Tanto bastò per acquistare Castello di Meleto, una imponente costruzione del 1100, restaurata nel 1700, per secoli appartenuto alla famiglia Ricasoli.
Il cammino era iniziato e anche l’entusiasmo che circondava l’iniziativa. Dai 400-500 iniziali, nell’arco di quattro anni, i soci divennero 1800. Questo consentì di impiantare i vigneti nell’azienda che diventerà una delle aziende più estese nella zona del Chianti classico.
Questa azienda, nata dall’amore di un gruppo di persone, ha ora cambiato l’assetto proprietario, oggi è di proprietà della Viticola Toscana S.p.A.. Azionista di riferimento dell’azienda è una famiglia svizzera, gli Schuler, che vantano una tradizione di attività vinicola lunga trecento anni: all’inizio degli anni novanta hanno acquisito la proprietà con l’ambizioso progetto di riportare Meleto e i suoi vini al loro antico prestigio.
Roberto Garcea, è il direttore generale della società. Il suo non è solo un racconto di vigna e di cantina, ma anche di concorrenza e di mercato. Roberto ci fa percorrere, con parole leggere, tutta la filiera del prodotto vino dalla coltivazione alla vendita. Il suo fra l’altro è un osservatorio importante, Castello di Meleto è una grande azienda, con una produzione significativa.
Roberto, cosa è rimasto del nucleo storico di appassionati nella nuova realtà?
Sono attualmente attivi circa 400-500 soci, ma non sono più quelli originari, il vecchio socio ha lasciato la propria quota ai figli etc.. Comunque rimane sempre forte il senso di appartenenza dei soci fondatori alla Viticola Toscana. Noi ci vediamo periodicamente per l’assemblea e non solo. Vengono in azienda, stanno nelle case, e c’è chi le ha comprate anche alcune nel tempo, intorno al Castello di Meleto.
L’arrivo della famiglia Schuler ha modificato in qualche modo il progetto iniziale?
Quando è subentrata la famiglia Schuler, è cambiata l’impostazione agronomica della proprietà. Le originarie coltivazioni del Chianti classico con le vecchie concezioni sono state ristrutturate.
Quindi un intervento in vigna. Avete modificato i sesti di impianto?
Certo, ma come anche tipo di selezione clonale. Noi siamo fra i pochi che mantengono ancora la coltivazione ad alberello che ormai è anti-economica per questo è stata in genere abbandonata. Ma assicura sempre una ottima qualità del prodotto.
Qual è l’estensione della superfice vitata?
Abbiamo 182 ettari di Chianti classico
Ho visto che fate molto Sangiovese in purezza
Sì, e curiamo particolarmente il nostro vino. I nostri vigneti si collocano fra i 380-400 m sul livello del mare. Quindi sono dei vini che non hanno una grande struttura come magari alcuni mercati richiedono. Sono dei vini dove si predilige l’eleganza, sono dei vini che hanno molto fruttato, molte componenti aromatiche. Il Sangiovese riesce a dare questi risultati coltivandolo proprio in questa zona estrema. In cantina attraverso le tecniche enologiche cerchiamo di esaltare queste caratteristiche, come un attento dosaggio del legno. In alcune annate viene anche resa necessaria l’ossigenazione durante la fermentazione proprio per migliorare quella che è la componente fruttata di questo Sangiovese
Che non è un vitigno semplice fra l’altro
No, ma da grande soddisfazione. Se parliamo di Merlot, se parliamo di Cabernet, se parliamo di Syrah, questi hanno una base di antociani e di componenti aromatiche nella buccia che sono grandissime, sono enormi e si estraggono facilmente.
Poi c’è la conoscenza, dal punto di vista enologico, molto profonda perché sono questi vitigni internazionali che sono stati i più studiati, più seguiti nelle scuole di tutto il mondo e quindi c’è un’esperienza anche degli enologici molto forte
Noi facciamo delle attività di stage con enologi che vengono dall’Australia, dall’Africa, dagli Stati Uniti e sono enologi che vogliono imparare a lavorare il Sangiovese, non è una cosa facile.
Anche in cantina sono stati fatti interventi?
Sì. Nel 1970 era stata fatta una cantina molto grande con una concezione che era tipica dell’epoca, un po’ più industriale. La ristrutturazione ha consentito di creare tre cantine nella cantina iniziale. Quindi una serie di spazi dove selezioniamo e lavoriamo separatamente le produzioni.
Mi sta dicendo che per ogni parte della cantina c’è il vigneto di riferimento?
Sì, è così. Questo consente una differenziazione anche nell’utilizzo dei legni. Per esempio per le riserve utilizziamo solo tini di legno di 54 hl, che poi oltretutto fanno gli Schuler, perché loro hanno una tonnellerie in Svizzera.
Si costruiscono direttamente le loro botti?
Sì, sia barriques che botti. Quindi abbiamo questa cantina che è attrezzata con tini in legno, un’altra attrezzata con dei tini in acciaio inox, ma di piccole dimensioni, di 100 hl. Poi ne abbiamo un’altra dove si producono i vini di annata, tipo il rosso toscano, dove sono rimasti dei fermentini della storica cantina.
Alberello, tini di legno, mi sembra che vogliate rimanere ben ancorati alla tradizione
Certo, ma dietro ogni scelta di produzione c’è il prodotto che si vuole ottenere. Adesso purtroppo parecchie aziende agricole tendono a fare delle coltivazioni che abbiano delle produzioni alte a prezzi bassi per soddisfare la richiesta della grande distribuzione. Questo comporta un abbassamento della qualità e una omogeneizzazione dei prodotti.
In realtà siamo ancora distanti da una vera cultura del cibo.
