Quello che Donnafugata ha capito è che questa condivisione di valori può essere indirizzata a un miglioramento ulteriore della qualità dei propri prodotti: il know how, la tecnologia, l’innovazione sono cose che oggi sono sempre di più a disposizione di tutte le aziende, di chi ha una mentalità aperta, di chi si guarda intorno, ma è nella cura dei particolari che ci si può differenziare dai concorrenti. La filosofia aziendale è bene sintetizzata da Jose: “Noi ricerchiamo la qualità estrema. Il progetto che noi portiamo avanti si sostanzia nella cura dei particolari lungo tutto il processo produttivo, dalla scelta del vitigno da impiantare in un determinato terreno, alla conduzione della vigna, al momento esatto della raccolta. Non ci bastano le statistiche dei dati sull’andamento climatico o sulle caratteristiche chimiche del grappolo, ma aggiungiamo l’esperienza dell’agronomo, l’esperienza dell’enologo che conoscono il terroir, sanno che cosa vogliono produrre, assaggiano le uve e ne confermano un giudizio definitivo sulle potenzialità aromatiche delle uve. Stessa cosa vale per la cantina, stessa cosa vale poi per l’organizzazione del lavoro all’interno dell’azienda, il benessere organizzativo è oggi considerato una fonte enorme di opportunità per un’azienda. Se i collaboratori oltre a condividere i valori si trovano bene possono essere creativi, possono esprimere capacità di innovazione e quindi far muovere l’azienda sempre in avanti, sempre verso il consumatore verso la soddisfazione delle esigenze del consumatore e verso una migliore qualità del prodotto.”
Donnafugata cura la qualità in tutti suoi aspetti e su questo Jose è molto precisa: “Ricerchiamo ovviamente anche la qualità della comunicazione, perché le scelte di qualità che comportano investimenti significativi, dall’acquisto dei vigneti alla realizzazione di nuove cantine, alla ricerca e alla sperimentazione alla formazione continua del personale, sono investimenti che vanno spiegati al consumatore che è sempre più al centro della vita dell’azienda e che oggi è sempre più a caccia di informazioni, cioè il consumatore vuole veramente conoscere come il produttore affronta la realtà produttiva, il perché di certe scelte e quindi questo compito di fare informazione nei confronti del consumatore può essere svolto da una azienda che dispone di personale all’altezza che sia preparato, e quindi che sia preparato anche a ricevere il wine lover in cantina, che sia preparato ad informare il consumatore e tutti quelli che stanno intorno all’azienda.
Nella comunicazione nei confronti del consumatore voglio sottolineare due concetti molto importanti: da un lato la capacità di riconoscere i valori del consumatore, la sensibilità verso la tutela dell’ambiente, la sensibilità verso la cultura verso la cura del paesaggio sono valori molto sentiti dal consumatore oggi, riconoscere questi valori oggi e renderli parte integrante della mission della visione strategica dell’azienda consente un rapporto privilegiato con il consumatore e questo è stato molto importante. Dall’altro abbiamo notato che il consumatore è alla ricerca di esperienze innovative che possono essere anche esperienze di tipo multisensoriali. Questo è quello che noi abbiamo cercato di proporre nel momento in cui abbiamo unito il vino con la musica. Il potere che ha la musica di allertare tutti i nostri sensi e di far scoprire al consumatore che ascolta la musica, degli aspetti nuovi, delle sensazioni nuove, delle note nuove nei vini che si assaggiano, ritmi musicali che si sposano ai ritmi della degustazione. Tutti noi sappiamo che quando facciamo una degustazione di un vino abbiamo tutta una serie di profumi che si succedono: c’è un primo impatto, c’è un secondo impatto, poi scopriamo un terzo profumo, così quando il vino lo mettiamo in bocca all’inizio magari abbiamo una sensazione di dolcezza, poi c’è una sensazione di esplosione di profumi, poi c’è un calore dato dall’alcool, poi c’è una morbidezza. Sono sensazioni