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Eugenio Rosi

 

Io ho tirato via azienda agricola dalla mia denominazione ed ho messo solo viticoltore artigiano perché non mi riconosco più in un azienda agricola che è un termine troppo generico. Perché ci sono aziende grandi, verso le quali ho grandissimo risperro,  però le nostre aziende agricole come la mia, così piccole, sono diverse, i vini sono interpretati in maniera diversa. Io li ritengo proprio dei prodotti artigianali, sono vini che cambiano, non sono sempre uguali e che a volte hanno anche, non dico dei difetti, ma delle piccole imperfezioni. Comunque l’importante secondo me è che abbiano una caratterizzazione, che siano i miei vini. Poi io sostengo anche che se il vino piace a tutti si preoccupa un pò.

 

 

Ecco questo è, in una frase, Eugenio Rosi. Parlare con lui di vino è come aprire un mondo a volte sconosciuto ai più, fatto di semplicità e di passione, ma anche di esperienza maturata sul campo e di sensibilità nei riguardi della tradizione e delle persone che l’hanno creata quella tradizione: i vecchi viticoltori. Una perfetta simbiosi fra uomo e natura è quello che cerca Eugenio nel suo lavoro, come il perfetto connubio tra vitigno e terreno, perché la sua uva, il suo vino sappia dare la massima espressione di sé.
Le sue parole sanno esprimere questa filosofia meglio di qualsiasi racconto

 

Il vino in questo momento è visto come un prodotto di moda, dovunque, e non un prodotto che viene dalla terra ed ha e deve avere l’umiltà di un prodotto che viene dalla terra.

 

Come nasce il viticoltore Eugenio Rosi?

 

Ho studiato enologia all’Istituto di S. Michele all’Adige e poi io ho fatto l’enologo per 11 vendemmie in Cantina sociale. Io ho fatto l’Istituto Agrario come enotecnico, poi noi che abbiamo una certa età ed il titolo di enologo l’ho ricevuto per la esperienza maturata come enologo responsabile di cantina. Io ho sempre lavorato in Cantina sociale come lavorassi a casa mia, insomma ci ho messo quello che potevo metterci.

 

Tu venivi già da una famiglia agricola?

 

Io vengo da una famiglia che è agricola, anche se mio papà era un operaio e faceva il viticoltore part-time, non aveva cantina. Addirittura a me a S. Michele non mi volevano perché a quell’epoca c’era il numero chiuso ed io non essendo figlio di coltivatore diretto, non avevo la priorità. E per entrare al S. Michele, siccome c’erano due corsi, ho dovuto fare per forza enologia perché solo lì c’era il posto.

 

Quindi hai fatto questa scuola, poi sei andato a lavorare

 

Sì, la scuola prevede dei tirocini in cantina e così ho iniziato. Io ho cambiato due Cantine, poi le cose si sono un po’ evolute e, a dire la verità, la strada che hanno preso queste Cantine sociali io non la condividevo fino in fondo. Mentre lavoravo continuavo a dirmi “voglio provare a fare qualcosa di mio” ed allora mi sono preso dei vigneti in affitto che coltivavo il sabato e la domenica. Nel ’97 ho fatto la mia prima vinificazione con un taglio di Cabernet e Merlot.

 

Il taglio bordolese

 

Sì, il taglio bordolese che io non amo definire così perché secondo me è un vino trentino. Certo non è il Marzemino, che è il nostro vino autoctono. Però sono uve che qui nella conca di Rovereto ci sono sempre state, sono anni e anni che sono qua. Quindi io sono partito da quel vigneto, chiaramente non avevo neanche la cantina, mi sono appoggiato da un amico che mi ha affittato una parte della sua cantina e tutt’ora io vinifico da loro, mi ha affittato delle vasche perché chiaramente non è facile partire senza niente e sono tutte attrezzature anche la pigia stessa che usi una volta l’anno, anche se non è poi così importante, però se vuoi pigiare bene ci vuole una pigia professionale, la pigia professionale costa.
Ho fatto tutto lì per i primi due - tre anni e poi con il tempo mi sono creato invece una cantina dove affino i miei vini.  E’ una cantina in un vecchio palazzo, un palazzo della fine 1400, una cantina di affinamento dove ho tutto lo spazio per pulire le bottiglie, perché sono vini che stanno minimo un anno in bottiglia prima di uscire dalla cantina, e le botti, dove il vino rimane 1-2 anni.
Io sentivo il bisogno di questa cantina, il bisogno di avere un punto di riferimento, un punto dove portare la gente. E poi è una di quelle cantine costruite in calce, sono cantine che respirano che vanno benissimo per il vino.

