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Claudio Sadler

 

Un viso serio, lo sguardo penetrante che cerca di leggere l’animo della persona che è di fronte a lui. Le parole sembrano all’inizio quasi cadere come delle gocce d’acqua, poche e cadenzate nel tempo. Ma dura solo qualche minuto, Claudio Sadler, uno dei grandi chef della cucina italiana, si apre in un sorriso che gli illumina il viso non appena lo sollecito a parlare del suo lavoro, del suo modo di stare dietro ai fornelli. Non ricette quindi, ma l’idea del cucinare, la filosofia che lo ispira e che lo ha condotto negli anni lassù in alto nel mondo stellato.

Sarebbe bello sentirti raccontare tutta la tua storia, ma credo che sia affascinante capire anche solo una parte di questa storia, quella che testimonia il passaggio di qualità, il cambiamento di stile e di prospettive.

 

Sai, nella mia vita sono stato sempre sospinto dal mio spirito di libertà. Il mio primo ristorante l’ho aperto nell’82, quindi avevo 26 anni, ero un ragazzino. Non era nel mio modo di interpretare la vita, quella di dover sempre dar conto a qualcuno delle cose che facevo o che avrei voluto fare. Ed ero sempre in cerca di qualcosa di nuovo che appagasse il mio desiderio di esprimere quello che sentivo avere dentro di me.

 

Le idee chiare fin da subito …
 
Forse solo spirito d’avventura. Comunque ho desiderato sempre di evitare di essere, in qualche modo, catalogato come tutti gli altri e quindi ho cercato di avere uno stile molto personale, anche se chiaramente le cose che si fanno in cucina sono abbastanza omologate un po’ dappertutto.

 

La tua cucina all’inizio come era classificabile

 

La cucina classica, di tradizione, frutto degli insegnamenti della scuola alberghiera da dove io ho mosso i primi passi. Erano gli anni dei grandi maestri della cucina italiana. 
Dopo pian, pianino ho acquisito un’altra consapevolezza, quella delle espressioni del territorio, della forza della tradizione, tutte cose che un po’ alla volta ho assimilato e poi trasformato con la mia impronta, con la mia personalità.

 

Hai innovato senza fughe in avanti

 

Non sono mai stato predisposto per le cucine che si usano adesso, specialmente in Spagna, dove si vuole stupire a tutti i costi. A me piace molto rassicurare, non stupire,  i miei ospiti. E questo lo ottengo con una cucina che è buona, attenta, pensata soprattutto per far sì che la gente venga a divertirsi, a gustare una bel piatto, che non provi il disagio di non capire quello che sta succedendo nella mia cucina, nel suo palato e nel suo stomaco.

 

Quindi la riconoscibilità dei sapori, la capacità del cliente di interpretare giustamente quello che sta mangiando e di cogliere l’essenza dei singoli ingredienti.

 

Fondamentale per raggiungere l’obiettivo è la scelta di prodotti di qualità, noi proponiamo in genere pesce, ma quando utilizziamo la carne, questa è di ottima qualità frutto di scelta accurata. I miei piatti hanno sempre un prodotto principe, il cui gusto dovrà trovare la massima esaltazione, e  altre componenti diciamo di conforto, o comunque secondarie, che devono solo aiutare il prodotto principe ad esprimersi compiutamente.

 

Tu proponi la creazione dell’equilibrio nel piatto in un’armonia complessiva degli ingredienti in modo che nessuno si sovrapponga all’altro, ma si accompagni.

 

In ogni caso, secondo me, va sempre esaltato l’ingrediente principale. Bisogna fare in modo che se avanza qualcosa nel piatto, non sia mai il soggetto principale, ma eventualmente le altre cose che sono di contorno, che fanno soprattutto armonia.

 

Come strutturi i tuoi piatti?

 

I piatti che mi piacciono di più sono quelli dove tutto è concentrato in un unico pezzo. Per esempio, io faccio la costoletta di agnello con foie gras, tartufo, mandorle e erbe. Questo si presenta come un unico blocco.

 

Quindi è in masticazione che ritrovi e dividi i sapori di tutte le componenti

 

Sì, senza dimenticare che il soggetto principale è la carne di agnello. Nel piatto si presenta una cosa che ha una sua coerenza e una sua complessità.

 

In questo modo tu eviti che il cliente possa mangiare prima la cosa principale e poi il contorno e viceversa, perdendo l’emozione dell’armonia dei sapori.

 

Voglio dire che se ho un grande prodotto, questo va solo rispettato, cucinato e proposto nella maniera migliore senza deviarne il gusto, ma sottolineandone il sapore. Certi interventi in cucina mi danno un po’ fastidio.

 

È quello di voler mascherare qualcosa che già va bene di suo.

 

Ad esempio io trovo incomprensibile destrutturare una cosa per poi ricomporla, come comprare una macchina, smontarla e poi rimontarla, magari in maniera diversa. Comunque questo è il mio pensiero, magari sono un po’ antiquato

 

Credo che uno dei momenti più importanti in cucina è appunto quello del mercato, di fare la spesa, andare a cercare il prodotto. Quella è una componente fondamentale del risultato che avremo nel piatto. Se il prodotto è talmente puro dal punto di vista dei profumi, dei sapori, cioè lui è proprio la quinta essenza di sé stesso, perché doverlo turbare? Basta solamente accompagnarlo in maniera tale da far sentire che cosa riesce ad esprimere. E’ un’operazione non facile, anzi è molto complicata. Invece il mascheramento continuo ovviamente ti fa perdere poi la sensibilità ed il gusto, il gusto vero dei singoli prodotti.