che si susseguono e noi abbiamo tentato di accompagnare queste sensazioni organolettiche ai ritmi variabili crescenti o decrescenti di alcune musiche. Abbiamo creato due degustazioni musicali, una si intitola Journey to Donnafugata e prevede l’abbinamento dei grandi rossi di Donnafugata con le note di una partitura in chiave jazz della colonna sonora del Gattopardo. Nasce da una idea di mio marito Vincenzo. Abbiamo richiesto questa partitura a un amico, un pianista palermitano jazz molto bravo, Salvatore Bonafede e lui, con Enrico Rava, ha inciso questo disco. Succedono delle cose particolari in questo disco che so ... una polka diventa un blues, un valzer diventa uno swing e a questi brani sono stati abbinati i grandi rossi di Donnafugata e in particolare quelli legati al tema del Gattopardo. Abbiamo scelto Angheli, che sta per Angelica, una donna sensuale che danza al ritmo del blues; il Tancredi, perchè è uno dei personaggi più divertenti più fascinosi del Gattopardo; il Mille e una notte che viene paragonato al principe Salina e quindi elegante, austero come tutti i Nero d’Avola in purezza. La seconda degustazione musicale è quella che abbiamo fatto sulle note del CD inciso da Donnafugata Musica & wine. E’ un progetto di degustazioni musicali un pò più particolare, itinerante, in cui una band di amici musicisti professionisti va in giro per l’Italia e anche all’estero a promuovere i vini di Donnafugata in musica, il repertorio è una curiosità perchè varia dal jazz alla musica brasiliana. Naturalmente poi si potrà anche criticare una siciliana che va in giro cantando musica brasiliana. Io ho trovato le mie ragioni per la scelta del Brasile, come luci come colori mi richiama molto la Sicilia e poi comunque la musica brasiliana è la musica dell’allegria dell’ottimismo. Da questo progetto, nel corso di alcune tournee è venuta fuori una registrazione. E’ stato un progetto di collaborazione, anche qui con una realtà eccellente, la casa della musica di Trieste una realtà pubblica, un wine bar con scuola di musica e auditorium con annessa sala di registrazione, il partner praticamente perfetto. Questo CD è stato dedicato a supporto delle attività di Carlo Marcelletti il cardiochirurgo pediatrico che lavora a Palermo in un reparto interessantissimo dove giungono bambini da tutte le parti del mondo e abbiamo distribuito questo CD presso i nostri migliori clienti enoteche e ristoranti in tutta Italia e siamo arrivati a 10.000 copie che non è neanche un numero tanto piccolo e abbiamo raccolto 106.000 euro per il prof. Marcelletti.”
Ma importante è tornare al rapporto stretto fra azienda e territorio, le parole di Jose descrivono con attenzione questo rapporto: “L’azienda va vista come un tutt’uno con il contesto in cui opera, c’è uno scambio continuo, un’osmosi continua con il territorio dal quale le nostre uve traggono la loro qualità, dal sole, dal clima, dal pedoclima vengono fuori delle uve che hanno una identità territoriale incredibile. Dal territorio nasce anche spesso e volentieri il personale che poi viene a lavorare in azienda. Dal territorio nascono tanti valori che possono arricchire il vissuto del prodotto renderlo unico, renderlo per questo più competitivo quando noi vendiamo le nostre bottiglie.”
Negli ultimi anni è molto cambiata la visibilità nazionale e internazionale del vino di Sicilia, ricorda Jose: “Probabilmente 20 anni fa abbiamo venduto Donnafugata come un vino italiano perchè la parola Sicilia non comunicava nulla se non cose brutte, il Nero d’Avola era un vitigno sconosciuto altrettanto lo era l’Ansonica e anche lo Zibibbo era considerato tra tutti i moscati quello meno nobile, quello dal chicco grande e quindi si vendeva il vino come un vino italiano. Poi a poco a poco la Sicilia è venuta fuori. Oggi è una terra emergente e quindi far coincidere il proprio prodotto con un territorio che piano piano è diventato più credibile, che suscita sempre più curiosità, è diventato una carta della competitività.”
