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Alessandro Dettori

 

Una conversazione estremamente piacevole con un giovane produttore sardo. Alessandro Dettori racconta una storia d’amore, la sua storia d’amore verso una terra, verso la tradizione di un famiglia e, soprattutto, verso suo nonno. La figura del nonno sembra dominare tutto il ragionamento, un uomo schivo, silenzioso, ma dolcissimo, così lo definisce Alessandro, che è riuscito a leggere nell’animo e nella mente del nipote quelle cose che Alessandro stesso ha scoperto solo più tardi di avere dentro di sé. Un uomo saggio che ha saputo individuare nell’ambito della famiglia colui al quale affidare il frutto della storia di tante generazioni, certo che le avrebbe preservate con attenzione e con rispetto. E così è stato.


Alessandro ha affrontato il mondo del vino così come ha affrontato la vita, con un sorriso. Le sue parole raccontano la sua filosofia, il suo approccio alla natura, il suo voler essere portatore per un tratto di strada di una tradizione che nasce da molto lontano. Il suo trisavolo, 130 anni fa, raggiunse quelle colline che si affacciano su un mare incantato con le sue pecore. Costruì l’ovile, per il suo gregge e, in qualche modo, per sé visto che dormiva proprio lì, un bel forno di pietra dove cuocere il pane e il cibo frugale per il suo sostentamento, e impiantò la prima vigna. Poi, solo poi, costruì una casettina, poi la stalla, poi ancora altre vigne. Quella vigna ha ora 128 anni, è a piede franco, Alessandro ne parlerà con dolcezza, anche il forno è ancora lì, a ricordo di un tempo semplice ed essenziale, e ci emoziona guardarlo.

 

Alessandro che cosa è per te fare vino?

 

Io sono un artigiano, uno che lavora in vigna e in cantina fa poco o niente, soprattutto poi non usando i legni per una scelta mia personale di cultura, non facendo chiarifiche, non facendo stabilizzazioni, alla fine è chiaro che quell’uva è me stesso. Ho deciso io quando tagliare l’uva non per analisi chimiche, ma ho deciso io per il mio palato, per come mi sono alzato quel giorno e ho deciso di tagliare l’uva. Perché comunque la taglio quando mi da una emozione. Non penso un anno prima il vino che devo fare un anno dopo. Se devo fari il Tuderi, e sto nella vigna del Tuderi non è che sto a riflettere che devo fare il Tuderi come quello dell’anno scorso o di due anni fa. Sono lì io e il vigneto, assaggio l’uva, se mi da quell’emozione che ricerco allora la taglio altrimenti no. Con questo cerco di dare una personalità al vino, cosa diversa di dover fare le analisi chimiche, che deve avere quel grado di acidità, deve aver quel grado zuccherino, allora lì non è più personale si perde la personalità.

 

Mi hai detto che in cantina fai poco o niente

 

In cantina quando svino non ho delle tabelle, non è che il Tuderi deve fare delle macerazioni per forza di 8 giorni, no può anche farle di 3 o di 15 dipende dagli assaggi, io assaggio e devo continuare a sentire le sensazioni e le emozioni che mi ha dato l’uva, è tutta una cosa personalissima e lo ammetto cambio di giorno in giorno e quindi bisogna essere sereni per fare la scelta giusta. Io decido di mettere il vino in bottiglia solo se mi piace e a chi compra i miei vini piace che a me piaccia. E quindi grazie a Dio riesco a fare una bella selezione e chi mi conosce e che segue sa che faccio una bella selezione, sono molto drastico. Il 2003 non l’ho imbottigliato. Ci sono dei vini che non vanno in bottiglia perché non penso che siano all’altezza della situazione.

 

Sei un giudice severo dei tuoi vini …

 

Io sono severo, però è facile esserlo, perché prima di tutto è una questione mia morale.  Non voglio scendere a compromessi con me stesso, non posso imbottigliare un vino che a me non piace perché io ho deciso di fare dei vini che mi piacciono. Poi se ci ragioni su la cosa è valida anche dal punto economico, perché se io esco con un vino leggermente inferiore a quello dell’anno passato, io mi brucio tutto. Io non sono il grande produttore affermato che ha l’opportunità di spiegare le sue scelte perché oltre alle grandi capacità tecniche che ha il grande nome che si merita tutto ha anche una grande rete di vendita e ha anche un grande budget. Se io sbaglio una volta è finita.
Questo il motivo per cui sto cercando di fare cantina, al momento il mio obiettivo è tre anni ma il mio grande sogno è risucire a far stappare una bottiglia anche dopo venti anni.