 

Sì questo mi sembra un bel passo. Qual è la tua idea di cantina?

 

Ti dico la mia idea di cantina, con una piccola premessa. Spesso in cantina vengono utilizzate delle tecniche che portano ad uniformare i vini, e questo è molto grave, secondo me di questo si è scritto anche poco. Quando hai un prodotto, un’uva insomma, ci si preoccupa più di risolvere le mancanze, i problemi in questa uva manca la struttura e pensi come dargli la struttura. Ecco io l’ ho presa un po’ dall’altra parte ed ho detto “perché devo preoccuparmi di quello che non ho, cerco di evidenziare quello che c’è. Secondo me i vitigni autoctoni sono una grande ricchezza, bisogna innanzitutto che rimangano nei terreni dove sono nati perché i vitigni autoctoni sono tali perché sono in quel terreno. Ad esempio qui nel mio comune la zona del Marzemino a farla grande sono 20 ettari, la parte migliore sono meno di 10, allora deve rimanere lì non può essere portato fuori. La mia idea è stata di fare pochi vini, vini che raggiungano possibilmente il loro equilibrio naturalmente. Io non utilizzo nessuna tecnologia, insomma non sono stabilizzati, non sono chiarificati. Quindi pochi vini perché seguire un vino, farlo nascere, non è così semplice alla fine per cui credo che sia giusto concentrarsi su poche cose e cercare di interpretarle al meglio.

 

Qual è il tuo rapporto con il legno?

 

Io ho solo legno in cantina. Sono partito con botti piccole, sono botti da 750 litri. Praticamente era una misura che si usava qui da noi, che si usava in Piemonte, anche il altre zone del Nord. Credo che rappresenti il giusto equilibrio nel rapporto legno/vino. Va sottolineato anche che sono botti che puoi muovere, che puoi lavare bene, forse legate anche ad un discorso di territorio più piccolo, di cantine più piccole. Qui è facile trovare le cantine che hanno i pilastri delle porte che sono in parte scolpiti per far passare la botte. Comunque si usava ed io le ho utilizzate anche perché non potevo acquistare botti più grandi, non avevo la quantità sufficiente di vino, non avevo il posto dove metterle. Poi per me il legno è stata un pò una sfida ed io sul legno ci ho lavorato parecchio, ci lavoravo già prima in cantina sociale perché ne avevamo parecchio. Per me il legno deve essere usato, ma non si deve sentire. L’importanza del legno non è il fatto di cedere tannini al vino, di aromatizzare il vino, ma è che lascia respirare il vino. Ho quindi ho sfruttato il gioco dell’ossigeno cercando nel contempo di diminuire o comunque di attenuare tutto quello che è cessione e aromatizzazione. Io sono partito piano piano, secondo me il legno è un patrimonio per una cantina. Non è facile andare a utilizzare la botte che magari è rimasta vuota, il legno deve essere sempre pieno. Io quest’anno ho qualche problema a riempirlo, perché abbiamo prodotto poco. Ci vuole sempre il pieno, va sempre seguito, ci vuole una certa attenzione perché se si inquina poi inquini tutta la cantina in un attimo.

 

Poi i batteri partono …

 

Sì, sono batteri, sono lieviti anche, parecchi vini sono difettosi da quel punto di vista. Credo che in questo momento il discorso dei sentori fenolici in alcuni vini sono legati ad inquinamenti e sono cose molto pesanti perché se usi poca solforosa, se lavori più naturale è possibile essere anche avvantaggiati.