E’ importante capire quale è stata la strategia di Donnafugata in questa epoca di cambiamento di immagine della Sicilia: “Man mano che cresce la cultura del consumatore cresce l’attenzione verso zone di produzione più ristrette, più piccole e quindi noi abbiamo lanciato in questa ottica la DOC Contessa Entellina. Fra dieci anni il consumatore non si accontenterà più di bere vini di Sicilia, ma vorrà bere vini delle colline di Contessa Entellina oppure quelli dell’Etna oppure della piana di Ragusa. Sono progetti sempre a lungo termine ed è per questo che all’inizio parlavo di impresa familiare perchè è connaturato nella impresa familiare ragionare in termine di lungo periodo. Il ragionamento di una impresa di capitali potrebbe essere semplicemente speculativo che risolve nel suo bilancio e si conclude nell’arco di pochi anni, una impresa familiare guarda sempre al futuro più lontano e quindi nei progetti di lungo termine. Tra i progetti di lungo termine ci sono naturalmente quello di creare sempre maggiori sinergie, sempre maggiori sintonie con gli altri soggetti che operano sul territorio perché un territorio per essere spendibile a livello di comunicazione deve essere credibile e la Sicilia non sarebbe mai potuta diventare una regione emergente dal punto di vista della qualità dei vini se a produrre questi vini non fossero stati 10-20-30 produttori, è il numero di soggetti che fa qualità su un territorio che lo qualifica e lo rende credibile questo oggi si sposta dal vino a tutto il resto del sistema. Il territorio sono la qualità dei servizi alberghieri, dell’ospitalità che riusciamo a dare al wine lover che visita le cantine del vino, sono le iniziative culturali e la formazione che possono qualificare il territorio, cioè una cosa molto più ampia. L’azienda può e deve superare i propri confini e impegnarsi per la crescita e lo sviluppo del territorio in cui opera. Tra i progetti che ci stanno più a cuore abbiamo messo al primo posto la tutela dell’ambiente. Per noi è stato molto spontaneo, operiamo in agricoltura la qualità dell’ambiente è ovviamente un fattore di qualità, come il vitigno, come le scelte colturali, come il clima. In Sicilia non si può non occuparsi di energie pulite da fonti rinnovabili, come possono essere i raggi solari e quindi realizzare un impianto fotovoltaico per la produzione di energia pulita o concentrarsi sul risparmio energetico visto che comunque per le alte temperature esterne dobbiamo utilizzare tanta e tanta energia elettrica per raffreddare le uve, per raffreddare i mosti, per raffreddare i vini in cantina durante l’affinamento, per tenere le bottiglie in cantina a temperatura condizionata. Questo enorme dispendio deve essere controbilanciato da una grande attenzione dell’azienda al risparmio energetico. Accanto a questo progetto altri progetti volti alla tutela della biodiversità. Un esempio su tutti, il salvataggio di una vigna di 100 anni a Pantelleria che abbiamo scoperto essere persino franca di piede quindi quasi una rarità, un reperto di archeologica viticola molto importante.”
E’ importante capire la filosofia di Donnafugata sui vitigni autoctoni, e qui Jose è ancora una volta pronta a esprimere il suo pensiero: “Sui vitigni autoctoni come azienda cerchiamo di fare quello che può fare un’azienda. Naturalmente la ricerca scientifica a livello di selezione clonale o di zonazione è qualcosa che attiene di più a un istituto pubblico di ricerca che a un’azienda, quello che noi possiamo fare è di studiare nei nostri vigneti le popolazioni di Nero d’Avola che abbiamo o di Ansonica che abbiamo. Selezionare le piante dopo prove di vinificazione separate e da lì poi impiantare nuovi vigneti avendo scelto le piante più omogenee e più rispondenti alle esigenze qualitative dell’azienda.