 

Quando hai iniziato.

 

Io ho iniziato 6 anni fa per caso.  Io ero molto convinto di arrivare a fare quello che oggi faccio, ma mai avrei pensato di raggiungere gli obiettivi di mercato, economici, di immagine, che sono riuscito a raggiungere in solo 5 anni. Sì mi sono detto ora inizio poi dopo dieci anni, 15 anni sicuramente riuscirò ad emergere. Era quello che realmente pensavo e quindi ho preso il vino che era in casa quello che aveva sempre fatto mio nonno, l’ho messo in bottiglia, ho fatto fare delle belle etichette. Sempre convinto, mai distratto, ho fatto le cose sempre in maniera molto determinata; però siccome sono stato abituato che nessuno ti regala niente e che nella vita ci vuole sacrificio per affermarsi io ho detto non devo sbagliare un colpo devo essere severo con me stesso, ma mai mi sarei aspettato quello che è accaduto.

 

Cosa è accaduto?

 

Che mi sono trovato nel momento giusto, nel posto giusto con il prodotto giusto. Ma non subito, dopo un paio di anni. Io sono uscito commercialmente nel 2001, e nel 2003 sono nate le associazioni tipo vini veri, è uscito Gravner con i vini biodinamici, è nato questo nuovo movimento del vino. Io ho passato i primi anni fino al 2003 a prendere delle bastonate un po’ da tutti perché comunque mi ero permesso di fare un vino non filtrato, non chiarificato, assolutamente non barriccato. All’epoca si vendeva solo quello. Oggi per fortuna c’è un movimento di consumatori, di amatori, anche di giornalisti, che si sono avvicinati a questo modo di vedere il vino.

 

Comunque qualche critica mi sembra che tu la faccia anche a questo nuovo approccio al vino

 

Questo modo di ostentare il modo di fare il vino inizia a farmi un po’ paura. Oggi si vendono vini solo se sono di vitigni autoctoni o sono biodinamici, poi si va a vedere che il vino auctono è stato messo in barrique e in barrique non ci andava, perché se un vitigno autoctono lo metti in barrique può chiamarsi syrah o pinot noir e basta perché sono quei vitigni autoctoni nati Francia. Se io dovessi prendere il mio Pascale e lo mettessi in barrique,  sì avrei un vino da vitigno autoctono ma che non rispecchia la cultura dei nostri vitigni autoctoni.
Tutte queste cose mi stanno cominciando a spaventare perché stanno nascendo tutta una serie di santoni e di discepoli, sottolineo nessuno ha ragione e nessuno ha torto, ma stiamo parlando di una semplice bevanda, che, attenzione, per me è tutta la mia vita, ma nella vita ci sono cose più importanti. Ecco io credo che bisogna essere sereni, affrontare la vita in modo sereno senza schierarsi in maniera così assoluta.

 

Torniamo a te …

 

Parlare di me è difficile perché non c’è nulla di preconfezionato quello che ho fatto a volte mi chiedo perché l’ho fatto. Qual è la mia storia? Aspetta che ci penso un po’ la mia storia è che era l’anno 1997 l’azienda era lì che da due anni che era un po’ così che nessuno la portava avanti era a me che toccava ma non mi interessava non lo so sono successe delle cose mie personali a livello proprio umano che mi hanno fatto vedere le vita da un’altra angolazione e allora mi sono detto porto avanti il progetto. E così è stato sono tornato ho messo su le cose in modo molto semplice, molto lineare. Ho messo su questo vino in bottiglia e sono andato al mio primo Vinitaly nel 2001 e ho venduto il vino, io non ci credevo che all’inizio mi venisse così facile e io infatti devo ringraziare tutti quelli che mi hanno fiducia sin da subito, non lo so … una magia, era destino.
Mi alzo la mattina e mi chiedo cosa farò, perché per me è talmente naturale perché sono sempre andato in campagna. A volte mi riconosco in qualcuno che in una intervista dice ho trasformato un hobby in lavoro, ecco per me una cosa che mai avrei pensato di fare perché ho fatto altri studi, ho fatto economia, dovevo fare l’economista, dovevo lavorare in quel settore, poi è venuto a mancare mio nonno ha lasciato l’azienda a me e la cosa mi aveva anche fatto incazzare perché mi aveva lasciato debiti mandare avanti una azienda non è semplice. I terreni che ho sono quelli del nonno. All’inizio non avevo per niente voglia di portare avanti nulla tanto è vero che per due anni sono stato lontano. Poi ho compreso il gesto di mio nonno, mio nonno ha lasciato tutto a me perché ora ho fatto quello che ho fatto. Lui aveva intuito che sicuramente avrei potuto avanti con rispetto quello che lui aveva fatto. Altri in famiglia avrebbero  spiantato quegli alberelli assolutamente non produttivi e avrebbero impiantato a spalliera con un bel po’ di acqua, concime e fatto altro. E invece in me aveva intuito la possibilità di fare qualcosa che lui non era mai riuscito a fare, non faceva parte della sua cultura, ma forse avvertiva solo una sensazione senza riuscire a formarne il disegno; per lui il vino era un fiasco pieno da mettere sul tavolo senza tante chiacchiere, ecco questo per lui era il vino.

