Sabrina non sempre accade di poter fare nella vita il lavoro che si desidera. Quando questo si verifica si riesce ad esprimere il meglio di sè.
La fortuna è che ho avuto la possibilità di scegliere, perché non mi piaceva assolutamente lavorare nell’ambiente dove lavorava mio padre, cioè nell’industria. Ho invece scelto di lavorare, di esprimermi a casa mia, nel territorio che mi ha dato la vita e dove sono cresciuta. Questa per me è una grossa soddisfazione.
Raccontami l’inizio di questo ritorno alla terra della famiglia.
Mio padre ha acquistato una proprietà piccolina all’inizio e poi con il passare degli anni ha preso sempre più terreni e sempre più poderi. Oggi è un insieme di sei poderi riuniti sotto un unico nome, “Palagetto”.
Qual è il tuo legame con questa azienda?
Io sono cresciuta insieme all’azienda. Un rapporto che va oltre un discorso lavorativo e professionale, è proprio una passione, un qualcosa fatto con il cuore. Dovessimo, per qualsiasi motivo, vendere un pezzo di questa terra per me sarebbe come perdere una parte di me.
E’ questo amore per la tua terra che ti portato a tentare di “riscoprire la Vernaccia”, di cercare di fare un grande vino con questo vitigno che negli ultimi anni ha perso un pò di fascino?
E’ stato il vino dei Papi, è stato nominato nella Divina Commedia, quindi è un vino che ha la sua storia. Quando è stato un vino trasformato in un vino da largo consumo la sua immagine è diventata opaca. Oggi, per fortuna, tante persone come me, medio giovani, sangimignanesi, innamorati di questo paese, di questo territorio, stanno tentando, non senza fatica, di far ritrovare alla Vernaccia il ruolo di un tempo, quello di un grande vino bianco.
La fatica è legata all’innalzamento della qualità, ma anche a una non conoscenza del prodotto da parte del mercato
Devi pensare che la zona della Vernaccia è un territorio molto piccolo, quindi alla gran parte delle persone è sconosciuta.
Parliamo del primo aspetto, l’innalzamento della qualità. Cosa avete fatto e cosa state facendo?
Abbiamo fatto delle selezioni clonali molto severe, che stiamo ancora facendo a livello di Consorzio. Stiamo molto attenti alla produzione, al lavoro in campo applichiamo tecniche agronomiche rigorose. Ci vuole molta, molta attenzione perché è un vitigno veramente rigoglioso.
Quindi va molto seguito per impedire che ci sia un’eccessiva produzione?
Sì, e poi non va neanche fatto produrre molto poco perché altrimenti ci sono altri difetti. Si devono fare determinate operazioni giuste al punto giusto. Da parte mia, della mia azienda, ma anche da parte di altri produttori, c’è stato uno studio su come fare la vendemmia verde. Sono stati fatti anche tanti errori perché magari uno potrebbe pensare che “ la Vernaccia è un vitigno rigoglioso e che produce parecchi quintali ad ettaro, allora invece di farne produrre 100 ne facciamo produrre 40 e il gioco è fatto!”. Non è ovviamente così, ognuno di noi ha dovuto trovare il proprio equilibrio, soprattutto considerando che quello di San Gimignano è un territorio non omogeneo, ma con mille variabili. Troviamo terreni con molto scheletro, terreni con assenza di scheletro, terreni quasi a 400 metri sul livello del mare.
Tu fai anche grande attenzione all’affinamento.
Produco tre Vernacce. Una è una Vernaccia base, quella che io chiamerei d’annata, ma non come aggettivo dispregiativo, solo per distinguerla considerando che la Vernaccia è un vino da invecchiamento.
Quindi è un vino beverino, da bere durante la stagione?
Perfetto. Però nonostante sia leggero, profumato e beverino, quella Vernaccia ha 13,5 gradi. E’ un vino perfettamente armonizzato, ha tutte le sue componenti e vinificato in acciaio, pressatura soffice e temperatura controllata senza passaggio in legno. La Vernaccia S. Chiara invece è prodotta in modo diverso. Viene vinificata un 20% in legno, in barrique, e per il resto in cemento. Anche se viene fermentata a temperatura controllata come l’altra, però ha una corposità, una densità, un’importanza diversa. Però è anche un vino che matura un po’ più tardi.
E la Vernaccia Riserva?
Dedicata a Riserva è in assoluto l’uva migliore che raccogliamo, che ci soddisfa. Viene fermentata un 50% abbondante in barrique ed il resto in cemento. A quella in barrique facciamo fare la malolattica. Facciamo l’assemblaggio di tutte le barrique, la mescoliamo con quella fermentata in cemento ed una parte di questa, non tutta, la rimettiamo in legno fino a marzo-aprile, poi facciamo di nuovo l’assemblaggio e imbottigliamo.
Un processo lungo e complesso
Sì, dura molto ed è molto variabile perché una parte importante è determinata dalla fermentazione malolattica ed un’altra parte dall’annata, dal vino, dalla potenzialità e dalla qualità che può avere il vino.
E poi ci sono i rossi sempre di casa San Gimignano.
Noi facciamo cinque rossi D.O.C. di San Gimignano. Il Sottobosco, che è nato come un IGT, è stata una grossa scommessa. Abbiamo iniziato a produrre la prima annata nel ’94 con una vigna che è sotto un bosco, ecco perché Sottobosco, e ci piaceva questo vino. Tutti gli anni ci piaceva sempre di più. Poi con il passare degli anni abbiamo impiantato altri vigneti di Syrah, di Cabernet ed un altro pezzo di Sangiovese. Il Sottobosco è un taglio di Sangiovese, Syrah e Cabernet.