Rientra nel progetto qualità estrema che è un progetto che cerca di assimilare il meglio della tecnica e della scienza viticola e enologica esistente a livello mondiale, per questo Donnafugata è in contatto con consulenti che operano a livello internazionale, comunque viaggiamo assaggiamo degustiamo vini prodotti in tutti i paesi, però la ricerca è naturalmente di utilizzare soltanto quelle tecniche o quelle scelte tecniche che rispettino le identità territoriali dei nostri prodotti. Le scorciatoie non fanno parte di questo progetto non si può prendere uno standard e applicarlo a tutti i vitigni, cerchiamo di avere delle procedure che si differenziano vitigno per vitigno e le differenze possono essere dalle temperature di vinificazione alla lunghezza dello skin contact, sono tutti parametri che possono essere, anzi sono diversi in base al vitigno che si sta lavorando. Quindi sicuramente durante ogni vendemmia, purtroppo di vendemmia c’è ne è una sola all’anno ed è anche un tempo abbastanza limitato e convulso, bisogna trovare il modo sia di fare la produzione dell’anno che qualche sperimentazione.”
Sulla contrapposizione così accesa in questo periodo tra vitigni autoctoni e vitigno alloctoni, Jose tiene a precisare che nell’esperienza di Donnafugata questa contrapposizione non c’è mai stata: “In Sicilia, dove non c’era una grande tradizione di vini di qualità, si partiva da una situazione assolutamente vergine, forse neppure lo sapevamo che Ansonica, Catarratto e Nero d’Avola potessero dare dei buoni vini, producevano 300-400 quintali per ettaro e quindi davano dei prodotti assolutamente anonimi, viceversa sul mercato, andando in giro per il mondo, si trovavano dei buoni Cabernet Sauvignon e dei buoni Chardonnay fatti in paesi che potevano essere molto vicini alla Sicilia, parliamo della California. E’ ovvio che questa fu la prima meta di Giacomo e Gabriella, i miei genitori, quando decisero di mettere su la loro azienda. Quindi non posso nascondere che la prima apertura fu verso i vitigni internazionali, perché è logico sui vitigni internazionali c’era ricerca a livello viticolo e ricerca a livello enologico, cioè si conoscevano già tutti gli standard della selezione clonale, della coltivazione della vite, della vinificazione per cui era già una strada segnata sperimentata senza rischio e questo è stato un primo passo.E’ stato anche un passo importante nella promozione dei vini siciliani. Alla fine poter anche competere ad armi pari e dire la Sicilia è in grado di fare un buon Cabernet o in grado di fare un buon Chardonnay era qualcosa che rendeva più semplice paragonare la Sicilia agli altri vini presenti sul mercato. Noi abbiamo utilizzato i vitigni internazionali non tanto in purezza quanto come migliorativi nei blend con i vitigni autoctoni, quindi non li abbiamo mai trascurati gli autoctoni, nè l’Ansonica nè il Nero d’Avola nè il Catarratto, che poi sono i tre principali che noi lavoriamo a Contessa Entellina. E abbiamo imparato da questi vitigni, abbiamo imparato dalle scelte enologiche che si fanno per esaltare il colore del Cabernet e del Merlot, sono cose che abbiamo imparato e che abbiamo anche applicato sui vitigni autoctoni, magari in attesa di sperimentare delle scelte tecniche che fossero più mirate. Però le innovazioni sono sempre una rielaborazione dell’attuale sapere enologico quindi comunque avere lavorato sui vitigni internazionali ha dato la possibilità all’azienda di mettersi al passo con quello che era il know how più avanzato del momento e che sicuramente riguardava i vitigni internazionali. Questa era una base di conoscenza indispensabile per ripartire da un discorso di vitigni autoctoni. Ci siamo resi subito conto che i vigneti dei vitigni autoctoni erano totalmente disomogenei. Entri in un vigneto di Nero d’Avola e trovi grappoli che pesano 4 kg, altri 3 kg o quelli che pesano 1 kg. E’ chiaro che un vigneto costruito in questa maniera non può dare mai il massimo della qualità. Quando li raccogli, quando è maturo il grappolo da 1 chilo o quando è maturo quello da 5 chili? E quindi da lì è partita la selezione massale.”