 

Quindi sei molto attento con il legno nuovo

 

Ti faccio un esempio. Dal 2000 ho introdotto la fermentazione a botte aperta. Le botti che acquisto io, ma anche le barrique, le prendo, le metto in piedi, levo un fondo e ci pigio dentro direttamente l’uva.

 

Quindi fai tutta la parte iniziale di fermentazione lì?

 

Una parte di fermentazione viene fatta così, praticamente tutta la parte per coprire il legno nuovo, in funzione della produzione dell’annata, del legno che introduci. Io questo l’ ho fatto e poi ho scoperto che non sono l’unico a farlo. L’ ho fatto perché nella fermentazione, un po’ le temperature, un po’ la vinaccia, un po’ la grande quantità di lieviti ti vanno ad assorbire tutto quello che è il tostato, non tutto, ma una gran parte del tostato. Questo vale anche per le botti che non sono tostate, ma hanno un residuo di tannini verdi del legno.
Llavorando con queste botti ho avuto anche la possibilità di fare tutta una serie di piccole partite, dall’anno scorso sto facendo anche delle prove di vinificazione in maniera naturale senza lieviti, senza solforosa

 

Lieviti naturali

 

Sì, io i lieviti li usavo ed infatti li uso tutt’ora, però dall’anno scorso, avendo anche la possibilità con queste botti, ho fatto le mie prove ed io ho trovato una diversità, ho assaggiato proprio anche ieri, che non mi aspettavo.

 

Come ti regoli con la temperatura per quanto riguarda questo tipo di vinificazione

 

La temperatura non si controlla perché innanzitutto sono tutti recipienti piccoli, è molto difficile che salga troppo, non riesci proprio a superare i 30°C, il problema è che si raffreddi se si vendemmia tardi, per cui li tengo in locali chiusi.

 

Quindi diciamo che il processo di fermentazione non si interrompe mai?

 

No, poi io siccome tendo a fare su tutti i vini delle macerazioni molto lunghe perché ritengo che sono più naturali, meno tecnologiche, perché la vinaccia è uno stabilizzatore del prodotto. La vinaccia è come una spugna secondo me, prima cede e poi ritira indietro una parte. Però di solito noto che quella che ritira indietro è la parte meno nobile, per cui secondo me è un metodo efficace. Magari il vino ha un pò meno colore però a livello di complessità, di eleganza, di durata nel tempo, io credo di guadagnarci. Io lavoro così, domani svino il cabernet che ho vendemmiato il 14 di ottobre e con le botti aperte quest’anno sono arrivato con dei merlot fatti senza lieviti a 50 giorni di macerazione. Poi lì anch’io sto capendo alcuni trucchi, ogni anno secondo me si aggiunge qualcosa e questo è anche bello perché in realtà ogni anno il vino cambia non solo per l’annata, ma anche per quello che ci metti dentro.

 

Quando fai l’assemblaggio?

 

Sull’uso dell’uvaggio io tendo, se riesco, e alcuni anni ci sono riuscito, a vendemmiare insieme.

 

Fai vinificazione insieme anche?

 

Sì, perché la mia idea è che innanzitutto l’uvaggio è sempre il migliore. Dal momento poi che questo vino nasce da un vigneto, si chiama Esegesi come interpretazione di quel vigneto e di quel modo di fare il vino, se riesci a vinificare insieme è meglio. Chiaramente non tutti gli anni si riesce e prima si vendemmia il merlot, che sto vinificando da 2 o 3 anni in barrique aperte, in botti aperte, però nel momento in cui io vinifico il cabernet, quel merlot lo aggiungo subito, così si legano ancora in fase fermentativa. Poi io mi tengo dei campioni separati anche per capire, per vedere. Però quello che posso lo unisco subito.