 

Ma lui imbottigliava?

 

Lui vendeva sfuso, vendeva in damigiana e imbottigliava per sé per mettere da parte infatti io ho qualche annata vecchia del 1970, del 1972. Imbottigliava con il tappo a corona che ora sta tornando di moda. Lui era molto più bravo di me perché a settembre vinificava a dicembre non aveva più vino. Era come tutti gli agricoltori di una volta.

 

Hai iniziato senza avere nemmeno un po’ di esperienza se non la conoscenza che avevi acquisita rubando con gli occhi il mestiere al nonno

 

Macchè, ma figurati, fin da piccolo stavo in campagna con lui a fare tutte le vendemmie a stare in campagna ero appassionato a fare il vino mi piaceva, ma io non sapevo di poter essere capace di fare il vino. Perché per me fare il vino non era quello, quello era il vino del contadino io pensavo che per fare il vino ci fosse bisogno di una grande tecnica, di una grande capacità di degustazione; poi mi si sono accorto che anche io facevo il vino! Ecco così in maniera molto semplice, mi sono letto qualche libro, ho fatto tanti assaggi, ho visitato tante aziende, ho fatto pure degli stages. Quando è venuto il mio maestro Saverio Petrilli, quando è venuto da me io avevo già fatto i vini da solo a settembre 2000, lui è venuto a gennaio febbraio e gli ho chiesto un parere. E’ da lì che è nato tutto. In quel mese che ho capito che in fondo avevo anche la possibilità di fare il vino e che quello che facevo, che faceva mio nonno, non era  poi così sbagliato. Era la prospettiva che cambiava se avessi voluto fare un vino rivolto ad un pubblico ampio allora sicuramente quello che avevo fatto non era corretto, ma essendo fatto per un pubblico un po’ più attento allora potevo permettermi di non filtrare, di non chiarificare, di non stabilizzare di fare una bassissima resa in pianta e quindi avere dei vini più complessi nel bicchiere.

 

Parlami delle tue vigne

 

Ho vigne tutte di oltre 40 anni e una di circa 3,3 ettari a piede franco di 128 anni si chiama Dettori. Poi c’è Tenores due appezzamenti di vigna che hanno rispettivamente 60 e 80 anni. Poi c’è Tuderi, Chimonte dove faccio il Dettori bianco e Pascale il vino si chiama Ottomarzo, perché il nonno era nato in quella data, che hanno 49 anni.

 

Tutte vigne datate

 

Si tutte vigne vecchie. Ma proprio per quello che sono riuscito a fare questi vini. La fortuna di avere delle vigne così vecchie perché nessuno mai ha investito in questa azienda agricola. Perché è proprio lontano da ogni logica economica avere delle vigne così. Io ho 20 ettari, che uso per il Dettori e produco 45 mila bottiglie tieni conto un altro artigiano potrebbe tirar fuori senza problemi 120-130 mila bottiglia.

