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Guido Tariciotti

 

Un incontro piacevolissimo quello con Guido Tariciotti. Il sorriso non si spegne mai dal suo viso. Un uomo capace di trasmettere emozione e passione per le cose che fa. La sua storia nel mondo del vino dimostra che alla base di tutto ci deve essere passione e determinazione. Guido possiede ambedue questi due ingredienti fondamentali al massimo livello. Ha creduto in una avventura nuova per lui, ha raccolto la sfida, si è incamminato con umiltà ma con le idee chiarissime. E’ riuscito a fare vini di altissimo livello, cogliendo l’animo e le potenzialità di una terra selvaggia e meravigliosa, dove dominano il vento e i profumi della natura: Pantelleria.

Guido raccontami come nasce questa storia

 

La primissima storia dell’azienda nasce dalla volontà di avere una casa al mare, quindi un viaggio a Pantelleria per passare un Capodanno. Banalmente uno dice “è stregato dall’isola”, ma è vero anche perché era un momento, tra l’altro, in cui il clima era veramente allucinante, in pieno inverno, pioggia tutti i giorni, ma l’isola trasmette veramente qualcosa di particolare , perlomeno a chi lo vuole trasmettere ed a chi lo vuole recepire. Noi eravamo forse nella condizione di recepire quello che l’isola ci voleva dire. Siamo tornati con un cartello “vendesi” di una proprietà che abbiamo voluto ad ogni costo. L’abbiamo voluta e già nell’estate successiva eravamo in grado di abitarci.

 

In che anno siamo?

 

Siamo nel ’95-96. L’anno successivo  eravamo in grado di abitare questa magnifica casa al mare ed avevamo un bellissimo terreno intorno, completamente incolto. Era un vecchio vigneto oramai in disuso, l’ ho recuperato al 100%. Era una delle zone classiche dell’isola, una delle zone considerata tra le migliori per quanto riguarda la produzione delle uve e del vino poi , ma delle uve sicuramente in quel momento. Quindi ho recuperato questo vigneto con l’idea di fare esclusivamente un prodotto che fosse per me e per gli amici sfidando quella che era l’idea comune che dallo zibibbo non si potesse fare un vino bianco secco. Non ho cominciato con il passito, ho cominciato con il vino bianco perché credevo che da questo luogo potesse uscire proprio un grande bianco. A Pantelleria in quel momento nessuno vinificava lo zibibbo in bianco. Ho fatto questa prima vinificazione ed il risultato è stato eccellente. Un vino aromatico, corposo, per nulla squilibrato  , con un carattere veramente molto forte. Per l’anno successivo a quel punto ho deciso di creare una piccola azienda che facesse un prodotto da commercializzare.

 

Che dimensioni ha la vigna?

 

Il terreno sono due ettari e quindi in quel primo anno mi sono avvalso della produzione di questi primi due ettari. Successivamente poi ho fatto  degli accordi con i produttori ed ho in affitto circa 10 ettari di terreno. Sono già sette anni oramai che ho un rapporto splendido con queste persone, io pretendo che iterreni vengano coltivati in un certo modo, loro dopo i primi anni hanno cominciato ad avere fiducia anche perché poi i risultati mi davano ragione e per cui si fidano ciecamente, io gli garantisco il reddito massimo che possono aspettarsi da quell’appezzamento di terra, pagando le uve poco di più di quello che è il prezzo massimo del mercato. In compenso loro fanno quello che consiglio per quanto riguarda la coltivazione, sono con me nella raccolta delle uve, la decidiamo insieme. Oramai, c’è un rapporto di collaborazione forte con queste persone. Quando ho deciso di fare l’azienda ho dovuto cercarmi un enologo e secondo me mi sono scelto il migliore. Antonio D’Aietti è un grande, è un po’ il consulente di tutti nell’isola ed ho apprezzato, negli anni, la sua profonda conoscenza dell’uva zibibbo. Possono arrivare anche i grandi enologi a Pantelleria, e sono arrivati, hanno tentato di fare delle cose e hanno fatto anche delle cose buone, però la capacità che ha Antonio di prevedere, nel senso vero della parola, l’evoluzione del prodotto, una volta che è in cantina, è incredibile. Io sono rimasto affascinato su delle partite di vino che mi lasciavano un po’ perplesso all’inizio, anche perché non conoscevo assolutamente lo zibibbo e come si comportava. Lui è stato in grado di dirmi come sarebbe diventato quel prodotto dopo sei mesi o dopo un anno. Ecco ho imparato veramente tantissimo da lui, ci divertiamo insieme a condurre questa cosa.

