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Osiride Chiaradia

 

Da importatore a produttore, un passaggio complesso e affascinante, quasi una scommessa che la Zago ha vinto con le sue birre artigianali di alta qualità. Il racconto di Osiride Chiaradia ci accompagna in questo percorso e ci mostra l’attenzione e la passione che hanno caratterizzato la storia dell’azienda e dei suoi prodotti.

Osiride quando avviene questo passaggio?

 

L’azienda, intorno agli anni 90, si è divisa in due anime e da sola azienda di importazione di birre è diventata anche produttrice di birre.

 

Quale è la vostra filosofia di produzione?

 

Il nostro approccio è un pò atipico, nel senso che non nasciamo, come gran parte delle aziende italiane, come meri importatori di prodotti, ma abbiamo sempre cercato di studiare i gusti dei consumatori. Questa esperienza si ha reso sensibili alle esigenze di mercato e soprattutto ai gusti, che ovviamente evolvono nel tempo. Da lì partiamo per studiare le nostre ricette. Tutte le birre che noi produciamo hanno dietro uno studio di parecchi anni, di prove, e finché non otteniamo il prodotto che secondo noi è giusto per l’obiettivo che ci siamo posti non usciamo in commercio.

 

Secondo questo approccio che nasce la vostra prima birra

 

L’idea è stata quella di capire e di soddisfare le esigenze di un consumatore moderno, creando delle birre che dessero delle sensazioni organolettiche molto simili al vino. È nato quindi un progetto che ha portato come risultato l’HΨ,  che è una birra prodotta con la stessa metodologia dello Champagne, fa due rifermentazioni in vasche di rame e poi una terza fermentazione in bottiglia. Ciascuna bottiglia viene fatta ruotare con la stessa metodologia dello Champagne, ma a differenza di questo nel quale nell’ultima  fase, con il degorgement, i lieviti vengono tolti e  c’è un rabbocco con il liqueur de expedition,  nella nostra birra aggiungiamo del lievito nuovo e  lasciamo riposare dai 6 agli 8 mesi in modo che i lieviti, rimanendo a contatto con il prodotto,  determinino una ulteriore evoluzione del prodotto nel tempo. La stessa bottiglia di birra presa nello stesso lotto se viene bevuta in periodi diversi mostra una evoluzione sia nei profumi che nella corposità.

 

... ma non è finita qui, con questa linea

 

Infatti, abbiamo creato un secondo prodotto l’ HΨ Cuvèe. Il nome cuvèe come nei vini significa taglio e il nostro è un taglio di HΨ e di malto tostato. Nonostante che la base di partenza sia uguale, il malto tostato modifica completamente i profumi e i sapori. Si ottiene una birra molto più complessa, con sentori di prugna, di caramello, di liquirizia e quindi più indicata per gli affumicati oppure per il cioccolato fondente ed è apprezzata molto dagli appassionati di sigaro.

 

Questa birra appaga la clientela più preparata a degustare prodotti di fascia alta

 

La motivazione per la quale abbiamo creato la Saint Hubert è stata proprio questa. Abbiamo notato che i nostri clienti, amanti del vino, capivano subito il messaggio dell’HΨ. Però tantissima  gente, la maggior parte, mostrava difficoltà a capire il passaggio dalle birre industriali, e quindi dal gusto classico, le lager comuni, alla birra da pasto. Abbiamo pensato ad una linea che potesse accompagnare il consumatore in un percorso del gusto dall’antipasto al dessert, con 3 stili produttivi diversi. La prima, che abbiamo chiamato Artisanale De Luxe è una birra Premium Pils prodotta con il metodo della bassa fermentazione. Rispetto alle Pils standard è un po’ più dolce e con un gusto delicato per via di una  punta di luppolo minore. Si apprezza sia bevuta singolarmente oppure con  gli antipasti più delicati. Poi abbiamo voluto creare una birra da secondi piatti. Per questo siamo passati dalla bassa fermentazione all’alta fermentazione, con una rifermentazione in bottiglia. E’ questa la Blond d’Abbaye. E poi, per finire, abbiamo creato la Premier Grand Cru che ha invece uno stile belga speciale, ha 10 gradi, un colore ambrato, siamo saliti anche con la gradazione di colore. E’ una birra comunque più corposa, sia per i piatti di pesce oppure per gli  affumicati, o le carni da forno, oppure per i dessert con basi caramellate.

 

La Saint Hubert è una birra più vicina al gusto delle persone comuni rispetto alla HΨ, più elegante, più complessa.

 

Questa linea permette al consumatore di avvicinarsi alla birra da pasto facendo un percorso più comprensibile.

 

Nel 2005 nasce un’altra linea

 

Sì, nasce dalla richiesta dei nostri clienti che ci hanno richiesto delle birre con  grado alcolico più basso, che fossero molto beverine, la vera birra proprio naturale.

 

Qual è stata la risposta a questa esigenza

 

Abbiamo deciso di rifarci a delle ricette storiche e quindi al Reinheitsgebot, l’editto sulla purezza della birra del 1516. Una birra prodotta in maniera pura secondo lo stile tipicamente bavarese. E’ la nostra linea classica.

