Andrea come si sei avvicinato alla cucina?
Mi sono iscritto alla scuola regionale del Lazio, una sorta di istituto professionale, un corso di due anni. Molto pratico e poco teorico e quindi mi ha dato subito una idea di quello che dopo sarebbe stato il mondo del lavoro di cucina.
Finita la scuola ...
Ho iniziato subito a lavorare nella ristorazione dei Castelli romani coi grandi numeri, sai a volte si arrivava pure a 500 persone. Lì ho imparato quale deve essere l’ordine e il metodo, perchè quando fai tanti coperti se non sei preciso e coordinato non è che saltano due coperti ma ne saltano centinaia ed è un disastro. Quindi c’è un sistema molto logico, magari non sei soddisfatto di quello che esce nel piatto, ma alcune regole basilari ti rimangono dentro e poi le riporti anche nei piccoli numeri.
Poi il richiamo della grande città.
Sì, a 19 anni sono venuto a Roma, anche se io continuavo ad abitare ai Castelli, è stata una bella fatica. Sono andato a lavora al Savoia in via Lombardia nel ristorante dell’albergo. La cucina d’albergo ti insegna tante cose ma il contatto con il fornello a volte è molto lontano. Dopo sei mesi ho conosciuto un altro collega che lavorava in un ristorante di via Sicilia e mi ha convinto a seguirlo per fare una nuova esperienza. Ho lavorato in questo ristorante per quasi 8 mesi, ricordo che stanchissimo durante l’intervallo pomeridiano andavo a dormire sulle panchine di Villa Borghese non avendo il tempo ovviamente di tornare a casa. Ma continuavo a non essere molto soddisfatto dei piatti che venivano preparati. Era un ristorante, che poi purtroppo ha chiuso che aveva orientato lo stile di cucina a un particolare tipo di clientela, e che non riusciva a permettermi di poter esprimere quello che cominciavo ad avere dentro.
Ti stavi deprimendo?
In parte sì, infatti dopo questa esperienza, ho riflettuto sulla necessità di continuare gli studi. Sai tolto i due anni di professionale, in termini di studio non avevo nessun titolo in mano, e dentro di me sentivo il bisogno di completare gli studi. Mi sono allora iscritto come privatista all’Istituto Magistrale. Ma ho continuato nel contempo a lavorare anche se non mi sono mai soffermato troppo in un posto. Sono riuscito a diplomarmi saltellando qua e la in vari ristoranti. E’ stata questa una fase della mia vita nella quale l’obiettivo principale era continuare a studiare. Mi sono iscritto all’Università a Scienze dell’educazione ma subito mi sono reso conto che i tempi di assorbimento dello studio non erano compatibili con la cucina.
Hai pensato di lasciare la cucina?
Ero molto combattuto, volevo continuare gli studi, ma non volevo uscire dal mondo della ristorazione che tanto amavo. Ho trovato una soluzione di compromesso, ho scelto di lavorare in sala. Tutto considerato avevo fatto l’alberghiero, ero sempre stato nella ristorazione, il passaggio dalla cucina alla sala non mi creava particolari ansie. E così ho cominciato. Ho lavorato al Crown Palace Minerva dove sono rimasto due anni e facendo solo sala, non come fisso ma come extra. Lavoravo 4 giorni a settimana e questo mi lasciava il margine di frequentare all’Università anche perchè essere extra mi assicurava la possibilità di cambiare all’occorrenza turnazione. Una flessibilità che mi tornava molto utile per perseguire il mio obiettivo di studio senza uscire dal mondo della ristorazione.
Ma hai fatto anche altro nel frattempo
Sì certo, nei periodi dell’anno nei quali inevitabilmente si assiste a un calo delle presenze in albergo, mi si aprivano spazi sufficienti per un altro lavoro. Avevo trovato una possibilità di collaborazione presso un catering, non in cucina ma come direttore di sala. Una collaborazione che è durata 1 anno. Avevo 26 anni.
Il proprietario di questo catering era anche proprietario di questo ristorante, all’epoca l’aveva dato in gestione da un anno. Ma dopo qualche tempo i gestori hanno rinunciato, non riuscivano più a coprire le spese. Hanno riconsegnato le chiavi al proprietario. Io nel frattempo non avevo abbandonato del tutto la cucina, infatti se mi capitava di fare un extra la domenica, andavo felice davanti fornelli. Di questa mia passione era ben consapevole il proprietario del catering. Alla fine mi propose di prendere il locale in gestione insieme a lui, alla moglie e alla mia futura moglie, Mariana. Mi sono subito reso conto che accettare avrebbe significato rinunciare all’Università. Era arrivato il momento di fare una scelta e con l’aiuto di Mariana quella scelta l’ho fatta: mi sono messo in cucina.