 

Parlami del Marzemino

 

Il Marzemino è un vitigno particolare, la zona è piccola, il vitigno è anche difficile da un certo punto di vista, però i terreni che abbiamo sono nella zona migliore. Nel Marzemino il legno è stato completamente abbandonato, macerazioni brevi, insomma è stato banalizzato, reso semplice, tendenzialmente più facile, più beverino. A me sembrava un pò sprecato ed allora ho detto “voglio provare a fare un Marzemino un po’ più importante pur mantenendo le sue caratteristiche”. Ho ragionato a lungo, il Marzemino lo conoscevo bene, erano anni che lo vinificavo, anni che lo portavo a casa ed il mio papà mi diceva “ma non è più come quello di una volta” ed io  “ma spiegami come era quello di una volta”. Lui sosteneva che era un vino che durava nel tempo, un vino più corposo e dopo ho capito che comunque lo producevano in maniera diversa. Il risultato di questi ragionamenti mi ha portato a modificare la campagna; io la pergola praticamente non la uso più.  Quelle poche che ho sono modificate con un sistema mio e in maniera da illuminare i grappoli, perché secondo me la pergola copre i grappoli e le uve rosse o bianche che siano hanno bisogno di essere riscaldate dal sole, almeno in parte o almeno in una certa fase. Ho ridotto le rese parecchio e evitato la concimazione in modo da arrivare con un vigneto un po’ più equilibrato. Poi ho introdotto l’appassimento delle uve.

 

Cioè l’appassimento sulla pianta?

 

No, l’appassimento fatto in cassetta come in Valpolicella ed io l’ ho introdotto perché secondo me il problema che aveva il Marzemino era che essendo quest’uva molto delicata, molto sensibile ad eventuali piogge, che qui da noi non mancano, si finiva per raccogliere quest’uva che era anche bella però ancora non matura. Ed io l’appassimento naturale l’ ho visto come un prolungamento della maturazione staccato dalla pianta, ma comunque dei processi biologici che continuano in modo diverso, ma comunque continuano. Ed allora ho provato, il primo anno ho fatto quest’uva passita, poi l’ ho vinificata in diverse maniere, ho provato a fare il vino passito, ho provato a fare il vino base, poi li ho messi insieme. Fra le altre prove avevo provato a fare anche quello che faccio adesso cioè vendemmio l’uva, la metto in appassimento, faccio un vino base con l’uva fresca. Quando l’uva appassita è pronta, un mese o 40 giorni, dipende un po’ dalla stagione, un mese e mezzo, la pigio ed il vino fatto prima anche qui viene immesso subito a fermentare di nuovo insieme in modo che si leghi, in modo da non sentire, da attenuare il sentore dell’uva passita.
E’ una via di mezzo fra un rigoverno ed un ripasso. Questo vino viene messo solo in botti, non vede barrique, di legno di ciliegio e di legno di rovere.

 

Perché questa scelta?

 

Anche questo è il risultato del pensare come aiutare questo vitigno. Il Marzemino è un vino che ha bisogno di molto ossigeno, un vino che tende sempre ad essere ridotto e quindi se tu lo vinifichi in acciaio o in cemento

 

Lo metti in assenza di ossigeno

 

Sì, sei costretto ad effettuare l’ossigenazione, diversi travasi ed allontanare le fecce e questa è una perdita perché se il vino può rimanere sui lieviti per più tempo è un vantaggio

 

Diventa più complesso

 

Diventa più complesso, più stabile, non servono tanti chiarificanti, non mi servono per niente. Il problema è riuscire a fare così. Ecco io ho preso il ciliegio perché è un legno che traspira tantissimo. La botte di ciliegio cala più del doppio rispetto ad una botte di rovere
E’ un legno difficile, se pensiamo che è uno dei primi legni dell’aceto balsamico, è un legno che se non stai attento è un attimo fare aceto. Deve essere costantemente sotto controllo, vanno combinate molto fecce e lieviti, va tenuto mosso, tipo batonage. Questo legno è anche molto più rispettoso del vitigno perché il ciliegio da aroma di ciliegia, che è uno dei descrittori del Marzemino, perché il Marzemino deve sapere di frutta ed in particolare di ciliegia, e poi un buon Marzemino deve avere il floreale che va verso la viola. Quindi ho continuato, all’inizio avevo una botte, adesso ne ho già tre di ciliegio. Questi vini vengono affinati in maniera separata, in botte di ciliegio e in botte di rovere, e vengono assemblati alla fine. Poi in bottiglia hanno bisogno di tempo per mettersi insieme