 

Hai dovuto costruire anche una cantina

 

Ho messo in piedi una cantina. Infatti tutti credono che io mi appoggi ad altre strutture. No, ho una cantina seria, piccola, ma corretta, ovviamente climatizzata, tutte le vasche sono termoregolate e per quanto riguarda il bianco, tutta la lavorazione in acciaio e a bassa temperatura. Ho oramai un processo di vinificazione codificato, una ricetta che ormai affino  negli anni, ma che è sempre quella. Che parte proprio dalla cura del prodotto sulla vigna e in cantina cioè le cose che sembrano banali perché tutti le raccontano. Io però le racconto e cerco anche di farle

 

Allora partiamo dalle uve.

 

Io ho la fortuna di prendere le uve a sud dell’isola da un’altezza di 80 m sul livello del mare poi salgo su fino a 650 m di quota. Quella parte dell’isola ha un clima particolare che non consente lo sviluppo di una serie di patologie  per le uve. Non dico che è un vino biologico il mio, perché non è neanche certificato, però in effetti non subisce trattamenti. Quindi estrema cura nella vigna. Quando si è trattato di diradare le uve  un anno, nel 2002, dopo un periodo di siccità pazzesca  per la quale stentavano  a maturare, mi sono scontrato un po’ con  i contadini, i proprietari perché non volevano operare il diradamento. Ho risolto dicendo “ok, secondo te quanta uva c’è in questa vigna? Ce ne stanno 30 q ed io te li pago tutti e 30. Poi se me ne dai 10, non ti preoccupare”. E’ vero che ho pagato di più, però lo hanno fatto, hanno visto i risultati ed oggi quando gli dico “attenzione facciamo un piccolo diradamento perché la situazione è tale che altrimenti non arriverebbe a maturazione in maniera ottimale” lo fanno senza problemi perché hanno un rapporto di fiducia strettissimo. Quindi uve molto curate sulla vigna. Nel momento in cui decidiamo la raccolta, mi devono portare le uve la mattina molto presto, non è uno scherzo perché le temperature a Pantelleria arrivano anche a 40°. Lavorare un prodotto che ti arriva nel pomeriggio con 35-40°, è una follia assoluta. Con condizioni così estreme la fermentazione non si controlla, una volta pigiata poi  può partire di tutto e non fai in tempo a raffreddarla. Per cui la  vendemmia è al mattino molto presto e il trasporto dentro delle cassette in maniera che non si rovini.  Viene pigiata ed abbattuta immediatamente la temperatura a 14°. Quindi macerazione per 24-48 ore, dipende dalla tipologia di uve, grado zuccherino, da vari fattori però andiamo dalle 24 alle 48 ore sulle bucce si pigia in maniera soffice, si porta la temperatura a 17°, continua la fermentazione per circa 20 giorni. Dopo di che operiamo una sfecciatura e quello è già un vino che ha raggiunto il grado alcolico ottimale e la massima riduzione degli zuccheri . Seguono prima di Natale un paio di sfecciature.

 

Il bianco rimane in acciaio.

 

Sempre in acciaio. Dopo Natale resta per quasi un altro anno in vasca d’acciaio, con un batonage mensile, ogni mese viene completamente rimescolato, questo consente una maturazione ottimale del prodotto, una non ossidazione, che è uno dei problemi dello zibibbo. Si ossida facilmente e a detta degli enologi e degli esperti che sentono il mio, sembra essere uno dei vini più puliti che circolano.