 

Mi raccontavi che la vecchia vigna Dettori tu non fai praticamente nulla è come se lavorasse da sola, è come se avesse imparato a regolarsi da sola

 

Sì, ormai si autoalimenta ,le radici scendono sotto di dieci metri, c’era la gemella di solo mezzo ettaro che ho tolto, a malincuore, ma ho tolto perché ho scavato 8 metri sotto terra per fare la cantina nuova. Se si scende in quello scasso ci sono le radici,  ho le foto. Ecco perché fa tutto da sola. Si autogestice. Io non faccio proprio nulla a quella pianta lì, la resa è sempre la stessa nel 2004 ho fatto 15 quintali da un ettaro. Io faccio un tipo di agricoltura tradizionale non faccio alcun tipo di trattamento in vigna faccio solo potature e basta e poi un po’ di zolfo e queste vale anche per le altre vigne. Forse un po’ il Tuderi che è più giovane quindi a volte fa i capricci e devo dargli un trattamento di zolfo in più per la peronospora, però sai è giovane rispetto all’altra, ha solo 50 anni.

 

Tu ritieni giovane una vigna che sarebbe vecchissima in qualsiasi altra azienda

 

Se tu intendi l’agricoltura come una industria allora sì, se vuoi tirar fuori una redditività obbligata. Però ci sono tanti contadini che hanno vigne vecchie. Dipende da quanto vuoi guadagnare è tutto lì se tu vuoi guadagnare tanto allora la moralità la metti sotto i piedi la vigna non è più un compagno di percorso ma un macchinario un computer, ho speso 3000 euro per il portatile e allora lo devo massacrare nel giro di tre anni lo devo spremere, lo devo uccidere mi deve dare tutto quello che può dare. Per me la vigna è prima di tutto il ricordo di mio nonno quindi per me è assolutamente intoccabile e poi oggi accompagna il mio percorso, ha accompagnato quello di mio nonno, perché mio nonno quelle vigne le ha trovate tutte tranne il Tuderi e il Pascale quelle di 50 anni le impiantate lui, le altre le ha impiantate il padre e quella più vecchia il nonno quindi …

 

La storia della tua famiglia attraverso la vigna

 

Dettori era il vino del mio trisavolo e io continuo a fare quel vino che mi ha fatto arrivare fin qua. Questo vino ha permesso di dare alimento a lui e ai suoi figli.

 

La tua storia personale come produttore è breve ma è lunghissima come tradizione

 

Io non faccio altro che portare avanti di esperienze di altri. Ma io credo che tu abbia colto il mio modo di ragionare di vino.

 

Sì, tu sai bene che io vorrei che si ridimensionasse l’attenzione esclusiva per l’analisi sensoriale, che ha una grande importanza, ma non è che uno dei momenti di un processo di conoscenza del vino,  l’atto finale di un prodotto che nasce da lontano. Per provare una emozione, una emozione vera, devo saper percorrere tutta la strada non limitarmi solo all’ultimo pezzo. Non posso appagarmi solo dei meravigliosi profumi e non conoscere di che vitigni è fatto quel vino, com’è la vigna che cosa c’è dietro, qual è la personalità di chi fa quel vino che è un modo umano di raccontare un prodotto che è fatto dall’uomo. Quando io bevo un bicchiere di vino e vedo nella mia mente la tua vigna di 130 anni io sto mi sto regalando una emozione diversa, completa.

 

Certo, questo è dare un senso alla vita

 

E’ dare un senso alla vita, significa non rimanere ancora una volta in superficie.

 

Mi metti in dfficoltà perché hai tremendamente ragione. Infatti bisogna sempre dire che il vino deve buono perché è buono. Può essere buono per tanti motivi poi scopri il come è fatto e da chi è fatto allora ti affezioni a quel vino.

 

TENUTE DETTORI
Badde Nigolosu, in provincia di Sassari, nel comune di Sennori.
Tel. +39 079 514711
Fax +39 079 5041261
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www.tenutedettori.it

 

LA PRODUZIONE

 

CHIMBANTA
Il 18 Settembre 2002 è stata vinificata l’uva “Monica” da cui è nato questo vino: “Chimbanta”. Non è una banale data ma l’anniversario dei cinquant’anni di mio padre: Paolo. A lui dedichiamo questo vino Chimbanta che in sardo vuol dire Cinquanta! A kent’annos.
COME NASCE IL VINO
La curiosità e la voglia di dare dignità ad un altro vitigno molto presente in Sardegna: la Monica.
COME BERLO
Va bevuto intorno ai 13/15° C, dopo averlo ossigenato. Interessante è seguirne l’evoluzione ossidativa. Tutti i nostri vini hanno bisogno di tempo, una volta aperti, per esprimere se stessi.