Ma a Donnafugata sono fautori dei blend e Jose ci spiega con motivazioni forti il perché: “Noi siamo sempre orientati a coltivare dalle 20 alle 25 varietà tutte comprese bianche e rosse, perchè alla fine il blend è una carta per l’enologo fondamentale. Tu hai un vitigno che ti porta un anno il colore, quell’altro ti porta il profumo, quell’altro la struttura, perchè non utilizzare queste possibilità? Alla fine sui monovitigni, sui monovarietali le cose sono più difficili, noi cerchiamo di mescolare Ansonica di vigneti con esposizioni diverse. Cerchiamo di simulare nell’autoctono quella diversità che nella varietà ampelografica trovi naturalmente. Alla fine i criteri sono sempre gli stessi, per dare complessità a un vino spesso e volentieri ricorri a un taglio. Non si può rinunciare alla varietà ampelografica. Cioè è errato ridursi a due tre quattro varietà.
Noi abbiamo il nostro Vigna di Gabri che è una Ansonica in purezza e Mille e una notte che è un Nero d’Avola in purezza. Io posso dire senza vergognarmi che ogni anno questi vini cambiano. Perchè il know how cambia e perchè i vigneti vanno crescendo.”
Man mano nella conversazione sono stati ricordati i principali vini di Donnafugata e allora come non cercare di capire il significato di ogni singolo vino per l’azienda. Jose accompagna le sue parole con un sorriso: “Vigna di Gabri per noi ha rappresentato il momento culminante dell’Ansonica, questo vitigno un pò bistrattato che invece è la storia della viticoltura siciliana. Mi piace ricordare che in questo vino c’è la tenacia della mia mamma, che nonostante avesse capito che c’era tanto da lavorare per qualificare questo vitigno, ha allevato questa vigna che alla fine ha preso il suo nome e questo vino è stato dedicato a lei. Oggi l’etichetta del Vigna di Gabri rappresenta una donna le cui braccia si trasformano in tralci e quindi da tralci diventano radici identifica il rapporto tra chi porta avanti la vigna con la sua terra, quindi questa relazione unica. Tancredi, ovviamente è un nome che prende spunto dal Gattopardo, è stato dato a questo vino perché doveva essere un vino internazionale frutto di un blend fra nord e sud tra Nero d’Avola e Cabernet Sauvignon; quindi un vino che fosse ruffiano se vogliamo come il Cabernet, ma allo stesso tempo un pò austero come poteva essere il Nero d’Avola. Tancredi per noi era il personaggio che più si avvicinava dal punto di vista della storia e del carattere a questo vino. Su Mille e una notte ci sono tante storie da raccontare. E’ il progetto al quale abbiamo lavorato di più, quello di portare un Nero d’Avola in purezza in bottiglia. A monte di tutto c’é una cura particolare nel vigneto con una produzione ridottissima, parliamo di 800 grammi di uva per pianta, e questa grande concentrazione regala tanto tanto frutto nel vino ed è il simbolo del Nero d’Avola. Un vino che quando mia mamma ha aperto la barrique e lo ha assaggiato, proprio in cantina poco prima che andasse in bottiglia, immediatamente ha detto “... ma Giacomo hai fatto una cosa meravigliosa, questo è un vino da favola un vino che fa sognare io lo chiamerei Mille e una notte”. E lì ci fu un attimo di ghiaccio perchè naturalmente mio padre non era per nulla d’accordo “come Gabriella il vino più importante dell’azienda il più elegante tu dai un nome così frivolo, se vogliamo” e lei “ma no, non è frivolo ti faccio vedere ora realizzo una etichetta e ti faccio vedere” lei incastonò il palazzo di Donnafugata, quello che poi da il nome alla azienda, su questo fondo blu notte pieno di stelle, e allora mio padre rimase colpito dall’abbinamento del nome con l’etichetta con il prodotto. Ben Ryè è il figlio del vento, questo è chiaro, l’isola di Pantelleria è un’isola battuta dai venti. Il vento è un fattore di qualità perché tiene l’uva asciutta quando è sulla pianta, perché aiuta le uve nell’appassimento e perché soprattutto se uno sta sull’isola di Pantelleria e viene toccato, abbracciato dal vento sicuramente avrà la possibilità di sentire tutti i profumi dell’isola, perché il vento a Pantelleria è in grado di portarti dal profumo del rosmarino al profumo dello zibibbo a tutti quelli che sono gli odori tipici di questa isola lussureggiante nel suo essere vulcanica.”