 

Tu hai queste vigne che maturano a tempi diversi oppure ti consente di fare comunque la vendemmia continua?

 

Le uve per il passito vengono raccolte  nelle vigne di Nicà e di Salto della Vecchia nell’ ultima settimana di luglio ed immeditamente vengono stese per l’ appassimento in pieno sole

 

Fino a quando?

 

Per circa 20 giorni. Esattamente quando inizio la vendemmia su tutto il resto. È ovvio che io ho dei gradi di maturazione diversa delle uve, però mi fa gioco. Le uve che sono nei terrreni prospicenti il mare alla fine di agosto raggiungono i 22/24 babo mentre quelle dei terreni  della “cuddia” a 650 metri raggiungono mediamente i 18 babo

 

Quindi nell’assemblaggio

 

Nell’assemblaggio si crea l’equilibrio perché ho un prodotto che ha gli zuccheri che mi consentono di arrivare a circa 14° di alcol, non solo, ma ho l’acidità  delle uve che non erano a completa maturazione

 

Quelle della parte alta?

 

Esattamente. Ottengo in questo modo un prodotto corposo, aromatico, fresco e longevo.

 

Una curiosità è questa. La decisione di quando vendemmiare la prendi sulla maturazione del prodotto nella parte più bassa del vigneto?

 

No, sulla media. Considera che, a parte  le uve che raccolgo alla fine di luglio, per le quali è abbastanza semplice se gradano 22, ok va bene, si raccolgono. Per il resto invece c’è tutto un lavoro, per almeno una settimana mi faccio un monitoraggio giornaliero. Parto dalla vigna più bassa ed arrivo a quella più alta, ogni giorno vado a vedere come si comporta l’aumento della concentrazione di zuccheri. Quindi non raccolgo mai prima che l’ultima vigna non abbia superato i 18 perché raccogliere prima significa avere qualche problema poi di cose strane nel vino. Quindi mediamente ho 18-19 nella vigna più alta e 22-24 nella vigna più bassa. Questo è quello che faccio in vigna per le uve destinate alla produzione del bianco.
In cantina le uve vengono lavorate con tutte le attenzioni già dette non faccio uso di lieviti selezionati e lavoro solo con il freddo per il controllo della fermentazione.

 

Per controllare in qualche modo il turbinio

 

Esattamente. Diminuisce la riduzione degli zuccheri? Aumento la temperatura. C’è una riduzione degli zuccheri molto veloce? Abbasso la temperatura. L’unico, banale meccanismo che utilizzo. Da lì in poi la vita del bianco l’ ho già raccontata: 24-48 ore sulle bucce, spremitura soffice, sfecciatura dopo 20 giorni, altre due sfecciature prima di Natale, un anno in vasca di acciaio sulle fecce nobili con batonage mensili, stabilizzazione a –8 per circa 15 giorni, messa in bottiglia e dopo 4 mesi in commercio.

 

Con il Passito sei partito più tardi rispetto al bianco

 

Sì è stato nel 1999 che ho fatto.il primo prodotto in piccola quantità. E’  stata una specie di sfida perché ho detto “ok, il bianco abbiamo più o meno capito che lo possiamo fare ora cimentiamoci con il passito. La mia è stata veramente una sfida perché parlando del Passito giù a Pantelleria mi sono detto “sarà facile adesso trovare qualcuno che mi dica come farlo, fanno tutti Passito”, ed ho incominciato a chiedere. Ho chiesto ai contadini, alle cantine e mi hanno dato ognuno una ricetta diversa ed ho detto “non è possibile”, eppure ognuno aveva una sua ricetta

 

Magari dal nonno, dal padre……

 

Sì, alcune corrette, altre non corrette, ma comunque sia ognuno aveva un suo modo di fare e di interpretare il Passito ed a quel punto è scattata la molla pure a me, “ci voglio provare anch’io”. È vero che ho mediato all’inizio e quindi delle tante ricette che mi erano state raccontate, ho cercato di capire quella che più si avvicinasse al mio modo di pensare.
Ho provato ed anche lì ho avuto la fortuna di iniziare con una ricetta che, tutto sommato, era una ricetta corretta . Questo al di là dell’appassimento. Io faccio un appassimento naturale in pieno sole e su battuto di tufo. Non utilizzo coperture fisse ne tantomeno faccio appassimenti forzati con l’ ausilio di forni.