Sì, perché ci stanno educando alla globalizzazione del gusto. Parecchi anni fa esisteva una forte differenziazione di prodotto nei piccoli negozi di alimentari. C’era una continua ricerca del prodotto migliore, si faceva a gara per avere delle selezioni di eccellenza per superare la concorrenza. Allora c’erano i diversi formaggi, i prosciutti, i salumi, le salsine particolari, insomma tutto quello che potevano offrire, oggi chi lo fa più? Non esistono. Oggi tutti sono attratti dalla grande industria perché è un modo più comodo di acquistare, ma alla fine più limitato. La grande distribuzione sta dettando legge anche sul vino, come d’altro canto in tutto il settore alimentare.
E cosa chiede la grande distribuzione?
Ci chiede dei prodotti omogenei, una qualità standard media, prezzi bassi. In una situazione come questa parlare di eccellenza, o discettare di tendone, di alberello, di cordone speronato, sembrerebbe quasi un discorso astratto.
L’uso del condizionale mi conforta …
Sì, infatti, per chi ha fortemente voglia di salvaguardare in qualche modo quella che è la tipicità di un varietale e quindi poi del vino, il discorso è molto concreto, anche se abbastanza difficile
Sì, è complesso, ma è anche una bella sfida e credo che meriti di essere affrontata. E’ una scelta importante da fare a livello aziendale.
Dividerei in due il problema. Nel caso di vini di buona qualità, io credo che più che a livello aziendale, la scelta vada fatta a livello di istituzioni che hanno o che dovrebbero avere la forza di controllare una denominazione di origine e di certificare e difendere il nome, la qualità, del prodotto. Poi ci saranno le eccellenze, e quelle sono davvero scelte aziendali.
Quindi lei mi prospetta due situazioni che devono viaggiare insieme. Da una parte la scelta aziendale di fare un prodotto di qualità, dall’altra il controllo di chi deve effettuarlo perché venga rispettato il disciplinare.
Sì, è soprattutto il rispetto della qualità del prodotto. Perché non si sa cosa si trova sul mercato. Ora noi abbiamo a che fare continuamente con catene di vendita, che siano piccole o grandi catene. Alla fine mi dicono “senta qui abbiamo un Chianti classico che ha un prezzo a x euro”. Se questo basso prezzo è al di sotto del costo di produzione di un Chianti classico, che noi conosciamo perfettamente, vuol dire che c’è qualcosa che non va.
La cura, l’attenzione, il lavoro, la fatica che è dietro la produzione di un vino di qualità deve essere anche recuperata, non è possibile paragonare due prodotti così diversi. Però il consumatore non acculturato queste distinzioni non le riesce a fare.
Questa è l’educazione che dobbiamo riuscire a dare.
Sono d’accordo, d’altro canto è questa la filosofia che ispira il mio argomentare sul vino, non partendo dal bicchiere perché, lì basta una scheda del vino ben fatta, ma dalla storia di chi quel vino lo produce, dalla descrizione del territorio dove la vigna produce i suoi grappoli, dall’allevamento che il produttore ha scelto di fare, dalle sue scelte di cantina, dalla sua sensibilità e dalla sua passione. Quel vino sarà il risultato di tante cose, anche della personalità di chi lo produce. E’ questo un modo di far capire meglio un prodotto, di dare consapevolezza al consumatore della propria scelta.
L’azienda svolge una attività vitivinicola e agricola e offre nel contempo una ricettività alberghiera. Avete organizzato un percorso informativo per i vostri ospiti nel quale l’allevamento della vigna e l’attività di cantina vengono raccontati?
Noi facciamo qualcosa di più. Nel senso che abbiamo creato un sito nel quale cerchiamo delle persone che vogliono passare un fine-settimana in azienda. Abbiamo la possibilità di ospitarli, di far vedere come si lavora in cantina, se è il periodo della lavorazione, o far vedere i vigneti, fargli capire più o meno come sono strutturati perché a volte quando vedono queste pendenze che ci troviamo nel Chianti si rendono conto di quanto sia complicato l’utilizzo dei mezzi meccanici qui. Nello stesso tempo c’è un corso di degustazione che facciamo, accompagnato ad un corso di cucina.
Un modo di avvicinare al prodotto vino gli ospiti in un clima di vacanza
Sì, noi da qualche anno facciamo questo con dei gruppi di minimo 15 persone durante un po’ tutto l’anno. Durante il periodo turistico, quindi partiamo dalla Pasqua, da aprile, per finire ad ottobre, facciamo tre visite al giorno all’interno dell’azienda durante le quali spieghiamo la parte storica, l’architettura del Castello, le tradizioni della storia contadina del Chianti. A richiesta, facciamo un percorso nella cantina storica del Chianti e quindi nel perimetro del castello. Spieghiamo le vari fasi di vinificazione, partendo da una serie di diapositive sull’uva e poi via via fino a una degustazione del vino. E’ l’impegno che vogliamo avere anche noi nella diffusione di questa cultura, di cosa c’è dietro a questo vino e di come si fa. Pochi ancora hanno idea di che cosa sia la fermentazione, oppure come si svolge il processo che va dal grappolo al vino che hanno nel bicchiere.
Castello di Meleto – Gaiole in Chianti (Si)
Tel 0577 749217, Fax 0577 749762
www.castellomeleto.it
I PRODOTTI
Chianti Classico D.o.c.g.
Chianti Classico D.o.c.g. Riserva
Fiore I.G.T. Toscana
Grappa Classica
Grappa Riserva
Vinsanto Chianti Classico D.O.C.
Rainero I.G.T. Toscana
ALTRI PRODOTTI
Olio Extravergine di oliva D.O.P. Castello di Meleto