Non è facile rincorrere i suoi pensieri mentre sta “componendo” i suoi piatti, le parole che pronuncia per renderti partecipe di questo momento non riescono mai ad esprimere appieno quello che i nostri occhi vedono. Da rimanere incantati!
Ho cominciato a parlare con lui cercando di capire il suo pensiero di cucina e come riesce a “giocare” in modo così perfetto con gli ingredienti.
Uso il verbo giocare perchè, secondo Salvatore, “in cucina si “gioca” con le sfumature di sapori, con i profumi, con i colori che sono nei nostri ricordi.
La cucina si basa sempre sui ricordi delle sensazioni che ci hanno dato emozione nel corso della vita. Il piatto viene fuori così d’istinto proprio per quei ricordi.”
La conversazione è diventata una vera lezione su cosa significa cucinare.
Salvatore lo ha fatto da par suo, con linguaggio semplice ma efficace e con la consueta veemenza, nel tentativo di trasmettere la sua filosofia di cucina attraverso esempi assolutamente comprensibili. In modo che ognuno di noi se ne possa arricchire.
Ha cominciato dove comincia la cucina, nel mercato, dove possiamo trovare i prodotti migliori che poi entreranno nel nostro piatto.
La cucina del mercato, la cucina di tutti i giorni che nasce dalle esigenze di valorizzare quei prodotti che in quel momento ci stimolano per la bellezza stessa, la forma, la freschezza e che magari in un altro momento passano inosservati.
Salvatore poteva spaziare nell’intero mondo dei prodotti e raccontarcene l’essenza e i probabili abbinamenti.
Non è stato così, perchè forse non avremmo capito, non avremmo fissato nella memoria il significato del ragionare di Salvatore.
E allora, con una risata contagiosa, ha scelto il protagonista della sua lezione sul cucinare: la rapa.
Un prodotto povero, stagionale e quindi poco ricorrente sulle nostre tavole. Attraverso questo prodotto ha ripercorso il modo di stare in cucina, il suo modo di stare in cucina.
“Quando io vado al mercato e vedo le cose mi costruisco una immagine visiva del piatto dovuta sia ai colori delle materie prime sia a quello che immagino di poter fare con le materie prime che ho a disposizione. Per cui nasce un piatto quasi mentale, dove la conoscenza dei sapori e dei profumi porta a immaginare la combinazione degli elementi stessi mentre si fondono. In quel momento, avviene la realizzazione del piatto dovuta proprio alla perfetta conoscenza degli elementi da combinare. Nulla di questo sarebbe possibile se non avessimo in noi la conoscenza dei sapori e dei profumi.
La costruzione della ricetta non deve essere condizionata dalla ricerca di prodotti stabiliti a priori, ma nascere dall’emozione del momento, dallo stato d’animo del momento.
Quello che attira è la freschezza di quel giorno di quello che si trova quel giorno, la novità, la freschezza del prodotto.
Per esempio trovo la rapa; alla rapa cerco di abbinare altre cose. Dipende dall’utilizzo che ne voglio fare, dall’ispirazione di quel momento. Il discorso del mercato è proprio questo, io vado al mercato a fare la spesa giornaliera e trovo man mano girando tra i banchi quello che mi serve.
Importante è ricordare che tutto deve ruotare intorno a quel prodotto che ho scelto come protagonista. E allora come secondo prodotto potrei scegliere l’agnello che so essere perfettamente abbinabile con la rapa, in modo da dare al piatto una grande armonia di sapori e di profumi”
E qui Salvatore ci propone un esempio di immediata comprensione.
“Il mercato è come quando vai a fare lo shopping; vedi in una vetrina un bel cappellino e dici adesso me lo compro, è bello mi piace. Poi cerchi altri capi come una giacca o una sciarpa da accoppiare al cappellino per rendere l’abbigliamento più completo e armonico.”
Abbiamo gli ingredienti e ora Salvatore ci apre la porta della cucina, “dove preparare il piatto che ho finora solo immaginato. Il risultato finale deve essere identico a quello che avevo disegnato nel mio immaginario proprio lì nel mercato, durante la scelta del prodotto che mi ha stimolato quel piatto.
Per arrivare a quel risultato devo valutare le varie tecniche di cottura.
La rapa ha una sua ineludibile modalità di cottura: deve essere bollita. La scelta della cottura dell’agnello (brasato, arrosto, in casseruola) diventa quindi determinante, perchè influisce nell’abbinamento con la rapa e nella sua esaltazione.
Quindi andrà scelta una modalità di cottura che lasci la rapa come elemento principale del piatto.
Posso fare il tortino di rape, lo sformo sul piatto e lo contorno con un ragù di agnello. L’agnello corregge il sapore della rapa. Aggiungo alcune erbe e spezie come leganti fra i due ingredienti.
Le erbe e le spezie vanno usate con attenzione, nel piatto che sto preparando non posso usare lo zenzero che è perfetto con la rapa, ma mortifica il sapore dell’agnello, ma userò più semplicemente il rosmarino o la salvia o l’alloro, l’aglio e il peperoncino, che sono apportatori di gusto a entrambi gli alimenti.
Il prodotto forte che è la carne passa come complemento correttore di sapore del tortino di rape.
La mia ricetta sarà infine “Tortino di rape all’aglio, rosmarino e peperoncino con ragù di agnello”. Anche nel titolo della ricetta l’agnello passa da elemento principale a elemento secondario.
In questo caso la mia curiosità iniziale della rapa viene pienamente soddisfatta.
Siamo arrivati al piatto.”
Già, siamo arrivati al piatto così come lo volevamo, ora dobbiamo presentarlo. Ma come?
“La presentazione è la diretta conseguenza di quello che abbiamo fatto, è una cosa soggettiva, non c’è obbligatorietà nel mettere gli elementi in un modo piuttosto che in un altro. E’ lasciato alla fantasia di ognuno di noi, con alcune avvertenze.
Nella cucina c’è stato purtroppo un periodo in cui si è data enorme importanza alla disposizione degli elementi nel piatto con precisione geometrica, invece che all’armonia dei sapori e dei profumi. Bisogna avere rispetto delle materie prime e accompagnare le materie prime con altri profumi e altri sapori che ne esaltino le qualità senza modificarne l’essenza. Non bisogna sacrificare la sostanza alla forma.
Quello che serve nel piatto è l’emozione che mi deve dare l’elemento che è nel piatto. La presentazione, l’eleganza della presentazione la fa il piatto stesso.
Se la forma di una fetta di carne nel piatto è irregolare, io devo essere bravo a renderla elegante nella sua irregolarità, non a modificare l’imperfezione non a renderla innaturale facendogli assumere delle improbabili forme geometriche.
Bisogna considerare la materia prima nella sua natura intrinseca, bisogna rispettarne l’origine e coglierne tutte le caratteristiche in modo da valorizzarle adeguatamente, per dare il massimo dell’eleganza possibile alla presentazione.
Un approccio diverso, forzato snaturerebbe quelle caratteristiche e quella origine rendendo il piatto forse anche bello da un punto di vista estetico, ma senza alcun senso dal punto di vista culinario.
La materia prima infatti non sarebbe più se stessa, sarebbe piegata alla esigenza della vista, ma non anche a quella del gusto e dell’olfatto e, soprattutto, non ci darebbe l’emozione di percepire la bellezza delle cose così come sono.
Quindi semplicità e rispetto della natura dell’elemento lavorato.”