 

Come mai hai scelto questa soluzione?

 

La scelta del battuto di tufo del vecchio stenditoio all’inizio è stata diciamo una scelta per essere in linea con la tradizione. Poi invece ha assunto una connotazione anche, tra virgolette, scientifica perché intanto il battuto di tufo è una malta di calce spenta e pietra pomice, un ambiente fortemente basico che neutralizza anche quella goccia di mosto che dovesse cadere dagli acini e quindi ha una sua ragione in questo senso. È un substrato bianco, non assorbe moltissimo calore ed impedisce che le uve si cuociano, che è uno dei problemi. È vero che se le poggio su qualcosa di scuro la temperatura aumenta, appassiscono più velocemente, però mi perdo un’infinità di aromi e vado a cuocere tanti componenti. Non solo, un’altra cosa è uscita fuori dall’analisi che è stata fatta da uno studio, che ha analizzato le uve passe in giro per l’isola. Le ha prese dai tunnel, le ha prese dai cannizzati e le ha prese anche dal mio battuto di tufo. Il risultato, che mi hanno comunicato, è che nelle mie non c’era formazione di muffe strane.

 

Una bella conferma di una scelta.

 

Praticamente all’aria aperta, non si crea il microclima che consente alle ocratossine di crescere, di proliferare e quindi continuo così. È vero che è un rischio, una fatica perché se dovesse piovere un pochino, corri, vai, copri, riscopri, rifai, cioè è proprio una pazzia questo tipo di lavorazione. È un rischio nel momento in cui dovesse piovere, ed è capitato su una partita di uva che all’inizio di settembre era ancora lì stesa, ha piovuto per due giorni consecutivi ed è stata buttata. Ho perso qualche migliaio di euro di prodotto ma fortunatamente era solo una coda , però potrebbe accadere anche su tutta la produzione e sarebbe un grandissimo disastro. E’ un rischio che corro volentieri perché poi i risultati ci sono. Io voglio dire che è buono sicuramente ed è anche riconosciuto come un ottimo prodotto, sicuramentediverso, questo senz’altro. È un prodotto che a me piace, è il prodotto che voglio fare.

 

A mio parere non stanca, ha questa piacevolezza che non è mai stucchevole, questo dolce che è però mai aggressivo

 

Infatti è uno dei Passiti che ha la concentrazione di zuccheri maggiore però è anche uno dei Passiti che ha un’acidità  superiore a 6 . Questa acidità sommata all’ alcol dona al prodotto freschezza ed equilibrio.

 

Mi dicevi che la raccolta dell’uva che diventerà passito è la prima che fai

 

Sì le uve le raccogliamo, come abbiamo detto, alla fine  di luglio, vengono stese al sole senza nessuna copertura, c’è soltanto una copertura diciamo di soccorso dietro lo stenditoio di battuto di tufo che viene utilizzata per proteggere dalla pioggia vera. Quindi non vengono coperte neanche durante la notte. Grazie a Dio non c’è un’umidità importante che cade durante la notte e comunque stando sul battuto di tufo quella poca umidità viene anche assorbita dal substrato dove viene appoggiata l’uva.
Dopo l’appassimento per circa venti giorni, viene “alzata”, si dice così  a Pantelleria, quindi viene raccolta  dallo stenditoio, viene diraspata a mano. Anche questo non è un modo di dire, ma realmente tante donne si devono mettere lì, perché di solito sono le donne che si dedicano a questo lavoro. Quindi vengono diraspate a mano, il chicco viene schiacciato dolcemente da una pigiatrice con rulli di gomma che non maltrattano in maniera particolare l’ acino. Viene messa in infusione con il mosto fiore della giornata ed inizia la fermentazione. Viene portata a 18° di temperatura in vasca d’acciaio ed inizia la fermentazione.

