi erano diventati assolutamente folli, non c’era più controllo su niente. Sono stati anni molto appassionanti, ma pieni di paura, nonostante l’immagine esterna fosse affatto diversa. Nessun poteva credere che le bottiglie erano davvero così poche molti scambiavano i prezzi così folli come una strategia aziendale, c’è stato un bel pasticcio. Ho passato tutti gli anni seguenti, e adesso ci sono riuscita, a smitizzarlo e a farlo bere. Non tralasciando di intervenire sulla dinamica dei prezzi.

 

La cosa più bella del vino è poterlo bere.

 

E’ fondamentale! Io ho creato il Montevetrano per amore del vino.

 

La paura infine è stata superata

 

Io ho pensato a un certo punto che la paura era infondata, perchè un vino con la qualità alta come il Montevetrano, sulla quale avevamo tanto lavorato perchè fosse proprio così, era la mia forza. Ho sempre avuto una grande fiducia e nel prodotto e nella qualità del prodotto, dovuto alle attenzioni e alle capacità di Riccardo Cotarella, ma devo dire anche alla attenzione e alla capacità lavorativa di tutti noi. Noi siamo pochi, ma tenaci. E quindi adesso mi ritrovo con questo vino che mi sta dando grandissime soddisfazioni, che parla quello che è il nostro linguaggio.

 

Una fama quella del Montevetrano che ha dato lustro alla Campania

 

Come tutti i vini mito è stato amatissimo, ma anche odiato. Hanno cercato di abbatterlo con motivazioni forse comprensibili, ma poco convincenti in un mercato come questo. Gli altri produttori campani si sono lanciati sui vitigni autoctoni e hanno cercato di isolare il Montevetrano, definendolo vino francese e altro. Dell’attenzione sulla valorizzazione dei vitigni autoctoni della Campania, io non ho alcun merito, il merito è tutto di chi l’ha fatto. Tuttavia non c’è dubbio che il Montevetrano abbia acceso l'interesse sulla Campania.

 

Hai fatto interventi importanti in vigna per avviare questa nuova avventura

 

L’intervento è stato anche abbastanza semplice. L’Aglianico Taurasi l’abbiamo conservato così com’era. In realtà all’inizio ho lasciato quasi tutto, le piante erano altissime, molto distanziate, allora ho messo in mezzo a queste quelle nuove. Ho naturalmente cambiato forma di allevamento con lo sperone unilaterale. Ho innovato, ma relativamente. Ho innestato soprattutto sui vecchi ceppi preesistenti perchè credo che la vecchia vigna sia autorevole e riesca a dare davvero un carattere al vino, fino al momento in cui esaurisce il suo ciclo vitale. Pian piano, quando necessario, abbiamo espiantato e rimpiantato qualche parte di vigneto. Abbiamo fatto le trasformazioni lentamente, seguendo il tempo e la nostra esperienza.

 

Come sta crescendo il Montevetrano

 

Noi siamo nati quando non c’era tutto questo boom del vino, ma ora ci siamo e di Montevetrano  invece di 3000 bottiglie oggi ce ne sono 30.000 e continua a esserci più richiesta che prodotto. Mi sembra un successo.

 

La crescita della cultura del vino in questi anni è stata preziosa

 

La crescita della cultura del vino porta vantaggi a chi fa prodotti di qualità perchè il consumatore riesce a riconoscerla e ad apprezzarla. E’ questo quello che conta, molto ma molto di più del mito, perchè il mito passa, oggi c’è ne è uno domani un altro. Invece avere una fascia di consumatori che apprezza costantemente il tuo vino è straordinario. E prima non era così.

 

Azienda Agricola Montevetrano
Via Montevetrano, 3
San Cipriano Picentino (SA)
Tel.: +39 089 882285
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www.montevetrano.it

 

 

 

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