 

Sì, sono d’accordo. L’equilibrio che tu hai nel piatto deve essere perfetto, dal punto di vista del gusto e della leggerezza. Leggerezza non può e non deve essere sinonimo di perdita di sapore, ma è anche ricerca di sfumatura di sapori, di profumi in maniera tale da poter gustare senza stancare la sensibilità della bocca. L’importante è riuscire a equilibrare, un menu è fatto di tante cose, tanti sapori, tanti equilibri, delle giuste quantità. Quindi è un calcolo sempre abbastanza complicato da portare a termine, però quello è il lavoro dello chef, quello che io cerco di fare. A volte basta equilibrare le dosi e le quantità di tante portate per fare veramente un buon piatto.

 

Come nasce il tuo amore per la cucina di pesce

 

Ma questo è strano perché io da piccolino non mangiavo neanche il pesce.

 

Hai recuperato dopo

 

Sì, ho visto che prima di tutto è una scelta chiaramente legata anche alla salute perché comunque di pesce ne puoi mangiare anche per buone quantità e non ti appesantisce, invece la carne inizia già a diventare un approccio alimentare più complesso. Io amo molto la carne però non riesco a mangiare più di un piatto di carne. Se invece è pesce mi da anche più possibilità di farne anche un gioco di sapori, di anche più portate. Quindi ho fatto la scelta di dedicarci maggiormente al pesce anche perché la gente quando esce generalmente preferisce mangiare il pesce.

 

In cucina di quante persone è composta la tua brigata?

 

Ho 7-8 persone, mediamente sei cuochi fissi e poi degli chef che vanno e che vengono. C’è uno chef che fa le mie veci quando io non ci sono però sulle decisioni, su quelli che sono i piatti, i menu, le cose le faccio sempre io. Poi ne discutiamo insieme.

 

Ed invece l’apertura di Tokyo come nasce

 

L’apertura di Tokyo è stata fatta nel 2003, è una bella esperienza, è piaciuta molto.

 

Sei molto presente anche lì?

 

Sì, faccio cinque viaggi all’anno di media ed è molto interessante anche perché lì fanno tantissime cose e hanno molti prodotti che in Italia non esistono. C’è un mercato del pesce pazzesco.

 

La cucina che fai  Tokyo rispetta lo stile del ristorante di Milano?

 

Certo, la cucina è uguale a quella che facciamo qui. Lì è molto importante il concetto e se alteri il concetto hai finito, c’è il mercato che ti stritola. Sono veramente incredibili. Noi adesso faremo un piccolo cambiamento, miglioreremo il nostro locale spostandolo un po’ più in centro. Però per il momento è solo una piccola idea, poi vedremo.

 

Che dimensioni ha il locale attuale?

 

E’ abbastanza grande perché ci sono comunque 50 posti a sedere, è molto carino, molto bello. A Tokyo lo standard dei ristoranti è molto alto.

 

Il sorriso non lo ha mai abbandonato in questa piccola conversazione nella quale ha voluto condensare in pochi tratti la sua filosofia, il suo approccio ai fornelli. E’ un piacere ascoltarlo, ma il piacere più grande è ritrovare nella degustazione dei suoi piatti la cultura del prodotto e la capacità di rendere anche il prodotto più umile, sublime.

 

Claudio Sadler - Ristorante Sadler - Via Conchetta angolo Via Troilo, 14 - Milano - Tel. 02 58104451 - www.sadler.it - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.  

 

 

 

 LA RICETTA

 

Arrostino di pesce spada alla siciliana con cime di rapa e puntarella alla colatura di alici

 


Ingredienti  per 10 persone

 

Pesce spada kg. 1,5; Pan carrè lungo 10 fette; Melanzane n. 1; Olive nere taggiasche gr. 100; Capperi gr. 70; Broccoletti kg. 0,6; Aglio 3 spicchi; Pomodori ramati gr. 700; Olio e.v.o. gr. 150; Limone mezzo; Puntarelle gr. 300; Colatura di alici q.b.

 

Preparazione

 

Preparare una dadolata di pomodori, dopo averli bianchiti spellati e dissemati.
Cuocere le cime di rapa in acqua salata, una volta cotte scolarle raffreddarle e strizzarle bene, ordinarle in una padella antiadrente con un poco di olio e.v.o. e uno spicchio d’aglio in camicia.
Cuocere i  broccoletti in acqua bollente salata, per circa 10 minuti, scolare e frullare nel frullatore con olio all’aglio e un pizzico di sale
Stendere con la macchina stendi pasta un foglio di pan carrè, in modo da ottenere una foglio sottile di pane.
In una padella antiaderente, saltare le melanzane tagliate a dadini, profumando con uno spicchio di aglio in camicia, quindi , una volta cotte asciugarle dal grasso di cottura  e farle raffreddare
Nel cutter frullare la melanzana  le olive e i capperi.
Tagliare il pesce spada  filetti di cm. 5 di diametro, scottarlo in padella colorando appena tutti i lati.
Stendere su un foglio di pan carrè un poco di farcia,  quindi arrotolare il tutto intorno al filetto di pesce spada, ottenendo una cilindro perfetto e ben sigillato.
In una padella antiaderente far dorare la crosta di pane che avvolge l’arrostino di pesce spada , terminare di cuocere in forno a 170° pesce spada  per circa 10, il cuore dovrà restare appena rosato e la temperatura tiepida.
Tagliare a listarelle le puntarelle e farle rassodare in acqua fredda, quindi scolarle e condirle con la  colatura di alici.

 

Presentazione

Nei singoli piatti disporre un poco di purè di broccoletti, dei ciuffi di cime di rapa saltate in padella con olio e aglio in camicia, e infine dei dadini di pomodoro, adagiarvi sopra l’arrostino di pesce spada tagliato in due o tre tronchetti, irrorare con un filo di olio e limone e  servire

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