 

Tu utilizzi il mosto di zibibbo per fare il bianco?

 

Esattamente. Ecco pigio l’uva fresca, separo il mosto e lo utilizzo per l’infusione di uva passa

 

E poi fa partire la fermentazione?

 

Parte immediatamente perché il mosto parte per conto suo

 

Con gli zuccheri a disposizione …

 

Ma non li trova subito. È ovvio che l’enorme concentrazione di zuccheri potrebbe impedire la partenza della fermentazione. Io  vado a mettere un’uva passa che, prima di rilasciare gli zuccheri che ha impiega qualche giorno. Non accade che la concentrazione degli zuccheri si inpenni velocemente. Mentre gli zuccheri del mosto si riducono vengono estratti quelli dell’ uva passa e giocando con la temperatura si impedisce che il processo di fermentazione si blocchi. La fermentazione si ferma quando l’ alcol arriva intorno ai 15° con un residuo di zuccheri intorno ai 170 grammi. Non è cosi scontato che tutto questo accada, però fino ad oggi è accaduto.
Per 15/18 giorni rimontaggi quotidiani, poi una pressatura soffice, varie sfecciature fino a Natale e un anno in vasca d’ acciaio con batonage mensile. Dopo questo periodo viene trasferito in tonneau di rovere francese  di primo, secondo e terzo passaggio e qui resta per otto mesi, poi viene stabilizzato a freddo e imbottigliato. Rimane in bottiglia qattro mesi prima di essere commercializzato.

 

Interessante l’uso del tonneau

 

Sì, secondo me è la scelta ideale, poi alla fine ognuno ha una sua visione

 

Lo ammorbidisce un poco?

 

Lo equilibra, gli da un equilibrio tutto suo. Elimina un po’ la spigolosità che è data dagli zuccheri che sono esuberanti perché parliamo di 160 grammi di zucchero residuo, quin qualcosa di veramente importante. Gli da un tocco di eleganza in più a questo prodotto senza snaturarlo.

 

Poi invece c’è questo Moscato che improvvisamente appare, è vero che nasce così quasi per caso?

 

Sì, questo è veramente nato per caso perché il Moscato  a Pantelleria è sempre stato quasi un sottopassito. Perlomeno tutti i Moscati che ho sentito  non mi hanno mai fatto impazzire in maniera particolare. Erano dei Passiti un po’ più leggeri, un po’ più tenui, ma esattamente con gli stessi sentori ed è per questo che io non l’ho voluto mai fare. Quest’anno è capitato che un contadino, che mi ha sempre portato le uve, è arrivato in cantina in ritardo e mi ha detto “guarda, io purtroppo ho avuto problemi, ho la vigna che la devo ancora vendemmiare però il prodotto è andato”. Ed io “che significa andato?” E lui “è un po’ appassito”

 

Un appassimento in pianta

 

No, non un appassimento vero e proprio diciamo una surmaturazione. Sono andato a vedere questa vigna e c’era un’uva splendida, completamente dorata, alcuni grappoli leggermente appassiti. Io ho raccolto questo prodotto, naturalmente non con l’idea di farci un bianco perché sicuramente non sarebbe stato adatto per il bianco. Ho pensato che poteva essere un prodotto da utilizzare per la fermentazione del Passito. Poi mentre pigiavo quest’uva c’erano dei profumi intensissimi, era ancora fresco e l’ho vinificato a parte, ho detto “vediamo che cosa succede”.

 

Questo l’anno scorso?