 

DETTORI BIANCO
Il bianco (Vermentino) è una soddisfazione personale: mentre i rossi sono frutto unicamente della vigna, si abbisogna di molte conoscenze tecniche per riuscire a dar sfogo al Terroir senza degenerare sulla banalità.
COME BERLO
Va bevuto intorno ai 12 °C. Interessante è seguirne l’evoluzione ossidativa. Tutti i nostri vini hanno bisogno di tempo, una volta aperti, per esprimere se stessi.
BICCHIERE
Grande ed a Tulipano
ATTENZIONE
Lasciare riposare la bottiglia dopo il trasporto. Il vino non è stato chiarificato ne filtrato. Eventuali residui sono naturali.

 

DETTORI
Attribuire il proprio Cognome ad un vino non è sempre una cosa semplice, ma il Dettori sa descrivere la vita che la mia famiglia ha sempre vissuto.
COME NASCE IL VINO
Il Dettori è il Cannonau arcaico della Sardegna.
Un vino che tutti avevano dimenticato a favore di vini più semplici da bere ed anche da vendere. Bere il Dettori è come fare uno studio di antropologia culturale.
E’ un vino non sempre facile da ottenere, in quanto abbisogna di una vendemmia tardiva che mantenga un’acidità naturale non bassa e non faccia degenerare l’acidità volatile.

 

MOSCADEDDU
COME NASCE IL VINO
Non mi sono mai piaciuti i moscati troppo “carichi”, caramellati e stucchevoli.
Preferisco lavorare sulla raffinatezza ed eleganza. Sulla “leggerezza”.
Così si è deciso di lavorare precocemente l’uva. Un Moscato insolito, come piace a me.
COME BERLO
Va bevuto intorno ai 12 °C. Interessante è seguirne l’evoluzione ossidativa. Ottimo sui crudi di mare ed anche con i gamberi al forno. Tutti i nostri vini hanno bisogno di tempo, una volta aperti, per esprimere se stessi.
BICCHIERE
Grande ed a Tulipano
ATTENZIONE
Lasciare riposare la bottiglia dopo il trasporto.Il vino non è stato chiarificato ne filtrato. Eventuali residui sono naturali.

 

OTTOMARZO
IL NOME
Mio nonno è nato l’otto marzo. Burbero ma con un grande cuore.
COME NASCE IL VINO
Lavorare l’uva Pascale in purezza è una sfida: tutti parlano di autoctono, io cerco di farli. .
COME BERLO
Va bevuto intorno ai 13/15° C, dopo averlo ossigenato. Interessante è seguirne l’evoluzione ossidativa.
BICCHIERE
Grande ed a Tulipano
ATTENZIONE
Lasciare riposare la bottiglia dopo il trasporto. Il vino non è stato chiarificato ne filtrato. Eventuali residui sono naturali.
 
TENORES
IL NOME
Il Canto a Tenores in Sardegna è potente e irruente ma allo stesso tempo dolce ed armonioso: come il nostro vino appunto.
COME NASCE IL VINO
È un’espressione di potenza ed eleganza di un territorio.
E’ il classico Cannonau di Sennori che non ha accettato compromessi.
COME BERLO
Va bevuto intorno ai 13/15° C, dopo averlo ossigenato. Interessante è seguirne l’evoluzione ossidativa.
Ben accompagna tutti i tipi di selvaggina da pelo e da piuma. Adoro berlo col cinghiale selvatico in bianco e con le zuppe ben asciutte o minestroni.
Tutti i nostri vini hanno bisogno di tempo, una volta aperti, per esprimere se stessi.

TUDERI
IL NOME
E’ il nome della “roccia” che sovrasta sui vigneti e sul territorio.
COME NASCE IL VINO
"Ma esiste anche un’altra possibilità nel nostro vino, non solo quella del peso, della materia, del realismo.
Non lavorare dunque sull’accumulo, sulla concentrazione del corpo, sulla forza dei tannini. Ma volare più in alto. Sottrarre quello che possiamo definire massa nella sua gravità, zavorra che appesantisce e limita, mirando, in un rosso, alla sua pura essenza, al respiro, all’altezza rarefatta[..]"

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