Donnafugata
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Le schede dei vini raccontati nella conversazione con Jose Rallo
Vigna di Gabri
Nome Vigna di Gabri Tipologia Bianco - DOC Contessa EntellinaGradazione alcolica 12,5-13,5% vol.Uve Ansonica 100%.Allevamento a controspalliera e potatura a cordone speronato. Densità media d’impianto 5.000 ceppi per ettaro e produzione di circa 60 q.li/ha. Terreno di medio impasto.Vinificazione Le uve, raccolte durante le prime tre settimane di Settembre, vengono sottoposte a pigiatura soffice. Il mosto fermenta a temperatura controllata in acciaio ed in piccola parte in barriques (circa 15%). A fermentazione malolattica svolta, il vino passa in bottiglia per almeno 4 mesi prima della commercializzazione.Descrizione Ottima espressione dell’Ansonica in cui risaltano perfettamente le peculiarità di questo vitigno. I profumi intensi ed eleganti spaziano da note fruttate di mele e floreali di acacia a quelle più complesse, salmastre e minerali (pietra focaia). Al gusto è strutturato e avvolgente, con piacevole freschezza e sapidità. Lunga la persistenza gusto-olfattiva. Abbinamenti Primi piatti della cucina di mare. Pesce al forno e alla brace, carne bianca salsata, sformati e soufflé. Ideale con il baccalà al pomodoro, le verdure, i funghi porcini arrosto. In due ricette Caponatina con pomodoro.“Piscistocco“alla messinese. Linguine ai finferli. Come servirlo In calici a tulipano di media ampiezza, senza svasatura, di buona altezza, apertura al momento, ottimo a 10–12°C.Curiosità 'Vigna di Gabri' non è un nome di fantasia, perché il vino porta il nome di Gabriella che lo ha voluto e lo ha cresciuto, credendo nell’avvolgente fragranza dei profumi dell’Ansonica. La nuova etichetta nata per l’annata 2004, racconta il legame forte tra Gabriella, la sua terra e l’Ansonica, uno fra i più antichi vitigni autoctoni a bacca bianca della Sicilia. Prima annata: 1987.