 

Sì, l’anno scorso, il 2005 e quindi l’ultima vendemmia. Una grandissima carica di zuccheri. A Pantelleria nel bene o nel male, se uno vuole, può arrivare oltre i 26 babo senza tanti problemi. . È stata la bontà del prodotto che appunto mi ha fatto pensare che potevo ricavarci qualcosa di diverso e così immediatamente ho pensato ad un Moscato. Era sicuramente un prodotto che non avrebbe ridotto gli zuccheri completamente, per la gran quantità . Se tutto avesse funzionato bene, avrei avuto un prodotto con una buona gradazione alcolica sicuramente, ma che poi avrebbe avuto un residuo zuccherino importante. Fortunatamente le cose sono andate bene, gli zuccheri si sono ridotti tanto da darmi 13.5° di alcol con un residuo zuccherino di 115 grammi A me è andata benissimo ed ho ottenuto un Moscato naturale da vendemmia tardiva, piacevolissimo. È un vino diverso ovviamente dal Passito con un utilizzo completamente diverso. La sua collocazione è come aperitivo, per accompagnare la frutta o con la pasticceria secca.

 

Quindi adesso l’idea è anche su questa linea?

 

Sicuramente. Ci sono due o tre terreni che possono tranquillamente ogni anno darmi la materia prima per poter fare il Moscato.. Volevo vedere anche a livello commerciale che tipo di ritorno o di riscontro ci potesse essere perché al di là del dire “mi piace il prodotto”, poi comunque se lo devono comprare. Siccome che lo stanno comprando moltissimo, quindi è un prodotto che va, e proprio per la sua diversità da tutti i Moscati che normalmente vediamo in circolazione. Ha una  sua originalità, di vendemmie tardive se ne fanno in mezzo mondo, però  a Pantelleria questa tipologia di prodotto non c’era, a me piace, ha avuto un ottimo riscontro commerciale e quindi continuerò.

 

Tu sei riuscito a concentrare i profumi dell’isola nei tuoi vini.

 

Nessuno si inventa niente nel senso che poi alla fine è lo sforzo di qualsiasi produttore, almeno del produttore attento, e cioè quello di ricreare nel prodotto, di trasferirci quelli che sono appunto i valori del territorio. I valori sono soprattutto la natura stessa che il territorio esprime. Pantelleria in questo è grandiosa, è un concentrato di tutto e qualsiasi cosa a Pantelleria è esagerata, tu vuoi il rosmarino, quello di Pantelleria è più profumato, l’origano è più profumato, i capperi non ne parliamo. Cioè qualsiasi cosa è veramente esuberante ed è esuberante per tutto l’anno, non c’è stagione a Pantelleria dove la natura non ti esplode sotto in inverno come in estate. È ovvio che uno cerca di trasferire, nel prodotto che ama, tutto questo riuscendoci più o meno. Considerando poi che il vino non è un prodotto semplice, considerando che ogni anno è diverso. Il mio scopo è stato proprio questo e cioè di dire “Pantelleria è così ricca, così diversa, ti cambia costantemente davanti, è sempre diversa ed è sempre grandissima”, ed io ho cercato di farlo alla stessa maniera. Per esempio, non uso lieviti selezionati e non usandoli mi trovo ogni anno ad avere la sorpresa del vino che sarà. Quindi ogni anno ci saranno gli stessi caratteri varietali e sicuramente sempre un Moscato, sicuramente sempre uno Zibibbo, sicuramente ci sarà la salinità però poi c’è la sorpresa di quello che ci troverai. Un anno ci trovi le spezie in maniera esagerata, un anno ci sono i fiori che ti esplodono nel bicchiere, l’anno successivo c’è la frutta oppure nello stesso anno ci puoi trovare un po’ di tutto. Ecco questa cosa, nel mio piccolo, sono riuscito ad ottenerla. Tante volte la cosa che mi accennavi, ogni tanto dal bicchiere sento delle cose e tante le individuo, questa è la salvia questa è la zagara e poi ci sono tantissime sensazioni che molto spesso sono piacevoli, interessanti.