 

Viene prodotta direttamente da voi?

 

Ci siamo spostati. Noi abbiamo le produzioni solitamente in Belgio, mentre con questi prodotti abbiamo fatto delle micro partnership con dei produttori bavaresi per la necessità legata al reperimento delle materie prime e al riferimento della Baviera come origine produttiva. Ma tutto lo studio  è nostro, le ricette sono nostre, il packaging è nostro.

 

Quali prodotti avete in questa linea

 

La Pils, che è decisamente luppolata, da inizio pasto oppure in abbinamento a piatti di salumi o formaggi, quindi piatti abbastanza sostenuti. La Hefe Weissbeir, che ha un retrogusto tipico fruttato, di fiori di garofano, di limone, classico delle birre bavaresi, e poi l’altra, quella più particolare, la Naturtrub, che è ricca di sali minerali e vitamine, non aggiunti, ma proprio all’interno dei lieviti che utilizziamo.

 

Poi c’è l’ultima nata, la Nut, presentata nell’ultima edizione di Vinitaly. Anche questa è una bella storia.

 

La Nut è il frutto di una ricetta che c’è stata gentilmente regalata da un frate che vive all’interno dell’abbazia di Certosa. Un manoscritto del 1600 nel quale si spiega come fare a produrre la birra con 4 tipi di cereali diversi. Abbiamo introdotto una variazione alla ricetta originale, al posto dell’avena abbiamo utilizzato il mais:  quindi una birra fatta con orzo, frumento, mais e segale. Ha sei gradi e mezzo ed è una birra a tutto pasto.

 

Un packaging molto elegante ...

 

La bottiglia, formato cl. 75, richiama lo stile delle bottiglie da Champagne, con tappo a fungo e gabbietta. Il marchio, serigrafato sulla bottiglia in blu e oro, rappresenta la divinità egiziana Nut, protettrice del cielo nel suo viaggio notturno, mentre accoglie il dio del sole Ra, dopo il tramonto, per partorirlo di nuovo all’alba, perpetuando così il ciclo eterno di nascita, morte e rinascita di ogni essere vivente.

 

Cosa mi dici della birra “da mangiare”

 

Eh sì, le birre “da mangiare”, le gelatine di birra. The Original HΨ e HΨ Cuvée, ottenute dalla lavorazione delle birre artigianali Zago, senza aromi artificiali, conservanti e coloranti aggiunti. Limpide, brillanti e dalla consistenza soda, sono perfette abbinate ai formaggi sia stagionati che più morbidi, ma anche con i salumi, la cacciagione, il pesce crudo, i dolci.

 

Come sono ottenute

 

Le gelatine di birra Zago sono prodotti totalmente naturali, dati dall’unione della birra artigianale pura e non diluita con lo zucchero e la pectina, un gelificante vegetale che si ottiene dalla buccia degli agrumi e che apporta un contenuto energetico molto più basso rispetto alla gelatina di origine animale, la quale viene spesso usata come addensante, cambiando di conseguenza la consistenza dei piatti. Le gelatine di birra Zago invece sono in grado di esaltare il gusto di ogni pietanza, senza sopraffare il sapore dei cibi o cambiarne la consistenza.

 

Quali sensazioni organolettiche regalano

 

La gelatina The Original HΨ, rievoca delicatamente i profumi del lievito fresco, del malto e del luppolo in fiore, sapori che si ritrovano più intensi nell’omonima birra. La HΨ Cuvée, spicca per le sue note speziate, in grado di enfatizzare i sapori più corposi, e per il suo colore rame antico, dovuto alla tostatura del malto della birra.

 

La vostra filosofia di creare una birra da pasto comporta uno studio molto attento agli abbinamenti

 

Riserviamo la massima attenzione  allo studio delle evoluzioni dei gusti, alla comprensione delle problematiche degli abbinamenti con i piatti. Il fatto di lavorare in partnership con gli chef per creare anche lì i piatti per cucinare con la birra oltre che per abbinarla è un altro aspetto dello stesso studio.

 

Avete degli chef di riferimento

 

Non abbiamo voluto creare delle partnership ferree ma anzi siamo aperti sempre al confronto con i consumatori,  a metterci in gioco, con questi abbinamenti. La cucina è una cosa creativa che dà sempre nuovi stimoli, quindi è anche bello poter testare e provare sul campo.  Tuttavia ci sono tre chef  sui quali ci appoggiamo più spesso.

 

Possiamo dire che per voi prima di tutto c’è lo studio sui gusti del consumatore.

 

La mission è quella di soddisfazione del cliente. Ad esempio per produrre la birra Nut abbiamo provato quasi un anno le combinazioni per dosare in modo ottimale le varie percentuali di cereali da usare.

 

Ma c’è anche la vostra sensibilità al gusto, la vostra personalità nelle cose che producete  ...

 

Certo, e infatti io amo dire che la nostra birra, belga o tedesca che sia, ha il cuore italiano

 

 

 

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