Nel racconto che farà della sua cucina, questi concetti torneranno spesso, espressi con una convinzione e con una passione che lo collocano fra i migliori cultori della qualità nel mondo della cucina italiana. La valorizzazione dei prodotti “poveri” e il radicamento alla tradizione della terra che lo ha accolto tanti anni fa, lo rendono un punto di riferimento certo per tutti coloro che amano scoprire o riscoprire l’essenza stessa del cibo e del mangiare bene.
Gaetano la cucina è piacere.
Ogni piacere ha bisogno di stimoli continui. L’amore parte dallo stomaco, quindi dal cibo, da come si nutre e da come si alimenta, è il motore, la macchina dell’uomo.
Seguendo questo tuo ragionamento questo piacere, credo che non debba mai rimanere in superficie, ma che debba invece entrare nel profondo attraverso la consapevolezza di cosa c’è dietro quel piacere. Per cui quello che ti chiedo di raccontarmi di te, della tua storia, della tua filosofia di cucina, del tuo approccio al piatto
Generalmente io ogni anno ho una tematica ed un filo conduttore che parte ovviamente dalla ricerca, quindi da prodotti di qualità che sono la base fondamentale per poter poi trasformare e dare delle emozioni ed emozionarmi personalmente quando appunto assemblo o cucino o metto assieme degli ingredienti. La ricerca è fondata sulla qualità. Prima di tutto lascio spazio al territorio, quindi alle varie aziendine piccole, che qualcuno dice che purtroppo sul grande mercato non hanno la forza di stare, ma io dico per fortuna. Per fortuna perché chiaramente devi tu andarle a scovare per poi dare un’esclusività al consumatore finale che magari non potrebbe mai cogliere. La mia filosofia di cucina si fonda nella ricerca del territorio, quindi delle varie situazioni e delle varie zone. Per farti un esempio, sulla costa io ho degli agganci interessanti dal pescato dell’asta di Piombino a quello di Porto S. Stefano e qualcosa di S. Vincenzo. Quindi ho un sacco di amici che riescono approvvigionarmi di prodotti ancora nostrani, quindi di grande gusto e di grande sapore. Poi sposati con i legumi del territorio Chiantigiano. Nel Casentino abbiamo questo fagiolo Zolfino, che è un IGP, a Sorana abbiamo il fagiolo di Sorana che anche quello è un IGP, il farro della Garfagnana, il lardo di Colonnata, quindi insomma il territorio esplode e nella tavola nel susseguirsi dell’andamento stagionale. E’ chiaro che nel pesce il discorso fondamentale è cercare di seguire l’andamento stagionale. Quindi se in una stagione c’è il passaggio dei branzini o delle orate o dei dentici imperiali, utilizziamo quelli e lo stesso è con i crostacei che sono sempre più rari quelli buoni. E’ quindi interessante avere gli scampi di Porto S. Stefano o il gambero rosso di San Remo, quello più famoso e più interessante, o quello che troviamo anche sulla zona nostra, sull’Argentario, per poi scendere anche giù in Sicilia nella zona di Mazara del Vallo che sono famosissimi. Questa è una condizione perfetta, sposare questi ingredienti con altri tipici del Mediterraneo, quindi l’olio, le arance, che dire in questa stagione mi vengono le arance, gli agrumi, i finocchi, etc. Quindi ne viene fuori una sinergia sia nella marinatura di un prodotto, nella cottura, quindi assemblaggi di due, tre preparazioni che vengano fuori serviti. Io mi emoziono a prepararli perché ho una materia fresca e interessantissima ed il cliente ha la possibilità di poter assaporare e gustare in più preparazioni queste materie prime, ecco questo è il concetto principale.
Questo ovviamente vale anche per la carne.
E’ chiaro che poi non posso tralasciare oggi, dato che è tornata la Chianina alla ribalta, neppure le carni perché proprio in questo periodo lavoro con un paio di macellai doc, nel senso che selezionano dall’allevamento al macello e poi alla frollatura. Quindi ho una qualità costante perché riusciamo appunto a trovare una perfezione nella frollatura delle carni e soprattutto poter offrire al consumatore i vari tagli e le varie cotture. Quindi se c’è un filetto di Chianina preparato con una tartara in modo particolare abbinato a dei prodotti sempre stagionali. Assieme a un taglio che poi è il controfiletto entrecote se vogliamo, con una salsa chiantigiana quindi un fondo bruno delle proprie ossa. Delle ossa dell’entrecote abbinate ad un vino Sangiovese e poi il brasato a cottura lenta. Quindi abbiamo una sinergia di tre preparazioni serviti in contemporanea. Questo è interessante perché il consumatore può verificare il lavoro che c’è dietro e l’emozione che poi viene trasmessa con i piatti.
