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Emidio Pepe

L’azienda domina la vigna, i colori sembrano accendersi sotto i raggi del sole, una leggera brezza accarezza le viti e porta lontano il rumore di un motore. Laggiù tra i filari un uomo canuto in tuta azzurra sembra indifferente a ogni cosa che non sia quel suo mondo. E’ Emidio Pepe. Sofia, la figlia, non smette mai di sorridere, il suo sguardo trasmette la dolcezza e l’amore che prova per quella terra e per quell’uomo che la sta lavorando con tanta passione.

“La mia famiglia ha cominciato a produrre vino nel 1899 su un ettaro e mezzo di vigneto e vendevano il vino sfuso. Poi papà, nel 1964, ha cominciato ad imbottigliarlo come fosse una cosa preziosa perché ci credeva in quei vitigni, sia il Trebbiano che il Montepulciano. Ed ha incominciato a conservare le bottiglie in una epoca, 40 anni fa, nella quale nessuno pensava che il Montepulciano d’Abruzzo o il Trebbiano d’Abruzzo fossero dei vitigni da invecchiamento. Però lui ci credeva ed ogni anno lasciava una piccola riserva lì in cantina. Oggi praticamente ci ritroviamo dei tesori in cantina perché delle annate così invecchiate di Montepulciano e di Trebbiano non ce le ha nessuno.” Questo consente di avere oggi la possibilità di sfogliare le pagine di un libro di storia, la storia di un vino, delle sue stagioni, le pagine sono le bottiglie accatastate con perfezione geometrica nella bella cantina di casa Pepe. “chi vuol conoscere la storia del Montepulciano d’Abruzzo, per esempio 30 anni fa come era questo vitigno? Che sensazioni dava, che emozioni dava? Qui da noi uno lo può fare. Le nostre verticali hanno una profondità di 20-30 annate. È affascinante vedere come cambia questo vitigno negli anni, cioè dopo 10-30-40 anni, come si comporta, i colori come cambiano, i profumi.”
La sua metodologia di lavorazione in vigna e in cantina è assolutamente naturale, la sua filosofia non ammette deroghe, nessun prodotto chimico deve essere utilizzato.
“Per dare un prodotto di qualità, un prodotto che poi invecchi per tutto questo tempo è indispensabile non cambiare nulla nel processo di lavorazione. Perché c’è tanto equilibrio in ogni passaggio ed il fatto che magari uno potrebbe cambiare qualcosa, poi non avrebbe più lo stesso risultato. Quindi è importante seguire sempre la stessa metodologia di lavorazione che è rimasta identica a quella che papà faceva 40-20-10 anni fa”.
Un rispetto della tradizione che è particolarmente forte in vigna. “Abbiamo impiantato dei nuovi vigneti e li abbiamo impiantati a tendone, cosa che non fa più nessuno, ed invece secondo noi, l’uva migliore la da il tendone. Perché, il tendone ha più foglie a contatto con il sole e siccome le foglie sono il motore della vite, secondo papà il tendone è molto meglio del filare.”
E poi bisogna perseguire l’obiettivo di sempre: “Noi vogliamo fare dei vini da invecchiamento e quindi devono avere determinati requisiti.”
Quel piccolo fazzoletto di vigna è ora stato ampliato e Emidio ora può muoversi su una estensione triplicata. Ma la filosofia di allevamento è sempre la stessa: “Non utilizziamo assolutamente fertilizzanti, prodotti chimici, nulla. Infatti la cosa bella è che quando tu vai nei nostri vigneti trovi proprio la vita, ci sono le farfalle, ci sono i lombrichi, ci sono i ragni, a giugno è pieno di lucciole sotto il vigneto. Appunto un vigneto vivo. E’ uno spettacolo. Tu vedi di notte, sotto il vigneto è illuminato dalle lucciole ed è una cosa meravigliosa. La gente quando lo vede dice “ma come io pensavo non esistessero più perché non si vedono più da nessuna parte ed invece è pieno di lucciole”. Questo ti fa capire appunto che il terreno è vivo, la vigna è viva perché tutto quello che dai al terreno la vite lo assorbe. Quindi è importante non dare assolutamente nessun prodotto chimico perché altrimenti come ammazzi la vita che si trova sul terreno, ammazzi anche la vigna e tutto quello che ti può dare, ammazzi i lieviti. Perché noi durante la fermentazione non aggiungiamo i lieviti selezionati? Perché appunto i lieviti l’uva già li produce da sé, stanno tutti intorno alla buccia dell’uva ti danno dei profumi unici che tu hai nel tuo vigneto e nessun’altro ha quei profumi.” 
