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Federico Giuntini Masseti

Una storia lunga e affascinante quella di questa azienda posizionata al centro della Val di Sieve, che è la valle che collega la Toscana centrale con la Romagna. Una moltitudine di genti ha da sempre attraversato queste terre punteggiate da torri medievali di avvistamento. Nella tenuta, una di queste torri,  in epoca rinascimentale, è stata ampliata a villa padronale. Il racconto di Federico Giuntini Masseti ci fa rivivere quelle epoche lontane. Le parole scorrono lente quasi a seguire il ritmo di ricordi lontani, a cercare ancora qualcosa di non detto per sottolineare la bellezza e la magia di un luogo e di una azienda: Selvapiana.

È stata di proprietà di diverse famiglie fiorentine, fino a che, nel 1826, è stata acquistata da Michele Giuntini e noi siamo i suoi diretti discendenti. Io e mia sorella Silvia rappresentiamo la terza generazione. 

 

Una proprietà a vocazione agricola

 

Selvapiana è sempre stata una classica fattoria toscana. Il grande cambiamento è avvenuto nel passaggio dalla mezzadria alla conduzione diretta negli anni Sessanta. Mio padre iniziò allora ad allevare  i primi vigneti specializzati, abbandonando il sistema delle vecchie viti maritate di Sangiovese dei vigneti promiscui. Poi quando siamo arrivati io e mia sorella, alla fine degli anni Ottanta, abbiamo avviato un programma di reimpianto e di ricostituzione del patrimonio vitivinicolo, perché i vigneti esistenti erano molto vecchi e in una situazione di grande fallanze.

 

I nuovi vigneti sono figli dei vecchi vigneti?

 

Sì, per il 60-70% il Sangiovese che abbiamo reimpiantato a Selvapiana viene da una selezione massale del vigneto migliore che si chiama “Bucerchiale”, proprio quello impiantato da nostro padre derivandolo dalle viti maritate preesistenti. Questa è la linea storica del Sangiovese aziendale.

 

Un grande lavoro in campo.

 

Abbiamo quasi raddoppiato la fittezza degli impianti, oggi ci sono da 5.500 a 6.200 piante ad ettaro. L’altra cosa abbastanza importante è che abbiamo abbassato l’altezza del capo a frutto, non più a 70-80 cm, ma a 50 cm. La nostra zona, essendo ai piedi degli Appennini, ha bisogno di sole, e allora lasciamo la parte fogliare alta, ben distesa, in modo che le foglie non ombreggino il grappolo, né si ombreggino l’un l’altra. Viene fatta anche un’operazione di sfogliatura molto precoce, quando il chicco è a grano di pepe, e in alcune annate anche una seconda sfogliatura in prevendemmia.

 

La vendemmia è tardiva?

 

La nostra è una zona dove si vendemmia abbastanza tardi, con il Sangiovese spesso si arriva anche alla seconda, terza settimana di ottobre.

 

Che dimensioni ha oggi la proprietà?

 

Il patrimonio di vigneti è sui 54 ettari, di cui 50 sono coltivati a Sangiovese. In alcune zone non vocate per il Sangiovese, abbiamo Cabernet e Merlot. Un paio di ettari sono stati riservati a Trebbiano e Malvasia per la produzione di Vinsanto.

 

Il vostro ingresso in azienda oltre a modificare l’approccio alla vigna ha avuto riflessi anche in cantina?

 

In cantina c’è stata una autentica rivoluzione. Quando abbiamo iniziato a lavorare nell’87 in cantina non c’era una barrique, un tino di acciaio e non c’era una botte che avesse meno di 20 anni! Con i suggerimenti di un grande consulente, ormai uno di famiglia, Franco Bernabei, abbiamo rifatto la cantina completamente. Ora la cantina è ampia, spaziosa, funzionale, moderna, con tini termoregolati, tini pensati per avere un’estrazione, un periodo di macerazione ottimale per le uve, più omogenea. Quasi tutti i tini hanno rapporto 1 ad 1 tra diametro e altezza, ed alcuni sono più larghi che alti, in questo modo c’è una macerazione completa delle uve. Ci sono 500 barrique. Tutto il parco botti è stato rinnovato.

 

Usate barrique di primo passaggio?

 

No, le barrique vengono usate più volte, hanno molti passaggi. Il Sangiovese, che è un vitigno soprattutto nella nostra zona molto delicato, mal sopporta grandi quantità di legno nuovo.

 

Quali sono i vini in produzione?

 

I vini aziendali sono quattro: il Chianti Rufina dell’annata è la nostra produzione maggiore in termini di bottiglie: il Chianti Rufina Riserva Vigneto Bucerchiale, è il vino più importante, il vino storico, il Chianti Rufina Riserva Fornace ...