Angheli
Nome Angheli Tipologia Rosso – Merlot, Nero d’Avola IGT SiciliaGradazione alcolica 13,5-14% vol.Uve Nero d’Avola 50%, Merlot 50%. Allevamento a controspalliera e potatura a cordone speronato. Densità media d’impianto 5.000 ceppi per ettaro e produzione di circa 60 q.li/ha. Terreno di medio impasto, prevalentemente argilloso.Vinificazione La vendemmia del Merlot si svolge nell’ultima decade di Agosto, quella del Nero d’Avola nella prima decade di Settembre. Le uve vengono vinificate in acciaio, con macerazione sulle bucce per circa 12 giorni, alla temperatura di 26-30°C. A fermentazione malolattica totalmente svolta, il vino passa in barriques di rovere francese di secondo passaggio e in parte nuove, per circa 12 mesi prima di affinare in bottiglia per almeno altri 4.Descrizione Grande impatto cromatico per questo vino di speciale personalità ed eleganza. Il profumo è ampio, con note fruttate molto evidenti, spiccano amarena visciola, mora e piccoli frutti di bosco su cacao, liquirizia e cardamomo. Bocca segnata da una grande morbidezza sorretta da piacevole freschezza. Lunghissima la persistenza gusto-olfattiva. Abbinamenti Troverà il suo giusto abbinamento con grandi piatti di carne rossa al forno o brasati, cacciagione, selvaggina e formaggi. In due ricette Coscio di cervo al forno. Coscio di stambecco al forno con verza stufata al vino rosso. Piccione ripieno. Come servirlo Se servito in bicchieri ampi e panciuti può essere stappato al momento, altrimenti un paio d’ore prima. Ottimo a 18°C.Curiosità "... le dame i cavalieri, l’arme e gli amori ...". Sarà l’Angelica dell’Orlando furioso quella che fugge sul cavallo ritratto in etichetta? Sono tante le "donne in fuga" di Donnafugata, ognuna di queste ha un passato di storia e di tradizione, ma ha sicuramente un futuro di morbidezza e seduzione. Prima annata: 1997.
Tancredi
Nome Tancredi Tipologia Rosso - DOC Contessa EntellinaGradazione alcolica 13,5-14% vol.Uve Nero d’Avola 70%, Cabernet Sauvignon 30%. Allevamento a controspalliera e potatura a cordone speronato. Densità media d’impianto 5.000 ceppi per ettaro e produzione di circa 50 q.li/ha. Terreno di medio impasto.Vinificazione La vendemmia del Cabernet Sauvignon si svolge tra fine Agosto e inizio Settembre, quella del Nero d’Avola nella prima decade di Settembre. Le uve vengono vinificate in acciaio, con macerazione sulle bucce per circa 12 giorni, alla temperatura di 26-30°C. A fermentazione malolattica totalmente svolta, il vino passa in barriques di rovere francese nuove e di secondo passaggio, per circa 14 mesi prima di affinare in bottiglia per almeno altri 6.Descrizione Ottima fusione fra questi vitigni, il Cabernet Sauvignon riesce a dare un pizzico di nota mentolata al Nero d’Avola tanto da arricchirne il già ampio spettro olfattivo. Si evidenziano note di liquirizia, cacao, amarena e mirtillo, su dolce grafite. Ottima la struttura gustativa, ampia e avvolgente, con notevole persistenza. Abbinamenti Con carni rosse alla griglia, al forno, grandi arrosti, capretto e agnello. Formaggi stagionati. Ragusano. Funghi porcini, coniglio e polpettone. In due ricette Cosce di coniglio alla maggiorana. Pappardelle al Bagoss (formaggio stagionato delle valli bresciane). Come servirlo In ampi calici con larga imboccatura e buona altezza, può essere stappato pochi minuti prima, altrimenti un paio d’ore prima. Ottimo a 18°C.Curiosità Se vi ricordate di Alain Delon nel famoso film che Visconti trasse da "Il Gattopardo" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, questo vino ne rappresenta al meglio l’eleganza e l’ambizione 'rivoluzionaria'. L’etichetta rimanda alle cantine di Contessa Entellina, ma le pone su una nuvola quasi fossero un miraggio. ... "Viaggio a Donnafugata" musicava Nino Rota per Visconti. Prima annata: 1990.