I profumi, i sapori un tentativo continuo di ottenere nel vino l’espressione della terra. Quando Sofia parla della vigna lo fa con il trasporto di una madre per un figlio. I nuovi vigneti nascono da una selezione massale dei vecchi. “Io e papà siamo andati in vigna, quando dovevamo ancora raccogliere l’uva, abbiamo messo dei nastri rossi nelle viti più belle, quelle che avevano l’uva migliore. Poi quando abbiamo potato l’anno scorso abbiamo raccolto legna da queste viti che avevamo selezionato, le abbiamo portate dal vivaio, le abbiamo fatto fare le barbatelle nuove da queste viti. Quindi tu pensa che sono come dei figli, li abbiamo selezionati noi. E’ una cosa meravigliosa il fatto di avere fra 4-5 anni un vigneto che hai selezionato tu.”
Sofia è da 15 anni che lavora gomito a gomito con Emidio per cercare di apprendere un’arte e di acquisire la stessa sensibilità con la vite e con il vino del padre. Ma anche in cantina ritroviamo la delicata attenzione che abbiamo visto in vigna. La disposizione meticolosa delle bottiglie disegna delle piramidi lungo le pareti arricchendo la vista di colore e movimento. Il lavoro che viene fatto su quelle bottiglie merita di essere raccontato: “Tutte le bottiglie prima di essere messe in commercio vengono stappate e decantate a mano da una bottiglia all’altra per togliere il deposito che c’è sotto. Questo lavoro di decantazione, che avviene in base agli ordini che noi abbiamo, viene fatto da mamma con altre due signore che lavorano ormai da 20 anni qui in azienda con noi, e tutte le mattine stanno lì in cantina a travasare il vino. Ed è una cosa importante perché lì devono controllare il colore, il profumo di ogni bottiglia perché naturalmente tra le bottiglie che stanno lì in cantina per 30-40 anni, può capitare la bottiglia che si rovina, quella che sa di tappo. Ed al momento del travaso vengono tutte selezionate e se necessario scartate. Con la bottiglia successiva viene colmata la bottiglia precedente, si cambia sia la bottiglia che il sughero perché la bottiglia con la quale ha fatto l’invecchiamento rimane con un mezzo bicchiere di vino, dove c’è appunto tutto quanto il deposito, e viene buttata la bottiglia. Quindi quella nuova viene riempita, tappata ed etichettata a mano.”
Il vino non viene mai filtrato, Emidio da sempre sostiene che sono i lieviti presenti nel deposito che fa invecchiare bene il vino e  allora si guarda bene dal rimuoverlo attraverso una filtrazione. La stessa decantazione a mano continua a lasciare nel vino una parte di lieviti che assicura al vino di continuare a vivere.
In cantina viene portata solo uva perfettamente sana che viene raccolta a mano selezionando i grappoli. L’uva bianca viene pigiata con i piedi e l’uva rossa viene diraspata a mano. La fermentazione del Montepulciano avviene nelle vasche di cemento vetrificate e stanno lì a fermentare per 8-10-12 giorni, dipende poi dalla stagione. Durante la fermentazione non viene fatto alcun rimontaggio. “Perché il vino deve fermentare tranquillo, è il momento più importante della sua vita e quindi deve stare tranquillo”. Questo è possibile grazie  alle vasche di cemento che sono coniche, in questo modo tutte le bucce rimangono immerse nel mosto.
Poi viene svinato e in ogni botte viene rimessa la sua torcitura “perché sta anche lì l’equilibrio del vino che poi riesce ad invecchiare”. Poi rimane a riposare per due anni nelle vasche di cemento. I travasi sono al massimo due, perché sostiene Emidio fissandoti con il suo sguardo acuto: “Tu lo travasi una volta e al vino gli togli il cappotto” Perché ogni travaso lascia sulla superficie della botte un piccolo strato di lieviti, insomma una piccola parte di sé stesso. “Poi lo travasi un’altra volta e gli togli la “giacchetta, la giacca”, lo travasi ancora e gli togli la “maglia”, alla fine lo lasci in canottiera e quello non riesce più ad andare avanti. Quindi tu non gli devi fare tutti questi travasi perché ad ogni travaso gli togli una piccola parte di sé stesso. Invece lasciandolo così integro, cioè lui sta bello corazzato, bello coperto per poter affrontare la maturità e soprattutto l’invecchiamento”.
Dare al vino la capacità di invecchiare bene è la grande sfida che Emidio ha raccolto 40 anni fa quando ha iniziato ad accatastare queste bottiglie e gli dicevano che faceva dei castelli di carta, cioè che il vino non avrebbe retto al passare del tempo. Ora con un sorriso che gli illumina gli occhi chiari afferma non senza una punta di orgoglio “io invece dei castelli di carta, come mi dicevano 40 anni fa, ho fatto i castelli di bottiglie di vino”.

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