Nasce il Giuda Ballerino
E’ allora, nel marzo del 1998, che nasce l’idea del “Giuda Ballerino”. Volevamo fare un locale informale, accogliente che desse la sensazione di essere in una casa. Quando entri a casa di una persona capisci subito quali possono essere i suoi gusti il suo stile le sue passioni. Noi ci siamo detti dobbiamo trovare il modo di rappresentare tutto ciò, quindi non vogliamo pareti vuote, non vogliamo ambienti freddi perchè non rappresenterebbero il nostro modo di essere e di pensare. La passione più grande per me all’epoca, dopo la cucina e i miei studi, era il fumetto. Abbiamo deciso di metterci il fumetto. Sai io e Mariana frequentavamo le fiere avevamo già una piccola collezione a casa di fumetto però, non di tavole originali. Le tavole originali non ce le potevamo permettere visto che hanno in genere un costo importante. Proponemmo questa cosa ai nostri due soci, non è che la capirono molto ma la accettarono. Nacque a questo punto il problema del nome. Ci siamo messi seduti a tavola a cercare un nome che facesse subito associare il ristorante a un fumetto. Il fumetto principe almeno per quell’ultimo decennio era Dylan Dog, anche se non era il mio fumetto preferito li avevo letti tutti. Associarlo a Dylan Dog non era così semplice, ma sfogliandoli continuamente ti venivano in mente delle battute ricorrenti. La battuta più ricorrente di Dylan Dog era una imprecazione, divertente, tipica di quel personaggio e quindi utilizzabile per legare il ristorante senza incertezze con il fumetto. Abbiamo passato un pò di nottate e abbiamo scelto quel nome. Quando Dylan Dog si trovava davanti a pericoli o a situazioni in cui era necessario dire qualche parolaccia, usava quella imprecazione: Giuda Ballerino.
Com’è andata?
Nei primi due anni come ristorante pizzeria il Giuda Ballerino aveva avuto dei risultati molto soddisfacenti. Dopo un inizio un pò incerto, normale in tutte le attività, già dopo 7 mesi eravamo già in attivo con prenotazioni complete. E’ vero che il locale è abbastanza piccolo, ma la cosa curiosa e divertente era che si lavorava giusto al 50 per cento fra i due comparti di cucina e pizza. Sinceramente si facevano dei piatti di cui non andavo orgoglioso, ma era quella la richiesta del quartiere. La gente gradiva quel tipo di cucina, ma io non riuscivo ad essere soddisfatto. Avevo pian piano introdotto piatti come mi piaceva fare. Erano apprezzati, ma alla fine c’era sempre un numero significativo di clientela che chiedeva aggiustamenti al piatto per renderli più vicini alla loro abitudini culinarie. E questo mi deprimeva parecchio.
D’altro canto le mie idee all’inizio erano contrastate anche all’interno dal mio socio, perchè lui voleva fare una ristorazione molto semplice, da ristorante-pizzeria di quartiere, con una carta dei vini con al massimo 5 etichette, per non confondere il cliente! Non nascondo che abbiamo combattuto anche nella scelta degli ingredienti. Giorno dopo giorno dovevo conquistare piccoli spazi di crescita nella preparazione del piatto e nella scelta dei prodotti. Dopo due anni di questo contrasto legato essenzialmente alla filosofia di cucina, si decise di interrompere il sodalizio. O il locale tornava interamente a lui oppure l’avrei preso io. Avevo bisogno di poter fare quello che mi piaceva fare.
Quando hai cominciato da solo?
A marzo 2000. Dopo due mesi e mezzo ho chiuso la pizzeria. L’attuale arco all’interno del locale ricorda la pizzeria così come il banco di marmo. C’è il forno che è rimasto lì e che vorremmo sempre togliere, ma ancora rimane nella sua antica posizione. E’ stata Mariana a spingermi verso il cambiamento in modo da poter esprimere tutto quello che avevo accumulato negli anni e che per diversi motivi, alcuni raccontati qui, non ero riuscito a fare. E così da un giorno all’altro ho chiuso la pizzeria e il ristorante è partito in quanto tale. All’inizio ho lasciato per un terzo la ristorazione precedente e per il resto ho introdotto finalmente i piatti che più ci piacevano. In questo modo il cliente di prima, del ristorante non della pizzeria, poteva ritrovare i piatti che più si avvicinavano al suo gusto e quindi mantenerlo.