 

Il quarto è un Pomino

 

Sì, la zona è sempre nel comune di Rufina, ma i vigneti posti più in alto. Pomino è stata per anni una denominazione familiare dei Frescobaldi. Nel ’93 abbiamo avuto la fortuna di poter affittare, da un’amica di mio padre, 6 ettari di vigneto iscritto alla D.O.C. Pomino e da allora produciamo anche una piccola quantità di questo vino.

 

Cosa prevede il disciplinare?

 

Il disciplinare prevede principalmente Sangiovese fino al 60% e la restante parte di vigneti internazionali come Cabernet, Merlot e Pinot nero. Perché a Pomino storicamente, penso ormai dal 1700, vengono coltivati questi vitigni. Fu un avo dei Frescobaldi, che è stato uno dei grandi innovatori della agricoltura toscana, che portò quei vitigni che aveva conosciuto nella sua permanenza Francia. Fu anche uno dei primi ad impiantare vigneti specializzati ad alta densità come lui che aveva visto fare in terra francese. Quindi la D.O.C. Pomino è una realtà unica.

 

Come lo avete chiamato?

 

Pomino D.O.C. Petrognano.

 

Infine c’è il vostro Vinsanto. Come viene lavorato?

 

Le uve vengono raccolte prima della vendemmia, in Toscana si dice “fare gli scelti”. Cioè si va nel vigneto delle uve a bacca bianca e vengono scelti i grappoli più sani, maturi e integri, poi vengono appesi questi grappoli in un ambiente molto ampio ed areato e si fa un appassimento naturale, non forzato. Lì le uve stanno da settembre ad aprile, marzo.

 

Non utilizzate i graticci?

 

Non utilizziamo i graticci classici nella nostra zona perchè c’è il fiume. In estate è utilissimo per la sua azione sul clima che rallenta la maturazione delle uve. A novembre, invece, porta nebbia ed umidità e tende a far marcire le uve in appassimento. Quindi si appendono i grappoli. Abbiamo un sistema di fili, canne, dove il grappolo raccolto a coppia, a prentolo, si dice in Toscana, viene messo a cavallo ad appassire su queste cannine. In questo modo il grappolo è più arieggiato, c’è molta meno muffa, possiamo procrastinare il momento della spremitura delle uve ed ottenere un Vinsanto molto più ricco di zucchero.

 

Ottenete un mosto molto denso

 

Viene fuori un mosto che è quasi uno sciroppo per quanto è denso di zucchero e questo mosto viene poi invecchiato per 5-6 anni in piccole botti che in Toscana si chiamano caratelli da 50-75-100-125 litri. I caratelli quando vengono sigillati non sono completamente pieni, viene lasciato un 15-25% di spazio, per favorire una leggera ossidazione.  Dopo cinque anni il contenuto dei diversi caratelli viene assemblato.  Più tardi viene imbottigliato con, purtroppo, una leggerissima filtrazione.

 

Il Vinsanto sta riacquistando grande dignità

 

Il Vinsanto finalmente sta ritrovando sul mercato degli appassionati di vino un suo spazio, non più solo per intingere il famoso biscottino di Prato, ma per abbinare formaggi o dolci a base di cioccolato o biscotteria secca. E’ stato riscritto giustamente sulla mappa dei vini di qualità.

 

Avete avuto anche un importante riconoscimento per la vostra produzione vitivinicola

 

Siamo arrivati alla certificazione di agricoltura biologica per tutta la produzione, con la vendemmia 2006 abbiamo ottenuto anche quello.

 

Solo in vigna?

 

Sì, in cantina noi non usiamo lieviti selezionati, enzimi o altro, però per adesso si certifica la produzione di vigna.

 

Non solo vino a Selvapiana

 

E’ vero, noi siamo orgogliosi del nostro olio extravergine. Abbiamo quasi 9000 piante di ulivo.

 

Di quale cultivar?

 

Principalmente Frantoio, un classico toscano. Le olive vengono raccolte molto presto, su fine ottobre, e l’altra cosa fondamentale è la frangitura, la trasformazione delle olive in olio che avviene la sera stessa.

 

Nel vostro frantoio?

 

Purtroppo no, quello è un tassello che manca. Dopo aver fatto la cantina, il prossimo passo sarà il frantoio. Ora andiamo dai nostri vicini, che ci trattano veramente bene e ci fanno fare l’olio tutte le sere, ci fanno gestire e sistemare le macchine come si vuole noi, quindi è come se fosse nostro.

 

Quindi è una bella produzione?

 

Sì, molto importante in quantità e qualità. Ci da anche un certo prestigio. 

 

Progetti?

 

Ormai sono 20 anni che lavoro in azienda, quindi vorrei consolidare quello che è stato fatto e dedicarmi ad ampliare la commercializzazione, ora che i vigneti stanno entrando tutti in produzione.

 

 


Fattoria Selvapiana
Località Selvapiana - Rufina (FI)
Tel +39 055 8369848
www.selvapiana.it 
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