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Marco Bergaglio

 

Lavoro, fatica e soprattutto una passione incontenibile è quella che traspare dalle parole di Marco Bergaglio, quando parla della sua terra e della sua uva. La scelta del Cortese è stata una scelta d’amore per questa varietà.

“Vogliamo fare sempre Cortese” afferma “perchè siamo molto legati alla nostra terra, moltissimo, e perché penso che il Cortese non abbia ancora espresso tutto quello che può esprimere. E quindi la nostra passione è questa.” Marco è di Gavi, anzi come precisa, di Rovereto di Gavi. Un luogo incantato dove fitti boschi di rovere (quando un nome non è casuale!) si alternano ai vigneti, una vicinanza che influenza favorevolmente il clima e il terreno. Un paesaggio ondulato da dolci colline che hanno ancora il fascino del selvaggio, che si spingono fino a 300 metri di altezza, bellissimo e trascurato dai passaggi vacanzieri, solo perché poco conosciuto. Ma chi ci giunge, fra l’altro comodamente trovandosi a brevissima distanza dalla autostrada Genova-Milano, non l’abbandona più.
Qui Marco Bergaglio alleva con orgoglio vigneti di uva Cortese, così come fa ancora suo padre, faceva suo nonno e prima di lui il bisnonno.
E qui abbiamo la prova provata di quanto la composizione del terreno possa influenzare i profumi e il gusto del vino. La proprietà è idealmente divisa in due parti principali: l’una di terreno argilloso marnoso e quindi rosso, definito anche terra dura per la tendenza a spaccarsi l’estate, ed è un terreno che ricopre la maggior parte della azienda; l’altro è un terreno calcareo, molto più chiaro e meno ricco di minerali, meno ricco di ferro. Diversa anche la capacità drenante dei due tipi di terreno, quello argilloso rimane bagnato a lungo, quello calcareo, più sabbioso, è subito asciutto. La cosa interessante è che sono assolutamente adiacenti.
Pur partendo dalla stessa uva, 100 per cento Cortese, abbiamo due vini che quando sono nel bicchiere ti danno sensazioni affatto diverse.
I due vini (Marco ne produce complessivamente quattro, tutti con la stessa uva Cortese) che sono testimoni di questa differenza sono Fornaci, che prende il nome dal luogo dove prima della vigna insisteva una fornace di mattoni, e Rolona, dal nome del luogo ove è la vigna. Il Fornaci esprime molto di più la mineralità, è un vino più fresco con profumi più erbacei, addirittura mantiene la giovinezza per molto tempo. A livello di percezione il Fornaci appare più fresco rispetto che al Rolona anche se hanno lo stesso livello di acidità, forse proprio per una mineralità maggiore dovuta al tipo di terreno, argilloso, che gli conferisce fra l’altro una vena di sapidità. Il Rolona, da terreno calcareo, invece è, al naso, molto più floreale, con note di frutta. E’ come abbiamo detto meno fresco, ma più morbido, si avverte quasi una sensazione di dolcezza, come se fosse più pronto.
Interessante sapere come nascono questo due vini. Non sempre c’è stata una separata vinificazione a seconda del terreno, e si perdeva quindi questa differenza non ci si rendeva conto. Fintanto che quasi per caso, durante la consueta vinificazione in vasche separate, all’assaggio quelle differenze sono emerse chiaramente.
Quello che rappresenta meglio il Gavi è però quello che viene dal vigneto più vecchio, che si chiama Rovereto Vignevecchie: una espressione di Gavi molto buona.
Il Rovereto Vignevecchie è una storia a sè, è molto più intenso in tutto, più intenso più forte, i profumi esprimono frutta, sono elegantissimi. Un giusto equilibrio fra frutto e acidità, facile da bere ma con grande soddisfazione.
Infine c’è il Pilin, dal soprannome di nonno Bergaglio. Pilin è una sfida. Un Cortese in legno! Pilin è una esplosione di profumi, dopo un lungo periodo vengono fuori intensi i profumi del Gavi insieme con le note di vaniglia, di nocciola, di miele ormai ridotte una nuance delicatissima.