 

Quindi poi decidi di volta in volta qual è la percentuale di assemblaggio

 

Sì, adesso io, per esempio, devo assemblare il 2004 che lo tolgo dalle botti e metto 2005 e dobbiamo metterci lì botte per botte e vedere se si può usare tutta o se si può usare solo una parte. L’assaggio secondo me è fondamentale per decidere il taglio, perché poi ogni botte ha la sua storia.

 

Poi non c’è solo la botte, ma devi mettere insieme un numero elevato di variabili.

 

Infatti io dico sempre che la grandezza del vino è proprio la sua diversità, diversità da un vino all’altro, da un produttore ad un altro, da una varietà ad un’altra e da un contenitore all’altro anche quando usi lo stesso vino.

 

Abbiamo a lungo parlato della cantina, però a me pare che tu abbia fatto un buon lavoro anche sul terreno

 

Dal punto di vista del vigneto io lavoro come in cantina, perché l’importante, almeno per me, è rispettare la pianta. Io non sono per una viticoltura troppo tecnica, per niente forzata, ad esempio i miei vigneti non hanno irrigazione, non ce l’ hanno non per volontà, ma perché non c’è. Però in questi anni questo mi ha permesso di capire alcune cose, ho anche capito quanti danni si fanno se si esagera ad esempio con l’irrigazione, in particolare. Chiaramente nel momento in cui tu rispetti questa pianta devi anche accontentarti, cioè non puoi pretendere sempre il massimo.
Bisogna lasciare che questa pianta si regoli un po’ da sola e quindi alla fine se produci poco hai un certo risultato, nel momento in cui inizi a forzare il risultato cambia. Ad esempio quando si parla di sfogliatura, secondo me qui da noi nel nostro territorio i grappoli alla fine in vendemmia devono essere completamente al sole. Non puoi pensare di andare e fare una sfogliatura solo con una macchina violenta. No, la sfogliatura va fatta per gradi e secondo me il contadino è proprio quello che, in funzione dell’annata, esegue le operazioni. Non c’è una regola, c’è l’anno in cui devi sfogliare presto e l’anno in cui devi sfogliare dopo, c’è l’anno in cui devi cimare, c’è l’anno in cui non devi cimare. Io sto ultimando adesso una parte dei vigneti, ho fatto la piegatura dei tralci come si faceva una volta. Ho incominciato a guardare le fasi della luna, mi sto un po’ istruendo su questo, io provo e poi vedo cosa succede, secondo me è un’influenza c’è anche lì.
Ad esempio quest’anno ho fatto delle prove, dei filari cimati in luna crescente e gli altri in luna
calante, cambiano poi cinque giorni da uno all’altro e c’era comunque differenza, c’era la risposta della pianta. Adesso queste secondo me sono delle cose non scientifiche, però sembrano avere una validità anche in cantina. Se posso, quando devo travasare un vino vecchio prossimo all’imbottigliamento, lo faccio esclusivamente in luna calante. Adesso mi hanno anche spiegato alcuni biodinamici alcuni produttori del Friuli che sono andato a visitare, che bisogna anche guardare certi giorni, c’è un calendario da seguire. Ci sono dei giorni più favorevoli e dei giorni meno favorevoli. Credo che in un’azienda piccola come la mia me lo posso anche permettere, dico “vabbè non lo faccio oggi, lo faccio fra due giorni

 

Tu quanta superficie vitata coltivi?

 

Adesso io coltivo 5 ettari e qualcosa, 5 ettari e mezzo

 

E di Marzemino?

 

Di Marzemino ne ho un ettaro e mezzo

 

Niente bianco?

 

Sì, mezzo ettaro è adesso di bianco, però in una zona abbastanza alta, sopra i 500 m di altitudine, ma è ancora giovane

 

Che vitigno?