Mille e una notte
Nome Mille e una Notte Tipologia Rosso - DOC Contessa EntellinaGradazione alcolica 13,5-14,5% vol.Uve Nero d’Avola 90%, altre varietà autoctone 10%. Allevamento a controspalliera e potatura a cordone speronato. Densità d’impianto 5.000 ceppi per ettaro e produzione di circa 40 q.li/ha. Terreno di medio impasto.Vinificazione Le uve, raccolte in Settembre, vengono vinificate in acciaio, con macerazione sulle bucce per circa 12 giorni, alla temperatura di 26-30°C. A fermentazione malolattica svolta, il vino passa in barriques di rovere francese nuove per circa 24 mesi, prima di effettuare l’affinamento in bottiglia per almeno 12 mesi.Descrizione Nobile versione del Nero d’Avola, dall’impenetrabile rosso rubino. L’avvolgenza olfattiva ci abbraccia con sentori fruttati, dolci e maturi, ma non cotti, note balsamiche e floreali di violetta su lieve accento di tabacco in chiusura. Vino che mostra grande struttura al gusto e notevole personalità. L’alcol si fonde nel morbido tannino in un convincente equilibrio. La rispondenza gusto-olfattiva è lunga e perfetta. Abbinamenti Con piatti molto elaborati, di carni rosse, con sughi arricchiti di spezie. Da provare anche su formaggi, montone al forno, braciole di vitello e agnello.In due ricette Costolettine di montone impanate al timo. Spalla di vitello al forno con patate e cipollotti.Come servirlo In ampi calici, può essere stappato pochi minuti prima, altrimenti un paio di ore prima. Ottimo a 16–18°C.Curiosità Il palazzo illustrato in etichetta è quello dove si rifugiò la regina Maria Carolina in fuga da Napoli e fu la casa preferita dello scrittore Tomasi di Lampedusa a Santa Margherita Belice. Gabriella Anca Rallo ne cattura l’immagine e la incastona in un cielo da "Mille e una Notte" pieno di stelle e ricco di promesse. Prima annata: 1995.
Ben Ryè
Nome Ben RyéTipologia Bianco Naturale Dolce - DOC Passito di PantelleriaGradazione alcolica 14,5% vol.Uve Zibibbo (Moscato d’Alessandria) 100%. Allevamento ad alberello pantesco molto basso e all’interno di una conca, potatura tipica molto corta. Densità d’impianto 2.500 ceppi per ettaro e produzione di circa 40 q.li/ha. Terreno vulcanico, molto sciolto, ricco di minerali.Vinificazione La raccolta inizia dopo il 15 Agosto. Il processo di appassimento naturale dura 3-4 settimane. In Settembre viene prodotto del mosto da uva fresca molto matura al quale si aggiunge in fermentazione l’uva passa sgrappolata a mano. Dopo una settimana di macerazione, l’uva passa viene pressata sofficemente. Raggiunto l’equilibrio alcol-zuccheri e la concentrazione aromatica voluti, raffreddando si ferma la fermentazione. Il vino affina in bottiglia almeno 4 mesi.Descrizione Vino che denota la sua straordinaria personalità e profondità fin dal colore, che si presenta giallo ambrato lucente. Dopo le prime intense note di albicocca e pesca, i profumi si rincorrono tra meandri di sensazioni dolci di fichi secchi e miele, erbe aromatiche, note minerali. Al gusto impressiona per la notevole complessità data dall’avvenuta fusione tra dolcezza, sapidità e morbidezza. Lunghezza finale con ritorno armonico dei profumi. Abbinamenti Grande vino da meditazione, perfetto con formaggi erborinati, fegato grasso e grandi dolci della tradizione siciliana. Con il cioccolato, da provare con il gianduia. Su dessert con frutta secca e sulla pasta di mandorle. In due ricette Dolci con la ricotta infornata, uva passa, canditi e grani di cioccolato. Formaggi erborinati come il blu del Moncenisio. Straordinario da solo, come vino da meditazione.Come servirlo In calici a tulipano di media grandezza, con leggera svasatura, può essere stappato al momento. Ottimo a 14°C.Curiosità Dall’arabo "Figlio del vento" perché il vento che soffia fra i grappoli è una costante a Pantelleria. Ed il vento dell’isola porta con sé un carico di profumi così intensi da poterli toccare.Prima annata: 1989.