Ma nonostante questa scelta prudente, all’inizio c’è stato una forte riduzione di clientela. La prima cusa è stata di struttura. Infatti, per effetto del diverso arredamento della sala, i coperti erano passati da 50 a 38. La parte di clientela di pizzeria ovviamente non è più venuta, quella del ristorante veniva ma non riconfermava.
Un periodo di attesa durato quasi un anno. Ma io e Mariana non ci siamo mai detti “torniamo indietro”. Credevamo troppo in quello che stavamo facendo e questo ci ha consentito di superare anche quel periodo complesso. Nel 2002 è cominciato il passa parola della clientela che cominciava ad apprezzare la cucina. Il ristorante ha cominciato ad essere pieno tutti i giorni, anche se la domenica sera era sempre altalenante. Ma questo è anche legato alle abitudini di Roma e a volte agli eventi che accadono in città e tendono ad assorbire l’attenzione della gente e a tenerla lontana dal ristorante. Comunque quel passaparola iniziale ha funzionato e il processo non si è più fermato.
La mia storia vera come vedi è molto recente, posso dire solo dal 2002.
Raccontami la tua cucina.
La mia cucina è molto intuitiva. La tecnica è stata appresa nella scuola alberghiera, alla quale si aggiunge quella che ho avuto modo di apprendere durante uno stage da Vissani. Sto cercando di affinare una mia tecnica senza lasciarmi condizionare dalle quelle che vanno magari di moda al momento.
Ho cominciato all’inizio da solo ad avventurami nel mondo dei prodotti di eccellenza. Sai io conoscevo tantissime persone nel campo della media ristorazione, ma quasi nessuno nell’alta ristorazione che è più vicina ai prodotti di grande qualità. Pian piano sono arrivato con l’aiuto di Mariana a raggiungere i produttori giusti e i fornitori più adeguati al mio stile di cucina.
Come nascono i tuoi piatti?
Spesso io penso il piatto entro in cucina e lo preparo. Non amo molto i piatti pochi leggibili. Quando lo trovo complicato alla comprensione comincio a togliere elementi per trovare un equilibrio perfetto nella semplicità della preparazione.
Il Giuda Ballerino non ha più solo 5 etichette, ma una bella carta dei vini
Il vino mi ha sempre incuriosito, e pian piano ho imparato ad amarlo. Già prima di questa mia avventura, nelle varie esperienze chiedevo ai sommelier di raccontarmi i singoli vini che a volte rimanevano in bottiglia perchè questo mi consentisse di capire e di crescere anche in questo settore. Come frutto di questo amore è nata la prima carta dei vini del Giuda Ballerino.
Poi ho incontrato Leonardo Vignoli che è arrivato il 30 ottobre 2002 praticamente insieme alla prima citazione sulla guida del Gambero Rosso. Cercavamo un aiuto in sala, anche per i vini. Ma non credevamo di poter avere un sommelier dell’esperienza e della capacità di Leonardo. Quando abbiamo visto il suo curriculum eravamo piuttosto titubanti, perchè c’era bisogno anche di affiancare Mariana in sala nel servizio di cucina. Leonardo ha dato da subito la sua completa disponibilità ed è rimasto con noi. Abbiamo cominciato ad affinare la lista dei vini. Io ero amante dei rossi mi ha fatto diventare amante anche dei bianchi.
E ora l’ultima avventura
Si proprio una avventura. Pochissimo tempo fa, nasce insieme con Leonardo l’idea di proporre qualcosa di particolare alla clientela ed ecco che a fianco al ristorante abbiamo aperto “La pozione di Asterix”. Un luogo dove, accanto ai vini che sono in carta al Giuda Ballerino, si possono ritrovare gli stessi prodotti di qualità che vengono usati in cucina. Un modo di offrire alla clientela una linea da seguire per fare anche in casa cucina di livello. Abbiamo aperto rapidamente, in un solo mese, il progetto è quello di far crescere anche questa realtà sia attraverso un completamento dei prodotti offerti, ma anche con un angolo di delicatezze da degustare accompagnate con un buon calice di vino.
Andrea Fusco, l'istinto in cucina
Una passione che inizia all’improvviso, da giovanissimo. Una intuizione e un entusiasmo che solo i giovani posseggono. Un cammino scolastico appena iniziato verso il classico diploma di ragioneria e subito interrotto. Andrea chiede ed ottiene dal padre di potersi iscrivere alla Scuola Alberghiera. Nasce così una avventura dietro la quale si nasconde una tenacia infinita e una voglia di esprimere la propria filosofia di cucina. Un cammino all’inizio incerto, alla ricerca della strada giusta. Andrea, aiutato sempre dalla sua Mariana, quella strada l’ha trovata e ha cominciato a percorrerla con successo.