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Alberto Tasca d'Almerita

 

Una conversazione che ripercorre la storia lunghissima di una famiglia nel mondo del vino. Ma nello scorrere delle parole emerge la forza di una idea che ha accompagnato questo percorso. Ogni generazione ha fatto tesoro della esperienza della precedente e ha cercato di proseguire migliorando e arricchendo fin dove possibile il metodo e il risultato del lavoro in azienda. Alberto Tasca d’Almerita mostra un ben giustificato orgoglio nel raccontare l’avventura della sua famiglia nello svolgersi del tempo. Molte cose sono cambiate in quasi due secoli, ma rimane ben radicato l’approccio della famiglia al vino, a cosa deve essere, a cosa deve saper esprimere questo prodotto della natura e dell’uomo.

 

Alberto raccontami questa lunghissima e affascinante esperienza.

L’azienda è stata comprata dalla mia famiglia nel 1830, da una famiglia spagnola, all’epoca gli spagnoli erano i grandi proprietari terrieri. La proprietà occupava 1200 ettari. Le colture erano prevalentemente a grano e terreni a pascolo. All’interno dei recinti a muro delle masserie si coltivava tutta l’agricoltura di pregio, tra cui le vite. E’ stata una famiglia di grandi appassionati di agricoltura, per cui si è sempre reinvestito in questa terra. La famiglia possedeva nel contempo altri feudi in Sicilia, molti dei quali erano sparsi lungo le coste con indubbi vantaggi per la parte del commercio. Man mano nel tempo, si vendettero i feudi lungo le coste per investire in quella che per loro, ma anche per tutte le generazioni a seguire, fu definita la terra più rigogliosa, ricca, migliore sotto tutti i punti di vista e quindi anche di quello agricolo. E parliamo di Regaleali, che si trova al centro della Sicilia, in zona collinare con un’altitudine abbastanza elevata, con grandissime escursioni termiche fondamentali per produrre vini, con grandi concentrazioni e sapori, e anche eleganza. Paradossalmente il primo vino etichettato non fu fatto a Regaleali, ma fu fatto nella tenuta che abbiamo a Palermo, allora in periferia di Palermo, oggi inglobata nel centro fra Monreale e Palermo, si chiama Villa Tasca. A Regaleali si produceva vino, ma sempre per il consumo locale, quindi vini sfusi, oli sfusi. Il primo vino etichettato di Regaleali è il Villa Camastra nel 1880.

 

La famiglia ha dedicato tutte le sue energie alla agricoltura

 

L’amore per la terra della mia famiglia è ampiamente documentata, su tutti i testi di agricoltura sono citati i miei bisnonni, genitori del bisnonno, e tanti altri per aver innovato qualcosa in agricoltura. Il primo lago artificiale collinare è stato costruito a Regaleali. Questo tipo di dna si è trasmesso per sempre, per cui chi subentrava nella gestione dell’azienda agricola non voleva essere da meno di chi l’aveva preceduto e quindi cercava di sperimentare cose nuove con una ricerca continua dell’eccellenza.

 

Quindi una cultura di famiglia che è nata e si è consolidata e che poi è stata tramandata di generazione in generazione.

 

Sì, quasi come un gioco. Io mi ricordo che quando ero a tavola con i miei nonni si mangiava dando i voti al cibo con tutti i commenti sulla qualità organolettica, vino compreso.

 

Dopo i due vini etichettati che mi ricordavi, avete continuato a vendere il vino esclusivamente sfuso?

 

Sì fino al dopoguerra come quasi tutte le aziende vitivinicole. Regaleali durante le due guerre era un feudo dove la nostra famiglia viveva con i suoi contadini in queste masserie che erano totalmente autosufficienti. Si produceva l’olio, il pane, le salse, il miele, il vino e si viveva così. Era un mondo abitato e vissuto in funzione della produzione agricola.

 

Una cosa fantastica guardandola con gli occhi di oggi!

 

Sì, incredibile. Poi devo dire che in tutto questo mio nonno fu bravissimo nel recuperare tutti i testi, le documentazioni fotografiche, quadri, di quella stagione della vita. Lui scriveva il diario tutti i giorni.