 

A volte difficili da isolare e da riconoscere

 

E lì dici “ma cosa saranno mai?”. Un giorno sono andato a funghi, alla montagna grande, circa  800 m, a Pantelleria ed eravamo all’inizio dell’estate. Una giornata magnifica, bellissima, un bosco di un intricato pazzesco ed anche lì Pantelleria è esagerata, il bosco a Pantelleria è veramente intricato, ma un’esplosione di profumi veramente paurosa dal sottobosco, dagli alberi, da tutto. Lì ho riconosciuto le cose che avevo nel vino e che non conoscevo. Cioè io ho risentito tantissimi di quei sentori che non riuscivo ad individuare, che erano l’arbusto, che erano il fiore selvatico. Ho telefonato a Salvatore Murana che mi onora della sua amicizia e gli ho detto “ho scoperto quello che sta nel mio vino, nel mio vino c’è la montagna grande con tutta la sua natura”.

 


CASE DI PIETRA srl
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I PRODOTTI

 

ZIBIBBO DOC
di Pantelleria

 

Lo Zibibbo di Sicilia Nikà è un vino dallo spiccato carattere, con un gusto forte e deciso.
La vendemmia cade solitamente nell'ultima settimana di agosto, in leggero anticipo rispetto ad una completa maturazione, in modo da preservare un buon tenore di acidità delle uve.
La raccolta avviene nelle primissime ore del mattino in modo da far arrivare le uve in cantina alla giusta temperatura.
Il Nikà è particolarmente indicato per i frutti di mare e i piatti di pesce, per le carni bianche ed i formaggi freschi o di modesta stagionatura.
Si presenta con un colore giallo paglierino, con riflessi verdognoli, e si caratterizza per il suo aroma ampio, corposo e di ottima struttura. Le note aromatiche e l'anima di questo vino evocano la terra, il sole ed il mare di Pantelleria, garantendogli una spiccata personalità mediterranea.

 

PRODOTTO: vino bianco prodotto da uve Zibibbo selezionate e vinificate a temperatura controllata.

 

CARATTERISTICHE: colore giallo paglierino, con rifessi verdognoli. Aroma ampio, corposo e solare, di ottima struttura. Alcool 14° vol. Temperatura di servizio tra i 12° e i 14°

 

PASSITO DOC
di Pantelleria

 

Il Passito di Pantelleria è prodotto esclusivamente da uve zibibbo (moscato di Alessandria), secondo la più antica tradizione pantesca.
Le uve vengono raccolte nella prima settimana di agosto per essere poi selezionate e trasportate con grande cura ed attenzione sugli stenditoi di "battuto di tufo".
Dopo circa 20 giorni, quando la loro massa si è ridotta, vengono "alzate", schiacciate dolcemente e messe a fermentare con l'aggiunta di mosto fiore di zibibbo. Successivamente il mosto viene separato dalla vinaccia e periodicamente travasato, fino al suo trasferimento in barrique per un affinamento che armonizza profumi e sapori.
Il passito di Pantelleria è un vino unico, da abbinare a fois gras, ai formaggi importanti e ai dolci.

 

PRODOTTO: vino ottenuto dall'appassimento delle uve Zibibbo, raccolte nella prima settimana di agosto.

 

CARATTERISTICHE: colore giallo dorato con riflessi ambrati. Bouquet intenso e solare, complesso da cui emergono l'uva passa,
il dattero, l'arancia candita, il fico secco, l'albicocca, la salvia e il mirto. Alcool 14,5° vol. Temperatura di servizio tra i 14°.

 

MOSCATO DOC
Di Pantelleria

 

Le uve per il moscato NIKA’ vengono dai poderi di Nicà e Salto della Vecchia zone tra le più vocate dell’ isola ed esposte a sud. La raccolta avviene all’ inizio di settembre quando le uve sono surmature con un grado babo superiore a 26. La fermentazione a freddo sulle bucce dura 72 ore e dopo una pressatura soffice rimane in vasca d’ acciaio con sfecciature successive e batonage mensile.Dopo otto mesi viene stabilizato e messo in bottiglia ed è pronto per la commercializzazione.

 

CARATTERISTICHE: colore giallo dorato intenso. Aroma ampio solare ricco di sentori di fiori di erbe aromatiche e di frutta come mela ed ananas. Alcol 13,5° vol
Temperatura di servizio intorno ai 10°

 

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