 

Passeggiando per la vigna

 

L’età dei vigneti va dai 30 agli 80 anni. Il vigneto più vecchio sembra addirittura sia un vigneto prefillossera a piede franco. Marco sta cercando di riprodurlo perchè dà dei risultati eccellenti, ha una qualità completamente diversa da quella degli altri, decisamente più alta. Il grappolo è più piccolo è matura molto meglio. Non serve fare diradamenti, non serve fare niente, fa tutto da solo, è una cosa fantastica! Non altrettanto si può dire dei vigneti più giovani, nei quali se si vuol produrre poco bisogna lavorare in un certo modo, bisogna diradare, intervenire l’estate.
L’allevamento è a guyot e l’impianto non è molto fitto (3300 ceppi per ha nelle vigne vecchie e intorno 4500 in quelle nuove). Questa scelta è suggerita dal fatto che il Cortese è una varietà molto produttiva sia a livello di verde che di uva quindi infittire molto può creare una condizione vegetativa talmente folta da rendere molto complessa la gestione.
Il diradamento avviene tra luglio e agosto in due passaggi, in modo da riuscire a contenere lo sviluppo verde. Importanti a questo fine  anche i lavori a livello di terreno. Già da qualche anno si è provveduto all’inerbimento tra i filari, la presenza di erba impoverisce i ceppi, sottraendo energia. Gli acini sono abbastanza spargoli, ma sono dei grappoloni, com’è tipico dell’uva Cortese. Diventa essenziale una selezione accurata dei grappoli. In una vite con diversi grappoli, quelli grossi vengono tolti subito, a inizio luglio, insieme a quelli che per posizione lungo il cavo arriverebbero a maturazione troppo tardi.. Vengono lasciati i più piccoli. In questo modo si porta in cantina un’uva a livello uniforme di maturazione.
In casa Bergaglio si fanno quattro separate vendemmie, una per ogni vino che verrà prodotto.

 

L’odore di cantina

 

L’uva arriva in cantina dove si ha un solo obiettivo: cercare il più possibile di preservare quello che si è riusciti ad avere in vigna come qualità.
Pressatura soffice, come si conviene per un bianco, e inizia la fermentazione con lieviti selezionati. Una fermentazione a temperatura controllata per 10-15 giorni fra i 18-19 gradi. La ridotta temperatura rende il processo abbastanza lento, ma trattiene i profumi. Una delle doti del Gavi è la delicatezza dei profumi, se si perdono quelli, il vino decade inesorabilmente. Se si ha una fermentazione a temperatura più alta e quindi più tumultuosa, i profumi si perdono subito.
Una selezione delle uve migliori di tutti e quattro i vigneti viene lasciata appassire per 40 giorni in cassetta prima della vinificazione per dargli la forza per sopportare la barrique e poi passata in legno in fermentazione. Solo le annate possibili. Bergaglio ha iniziato a produrre il Pilin nel 1985. E’ un vino perfetto dopo 10 anni, allorchè si ritrova magicamente la tipicità del Gavi, avendo nel tempo assorbito tutto il legno. Marco sostiene che “dopo 8-10 anni è un vino che può essere confrontato con i più grandi bianchi del mondo”.
Noi abbiamo sempre vinificato togliendo subito i lieviti dalla vasca, cercando di pulire il più possibile il vino e secondo me perdiamo non dico il 50% ma quasi della ricchezza del vino. Io devo provare a fare il Gavi con la permanenza sui lieviti. Da questo anno lo comincerò a fare.
Sul Rovereto Vignevecchie viene fatta svolgere la malolattica naturalmente a primavera (nel 2003 no perchè l’acidità è bassa e sarebbe diventata ancora più bassa).
Vignevecchie fa un affinamento di 8 mesi. Interessanti assaggiarli almeno dopo un anno dalla vendemmia.

 

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