Tu tieni sempre con grande considerazione la cucina tradizionale
Sai io mi trovo in una zona turistica, cioè tra Siena e Firenze, i miei consumatori in generale sono sempre in campo internazionale e nazionale. E’ chiaro che il toscano non mi mangia la ribollita però c’è qualcuno che dice “eh, non la fa più nessuno in casa, prima la faceva la nonna etc.” Oggi con i tempi non ci siamo e quindi non ce la fanno a farla perché non c’è più tempo, tutto di corsa. Soprattutto fatta in tre preparazioni, non c’è quella fretta, quella un pochino contemporanea con una spuma di cavolo nero e quella assemblata per poi esaltare sia i gusti che i colori rispetto a quella tradizionale. Quindi rispetto per le materie prime innanzitutto che vado a trattare e quindi le tre sinergie anche lì si incontrano e sono piacevolissime.
L’attenzione per l’aspetto cromatico dei piatti ti ha sempre contraddistinto. Come nasce questa attenzione?
Io sono un esteta per natura, quindi praticamente un perfezionista, un pignolo e quindi non potrei vedere una cosa sbiadita o scolorita. Quindi la tematica, l’attenzione nelle cotture, far fissare la clorofilla, con il rigore nelle cotture. Per farti un esempio, le ribollite venivano messe su un soffritto di fagioli, pomodori, cavolo nero e tutto assieme si fa cuocere. Poi si versa con il pane casereccio raffermo, si lascia riposare ed il giorno dopo si fa ribollire e capisci che tutto viene ossidato.
Tutto assume un colore marrone scuro. Cosa ho pensato? Ho pensato di creare il soffritto separato e poi abbatterlo, cioè fissare il colore perché non vada avanti il tutto e poi assemblare le verdure cotte separatamente al momento del servizio. Quindi una tematica simpatica per quanto riguarda il colore, quindi io vedo i fagioli bianchi etc.
Ogni ingrediente rimane con il suo colore
Assolutamente e questo è chiaro che, per quanto mi riguarda, per il servizio di ristorante, il gusto e queste cose così sono eccezionali, questo è importantissimo. Io praticamente cosa faccio? Metto assieme le verdure al momento che devo servirle, quindi l’assemblaggio avviene ancora in pentola di rame in modo che i sapori non fanno in tempo ad ossidarsi.
Perché sono subito a tavola?
Sì, questo è il concetto principale del colore.
Nello stesso momento apprezzi il sapore di ognuno degli ingredienti, senza avere un unico uniforme sapore come succede abitualmente.
Certo, ma generalmente anche in altri piatti, in altre preparazioni tendo a fare cotture a se stanti e poi assemblarle nel piatto in modo che nulla prevarichi, non ci siano delle mescolanze e quindi che non ci sia confusione. Invece tu riesci a sentire il tuo lardo, il tuo gambero, il tuo fagiolo, etc. questo è importantissimo.
Quindi senti, tornando un attimo indietro, tu sei andato proprio sul territorio a cercare questi prodotti.
Assolutamente, io ho un paio di aziende biologiche, addirittura qui una a Serre di Vaporano che appunto fa farine, fa cereali, fa legumi e quindi lì è mi approvvigiono per quanto riguarda le basi. Poi ho un carinissimo approccio con il Presidente del fagiolo di Sorana ed anche lì a Sorana ce ne sono quei 10-12 produttori che sono assieme e che formano questo piccolo consorzio di IGP della tutela del fagiolo di Sorana. Però ci sono alcuni produttori che sono privilegiati per l’esposizione, non dovuta solamente all’altitudine del piccolo borgo di Sorana oppure al discorso del terreno poco calcareo ed al terreno annaffiato con acqua pura, di sorgente e quindi cosa succede? Che chiaramente il fagiolo cresce quasi senza una pellicina, quindi senza una buccia ruvida.
Sai è scocciante avere queste bucce di fagioli in bocca va bene che con l’alta cucina tutto si passa però a me piace far sentire anche le consistenze. Questo è anche un altro aspetto.
Io parto da questi principi, dopo di che è chiaro che a me piace fare delle piccole provocazioni, cercando di stimolare attraverso la comprensione i gusti del consumatore finale che è abbastanza preparato perché a casa mangia cose buone e genuine. Poi non dimenticare che c’è una cultura mediterranea in tutto il campo nazionale e quindi forse il gusto più semplice prevale. E’ chiaro che dare delle alternative e dare un’educazione improntata sulle consistenze, quindi il caldo, il freddo, il morbido, il croccante in un piatto comincia a suscitare curiosità e questo è un altro aspetto della mia filosofia. Noi siamo fortunati perché abbiamo la possibilità di cogliere durante le stagioni, le varie stagionalità ed i prodotti più interessanti. Volendo partire dalla Val D’Aosta fino alla Sicilia abbiamo migliaia e milioni di prodotti da valorizzare.
E’ vero siamo molto fortunati
Oggi purtroppo per soddisfare esclusivamente la fascia medio - alta andiamo sempre a cercare solo ed esclusivamente prodotti cari. Io credo che sì, si debba fare anche questo però relativamente. Però ci sono tanti prodotti anche più semplici ed il valore aggiunto gli va dato semplicemente quando hai delle cotture, delle preparazioni, queste sono le emozioni.