 

Pinot bianco

 

Il Pinot bianco è elegantissimo se riesci a mantenere i suoi profumi delicati è veramente un vino straordinario

 

Io ne sono sempre stato innamorato, sicuramente è molto meglio dello Chardonnay

 

Intanto bisogna veramente saperlo fare

 

Saperlo fare e poi anche lì io credo che alla fine bisogna trovargli il posto giusto e senti subito se è indovinato, che rende in quel posto. Il Pinot bianco avrei dovuto vinificarlo quest’anno poi purtroppo è venuta la grandine, ne ho fatto 1 hl.
Non è rappresentativo. Infatti lì la grandine purtroppo quest’anno ha colpito parecchio, l’anno prossimo si farà. Comunque anche il bianco mi piacerebbe farlo come lo facevano prima, una volta.

 

Di lasciarlo sui lieviti

 

Si, ma anche sulle bucce. Ho provato anche l’anno scorso con dell’altra uva, che non era la mia, tanto per provare una barrique nuova, per vedere cosa succedeva. Credo che lo farò in quella maniera, devo ancora capire bene perché comunque sarebbe bello riuscire a mantenere il discorso appunto della finezza, dell’eleganza

 

Devi prendere dai vecchi sistemi magari aggiungendo un po’ l’esperienza

 

Sì, però credo ci sia da capire parecchie cose. Chiaramente hai dei vini che mi rendo conto che hanno bisogno di più tempo, non sono vini che si esprimono nell’immediato, di solito sono dei vini che hanno bisogno di più tempo per esprimersi. Comunque hai dei vini con più carattere

 

Comunque è una bella storia questa qui di questo approccio così naturale in vigna e in cantina

 

Io sono sempre stato uno poco interventista, cioè quando sono venuti in cantina sociale a proporre gli enzimi mi hanno detto che risparmio tempo ed io risposto che sono 15 anni che ho levato l’orologio. Io dico se c’è necessità sì perché comunque devi fare il tecnico però non deve essere una regola, in quel senso.

 

Dettato dai tempi naturali più che dall’orologio

 

Sì, sarebbe il massimo se riusciamo. Io penso che nel momento in cui c’è la diversità è già un risultato, poi dovrò valutare quale sia il migliore però se riesco a fare lo stesso prodotto con la stessa qualità senza usare neanche i lieviti, io non li uso.

 

E tu i lieviti li usi?

 

Io il lievito l’ ho sempre usato, ci ho messo sempre molta attenzione perché io sostenevo anche e sostengo anche adesso che piuttosto che caricare un vino di solforosa, preferisco usare un lievito, perché nel momento in cui nell’uva pigiata ti parte la fermentazione, i problemi sono molto minori, i problemi sono fin che non parte questa fermentazione. Con i lieviti che usi naturali i tempi di latenza iniziali sono abbastanza lunghi, 5 o 6 giorni e poi parte piano. Ecco per cui io li ho sempre usati perché piuttosto che mettere solforosa, che credo faccia anche male, preferisco mettere un lievito che comunque dovrebbe essere una cosa naturale. Adesso poi mi sto rendendo conto che influiscono forse troppo.

 

Quindi tu se riesci a controllare che non succeda nulla fino alla partenza dei lieviti.naturali?

 

Io quest’estate sono stato in Friuli, da produttori piccoli ed ho portato a casa un paio di appunti su questo discorso della latenza iniziale, due o tre cose che loro fanno, le ho messe in atto ed in effetti funzionano.

 

Questa è la mia storia. La mia è ancora una scommessa perché partire qui da noi con i prezzi di terreni che ci sono, con dei terreni in affitto senza cantina, non è facile. Intanto io sto facendo quello che mi piace e spero di riuscire anche farlo bene.

 


LA PRODUZIONE

 

Trentino Rosso Esegesi (Cabernet Sauvignon e Merlot)
Doron (Marzemino Gentile)
Trentino Marzemino Poema (Marzemino Gentile)


Eugenio Rosi - ViaTavernette 3/B 38060 Volano (TN) Tel. 0464.461375

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