Non nasce con questo taglio però
No, con la vecchia vigna il primo Sottobosco è stato fatto con il Sangiovese e con il Cabernet, non c’era il Syrah, che è stato inserito solo dal 2000.
Gli altri rossi?
I rossi D.O.C. di San Gimignano li facciamo in purezza e sono con Sangiovese, Cabernet, Merlot e Syrah.
Poi fate un bianco, i Niccolò
Premesso che io voglio fare la Vernaccia in purezza, avendo acquistato sei poderi, dentro questi ho trovato anche Vermentino e Chardonnay. Sinceramente non sapevo cosa farmene. Ho provato a fare un IGT con questi due vitigni. Non ne ero soddisfatta. Volevo un vino completamente differente, una cosa che dovesse distanziarsi proprio tanto dalla Vernaccia. Allora ho impiantato anche un ettaro e mezzo di Sauvignon ed abbiamo fatto questo vino, i Niccolò, che è fermentato parte in barrique e parte in acciaio. È un vino internazionale.
A San Gimignano avete una bella produzione
Noi a San Gimignano abbiamo 100 ettari di vigneto in produzione. È un’azienda che da molte soddisfazioni, però è dura da seguire.
Poi, per usare una tua frase “ci siamo lasciati prendere la mano”, e avete iniziato una nuova avventura a Montalcino.
Sì, siamo partiti nel ’96 con il Podere Bellarina. La nostra prima grande vendemmia è stata quella del ’97. Stiamo ultimando la nuova cantina. La filosofia aziendale è sempre la stessa, forse anche un più rigida. Perché il Brunello deve essere fatto con il Sangiovese, punto. È un’azienda media, sono 6,2 ettari di Brunello che può dare molte soddisfazioni perché è in una posizione bellissima, in una zona molto vocata. Staremo a vedere.
Qui fate anche un rosso
Sì, lì abbiamo cominciato a fare anche il rosso di Montalcino perché io non faccio né selezioni sul Brunello e né in vigna. In dieci anni solamente due annate, secondo noi, erano da riserva: una era il 2003 e l’altra era il 2006.
Quindi il rosso è da recupero?
Sì, il rosso è da recupero.
Da “recupero” tra virgolette
In realtà sarebbe un Brunello base. Ma il Brunello base esula dalla mia testa perché se un Brunello ha il pregio di avere quelle caratteristiche e quel prezzo non c’è la base. Cosa vuol dire base? Il mio rosso sarebbe quello che io non posso assolutamente chiamare un Brunello. Io il Brunello base non lo voglio fare e non lo faccio.
Qual è la produzione?
Su 6,2 ettari produco 26.000 bottiglie fra rosso e Brunello. Pertanto raccolgo 45, in annate sconvolgenti massimo 50 q ad ettaro di uva e con una scelta in cantina non severa, ma maniacale.
Pian de' Cerri è l’ultima avventura?
No, è un’avventura in concomitanza al Brunello. Abbiamo acquistato sempre nel ’96 quest’azienda Pian de' Cerri, a Seggiano, dove c’erano ulivi e pecore. Abbiamo piantato i vigneti e finalmente quest’anno, a settembre, uscirò con il primo Montecucco.
Quindi non c’è ancora un vino?
No, uscirà a settembre perché non mi sembrava serio far uscire un vino con potenzialità come un Montecucco, un Sangiovese ed un Merlot, con una vigna che aveva 3, 4 o 5 anni. Ho preferito aspettare invece la linea di 10 anni.
Nel frattempo avete fatto delle prove?
Abbiamo fatto delle micro-vinificazioni, abbiamo venduto l’uva, il vino sfuso, abbiamo cercato di capire quelle vigne. E’ un podere di solo di 9 ettari, la produttività è scarsissima, siamo sui 30-35 q ad ettaro. Quindi fondamentalmente non era un grosso quantitativo di dispersione, di guadagno economico. Poi secondo me alla lunga paga perché uscirò con un prodotto che è già un prodotto adulto.
Abbiamo fatto un bel quadro perché nel raccontarmi i vini mi hai raccontato anche come è nata questa avventura, sei riuscita a non trascurare la parte emotiva, che è molto importante.
E’ vero quest’azienda è creata sull’emotività, sul sentimento. E’ il modo di manifestare l’orgoglio di essere toscani, e questo lavoro dimostra la nostra toscanità.
TENUTE NICCOLAI
Palagetto-Podere Bellarina-Pian de’Cerri
Via Racciano, 10 – San Gimignano – Siena
Tel. 0577 943090
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– www.palagetto.it
I PRODOTTI
Palagetto – San Gimignano
DOC di San Gimignano rosso (uno di quattro)
- a seconda dell’annata purezza di Sangiovese, Syrah, Merlot e Cabernet Sauvignon
Sottobosco DOC
- Sangiovese, Cabernet Sauvigno, Syrah
Chianti Colli Senesi Riserva DOCG
- Sangiovese, Merlot
Vernaccia di San Gimignano DOCG
- Vernaccia di San Gimignano
Vernaccia di San Gimignano DOCG – Santa Chiara
- Vernaccia di San Gimignano
Vernaccia di San Gimignano DOCG - Riserva
- Vernaccia di San Gimignano
I Niccolò IGT
- Vermentino, Chardonnay e Sauvignon
Podere Bellarina – Montalcino
Brunello di Montalcino
- Sangiovese grosso
Solleone
- Sangiovese, Merlot
Pian de’ Cerri – Seggiano
Montecucco
- Sangiovese, Merlot