 

È come rivivere giorno per giorno l’avventura della famiglia

 

Certo, poi trovi dei luoghi comuni, dei nessi, delle contrapposizioni, è molto appassionante.

 

Quando avviene la vera svolta nella produzione aziendale.

 

A fine anni ’50, inizio anni ’60 quando si rimette in piedi la cantina per produrre vini da lungo affinamento, da poter imbottigliare e mettere sul mercato. Si inizia con tre vini, come era tipico nella realtà italiana dell’epoca: un bianco, un rosso ed un rosato.

 

Avete fatto anche interventi in vigna?

 

La fortuna della mia famiglia era la possibilità economica del poter viaggiare, muoversi. All’epoca la Francia era il punto di riferimento della viticoltura, lì si acquisivano tutte le tecniche di coltivazione. Furono immessi i primi impianti a spalliera, iniziarono le prime rese basse in Sicilia. Ci troviamo in una zona non particolarmente calda, ma molto alta, con grandi escursioni termiche e questo ci ha favorito per gli affinamenti, a differenza di altre parti della Sicilia.

 

E’ stata una grande intuizione questa di posizionare l’azienda in una località che consente di avere una temperatura ideale in una regione altrimenti molto calda.

 

Sì, ed ancora valida per altro. Perché il grande valore aggiunto di Regaleali è la posizione in cui si trova. Per noi oggi spostarci è molto semplice. Tutto questo invece è stato fatto in tempi in cui ci volevano giorni per arrivare, ai quei tempi poteva sembrare una scelta anche antieconomica. Ma fu dettata da un altro obiettivo, quello di orientare la produzione all’eccellenza.

 

Mi dicevi che siete partiti con queste tre tipologie: rosso, bianco e rosato

 

Da lì in poi si continua a viaggiare. I vini iniziano ad avere un grande successo nazionale, internazionale, regionale ovunque. Ci si confronta ancora con la Francia,  all’epoca nel 1970, mio nonno mi ricordo disse “loro fanno questo vino, io in Sicilia voglio fare il vino più buono del mondo”. Nasce così il Rosso del Conte. “Io sono il conte, il vino è il mio e quindi lo chiamo così.” Motivò così la scelta del nome.

 

Questo vino segna il cambiamento ..

 

Con questo vino iniziano i lunghi affinamenti in legno. I vini non vengono più prodotti e venduti, ma vengono messi in botti di legno. Le uve vengono dai vigneti migliori della tenuta, le rese vengono abbassate, i grappoli sono selezionati con grande attenzione.

 

Cosa succede dopo

 

Da allora ogni vino nasce più o meno con questo nuovo approccio. Negli anni ’80 arriviamo al Nozze d’oro. Mio nonno e mia nonna festeggiavano i 50 anni di matrimonio e cosa fare? Gli dedichiamo un vino. Prendiamo i migliori vigneti a bacca bianca e facciamo un vino d’affinamento bianco, non barriccato, perché all’epoca le varietà che avevamo non lo sostenevano neanche, però con capacità di invecchiamento. Anche questa era una idea ardita, solo l’Alsazia faceva i vini così.

 

Con uve con una bella acidità probabilmente?

 

Sì, i vitigni hanno un’altitudine maggiore con raccolti più verdi, buona acidità, buone concentrazioni, rese sempre più basse e si crea il Nozze d’oro, un vino realizzato soltanto per la ricorrenza. Ma piacque talmente tanto che è entrato nella produzione.

 

C’è un altro momento importante di cambiamento prima di arrivare ad oggi

 

Sì, quello in cui mio padre riflette su una possibilità, quella di introdurre nel territorio siciliano le due varietà più famose del mondo, piantarle a Regaleali e confrontare i risultati con quelli delle altre produzioni mondiali con gli stessi vitigni. Negli anni ’80 lo Chardonnay ed il Cabernet Sauvignon vengono impiantati in Sicilia, pur non essendo ancora concepiti dal disciplinare dei vitigni siciliani autorizzati.

 

Un tentativo proprio unico in quel momento

 

Proprio fuori legge. Si producono questi due vini e prendiamo medaglie d’oro a Bordeaux. Nel 1991, quindi dopo qualche anno l’uscita di questi vini, accade una cosa rarissima per Regaleali, un attacco di botrytis cinerea. Tutti con le mani nei capelli. Cosa fare? Si producono ugualmente queste bottiglie con uva botritizzata. Ti dico soltanto che noi le vendemmo a 9.000 lire e le ultime della cantina sono state battute a 1.500 euro.