Io attualmente sto facendo una preparazione di un maialino di Cinta che è un prodotto locale, è stato riscoperto da poco, etc. però è interessante. Anche lì faccio il prosciutto cotto, cotto a bassa temperatura per 18 ore, dopo faccio il carrè e la pancetta croccante laccata e con un assemblaggio di un sidro, una mela caramellata, una composta di mela. Quindi assaporare questo maialino è fantastico e quindi ti lascia sicuramente un ricordo.
Una continua ricerca del prodotto di eccellente qualità ma poco conosciuto.
Assolutamente, non si può fare diversamente oggi per differenziarsi. Altrimenti viene una cucina omologata e non ha senso. E‘ facile trattare tutti le stesse cose però se io per due mesi ho la possibilità di recepire dei prodotti locali con gusto e sapore, perché non li devo valorizzare. Ho un’azienda biologica vicino Siena che ogni anno mi lascia, mi tira su una trentina di capretti che li utilizzo da aprile fino a fine maggio, per due mesi. Per questi due mesi c’è questo capretto che ha un sapore, un gusto, questa è una situazione interessantissima, va colta così.
Come nasci in questo mondo della ristorazione?
Per fortuna, tra virgolette, ho nel mio bagaglio la conoscenza dei prodotti perché la nostra famiglia prima aveva un’azienda agricola in Sicilia. Io nasco lì, a Scicli di Ragusa. Mia mamma aveva una cucina qui a Colle Val d’Elsa. Dopo la mancanza di mio papà per un incidente avuto in azienda, quindi morto a 38 anni purtroppo, mia mamma si è sentita un attimino un vuoto. Mio fratello e mia sorella che sono un po’ più adulti, studiavano a Firenze e chiaramente sempre con questo appoggio della cucina lei ha venduto tutto e si è trasferita in Toscana. Sto parlando del 1965, quindi avevo appena 5 anni. Ahimè per studi, per movimenti etc..non ho avuto la possibilità di coltivare molto le amicizie in Sicilia, anche se ti confesso che ho buoni agganci con per esempio a Modica per il cioccolato.
Prendo dell’olio a Nocellara del Belice da una azienda eccezionale, un olio molto profumato che sa di pomodoro verde e che aiuta ad esaltare alcune cose, tutte le settimane mi arrivano gli agrumi. Ora c’è un progetto sempre a Licata, di un’azienda biologica producono le mini-melanzane viola e fanno piccole cose particolari. Ecco, un assemblaggio di territorio con gusto e sapore. Dopo di che io, praticamente mi sono formato in Svizzera, poi in Francia e poi sono stato, prima di mettermi per conto mio, un annetto da Paracucchi.
Un grande maestro.
Io parlo dell’81. Veramente ho dei ricordi magnifici perché andavamo al mercato due volte a settimana a prendere la roba, a volte anche tutte le mattine quando ce ne era bisogno. Molto aperto, ma soprattutto mi colpì la solarità della persona e il suo amore per la valorizzazione dei prodotti.
Questo credo che sia fondamentale per chi sta in cucina
Sì, questo senz’altro. Il ristorante l’anno prossimo fa 25 anni e per fortuna invecchiamo bene. Io ho 46 anni quest’anno, quindi ho iniziato molto presto. Ho iniziato a 21 anni e sinceramente i primi anni non ero capito soprattutto in una zona piccolina così non è facile. Però la situazione è positiva oggi perché anche il personaggio più semplice del paese mi apprezza e stima. Ho dovuto accattivarmi queste cose, ho dovuto pagare lo scotto con il passare degli anni.
Questo fa parte del gioco della vita
Certo, però veramente grandi soddisfazioni. Ora al di là dei riconoscimenti che possono, è certo che lo chef è gratificato quando a fine anno c’è una guida o una recensione etc. è piacevole e questo è importantissimo, la gratificazione a chi non piace? Però voglio dire che al di là di questo oggi mi sento di dire “ok, problemi inerenti all’azienda non ce ne sono perché il lavoro nostro è fondato sulla qualità e soprattutto ho clienti che frequentano il ristorante da 20 anni ed i figli dei primi clienti frequentano il ristorante. Quindi questo vuol dire che è un successo”.
Per esempio, ieri sera noi avevamo una ventina di persone e la media età era 40 anni, questo non è un successo, è uno strepitoso successo. Perché sai perfettamente che purtroppo questo tipo di ristorazione è sempre stata frequentata da persone adulte, mature, facoltose e questo invece oggi lo posso smentire perché anzi c’è ricerca, attenzione anche da parte del giovane. Questo è fondamentale, bellissimo.
Gaetano Trovato
Arnolfo Ristorante
Via XX Settembre n° 50
Colle di Val d'Elsa
Siena - Italia
Tel.: 0039 0577 920549
Fax: 0039 0577 920549
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www.arnolfo.com