 

L’uva attaccata quale era, lo Chardonnay?

 

Sì. Quindi si crea questo Chardonnay botritizzato con un’etichetta no market oriented, quindi stupenda perché c’era tutta la descrizione dietro di cosa era successo. Ancora oggi è un vino incredibile.

 

Siamo arrivati all’ultima generazione a questo punto.

 

La famiglia fino al 2001 aveva sempre e solo prodotto vini, ma non si era mai occupata della parte commerciale. Questa diventa ad un certo punto strategica anche per far riconoscere la qualità dei vini, avere un feed-back con tutti i paesi interessati, avere consapevolezza di come il gusto cambia in tutto il mondo. Quindi nel 2001 abbiamo iniziato a distribuire vini direttamente, una bella impresa per una azienda che vendeva 3 milioni di bottiglie prendere in mano di colpo tutta la situazione. Siamo stati tre anni senza prendere decisioni definitive per tentare di capire al meglio possibile chi siamo e come siamo percepiti.

 

E poi come raccontarvi?

 

Esatto. Vediamo che differenza c’è tra chi siamo e come siamo conosciuti e vediamo come dobbiamo raccontare chi siamo, perché le carte in regola ci sono tutte. Dopo tre anni da questo passo abbiamo come prima cosa levato dei vini dal mercato.

 

Una decisione complicata?

 

Sì, però coerente con il progetto. Quando i progetti hanno sotto tutti i punti di vista una loro coerenza, diventano più semplici da realizzare, anche se azzardati.
Avevo dei vini che erano frutto di richieste commerciali del vecchio distributore, rappresentavano circa il 10% della produzione, ma non rispecchiavano la filosofia aziendale. Abbiamo tolto queste bottiglie dal mercato ed abbiamo recuperato le vendite incrementandole.

 

Quindi questa è stata l’innovazione dell’ultima generazione?

 

Sì, ma non solo.  Un’altra cosa importante è stata fatta, quella di andare a investire fuori da Regaleali, a Capofaro.

 

Perché Capofaro?

 

La Sicilia è famosa anche per i vini dolci, ne produciamo anche uno a Regaleali che è stato dedicato alle nozze di diamante dei miei nonni. La Malvasia delle Lipari sembrava aver perso un pò nel confronto con il Passito di Pantelleria. Andiamo a Capofaro nell’isola di Salina, dove mio nonno aveva vissuto a lungo,  con mia moglie a vedere una tenuta e ci siamo innamorati a prima vista. L’abbiamo comprata! Dentro la tenuta c’erano degli immobili che all’inizio volevamo vendere, ma poi abbiamo pensato di trasformarli in un Resort e così è nato il Capofaro Malvasia, il primo Resort che c’è nelle isole Eolie e da quest’anno è diventato il primo 5 stelle delle isole Eolie. Ventiquattro camere immerse nel vigneto a picco sul mare, con di fronte Stromboli e Panarea, un vecchio faro confinante con la tenuta, alba e tramonto a mare perché è un promontorio. E poi delle vigne fantastiche, che ci danno un vino che è eccezionale. Il vino passito ricavato dalle uve Malvasia, da sempre rinomato in tutto il mondo, è oggi parte della cantina Tasca d’Almerita.

 

TASCA D’ALMERITA
Tenuta di Regaleali
Contrada Regaleali – Scafani Bagni (PA)
Tel. 092 1544011
www.tascadalmerita.it
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I PRODOTTI

 

Linea Territoriali

 

Regaleali
Regaleali Rosato
Regaleali Nero d’Avola

 

Linea Selezioni

 

Leone d’Almerita
Lamùri

 

Linea Innovativi

 

Cygnus
Camastra

 

Linea Riserve

 

DOC
Nozze d’Oro
Rosso del Conte

 

MONOVARIETALI
Chardonnay
Cabernet Sauvignon

 

Linea Brut

 

Almerita

 

Linea Dulcis in fundo

Diamante d’Almerita
Capofaro Malvasia di Salina

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