Racconta della tua formazione.
Ho fatto la scuola alberghiera a Torino, a quell’epoca era pieno di professori che avevano ristoranti e io ne approfittavo per andare a lavoricchiare da loro durante il fine settimana. Ho fatto i miei tre anni di scuola e, ogni volta che finiva la scuola, andavo a fare le stagioni estive in Italia. Il lavoro in cucina mi piaceva e poi ho capito che potevo divertirmi potevo guadagnare dei soldi e potevo girare un pochino il mondo. Non avevo ancora 18 anni quando ho fatto una brevissima esperienza in Francia a Reims e Parigi e, poi, in Olanda ad Amsterdam, ovviamente città dove un ragazzino di quella età mira subito perché attratto dal fascino che quelle città sanno esprimere. Da lì sono partito per Londra dove sono rimasto 6 anni. La mia vita in cucina è cominciata proprio a Londra, dalla base, dal classico comis di cucina. Ho lavorato con un grandissimo chef, Walter Palermi del Ristorante Il Siciliano. In questo ristorante ho cominciato a imparare e a vedere delle cose molto carine. Poi ho lavorato con lo chef del Ristorante dell’Hotel Savoy, R.Claydermann, e, infine alla Trattoria dei Pescatori con lo chef Vittorio Gallo. Più andavo avanti e più mi appassionavo. Prima di ritornare in Italia sono andato in un ristorante in Tahilandia, una esperienza bellissima, breve ma intensa perché ho avuto modo di toccare un pò di cucina orientale. Ammetto che ogni tanto nella nostra cucina non fa assolutamente male un profumo di una spezia, una cosa che io amo fare.
Sono infine tornato. Sono andato nelle Langhe, ho lavorato in due locali stellati già allora ed erano i primi anni Novanta, e infine eccomi a Torino. All’inizio ho preso in gestione un vecchio ristorante di tradizione piemontese dove sono stato due anni. A quel punto con la mia esperienza, lunga o corta che fosse, mi sentivo già pronto per buttarmi nel mondo del libero professionismo della ristorazione e così è nata l’idea e poi l’apertura de “‘l Birichin”.
Perché ‘l Birichin?
Ho cercato un nome che si attagliasse perfettamente al mio modo di essere, almeno fino a quel momento, e alla fine visto che la mia vita era stata un pò birichina favorita dal fatto di aver girato continuamente, allora cosa meglio de “’l Birichin”.
Raccontami de ‘l Birichin
L’apertura del ristorante ‘l Birichin è avvenuta la prima volta nel 1994, e poi è come se lo avessi aperto di nuovo quando sono diventato unico proprietario, e lo sono da otto anni. Da quel momento ho iniziato un lavoro più orientato alla ristorazione di qualità e negli ultimi 5 anni devo ammettere di aver avuto delle grandi soddisfazioni personali. Sono in questi ultimi 5 anni che si mi sono formato decisamente, grazie anche al contatto con grandi colleghi presso i quali puntualmente ogni anno faccio un corso, uno stage. La mia esperienza di tutti i giorni è quella del campo, siamo in 7 ragazzi per fare 25-30 coperti, 5 in cucina e due in sala. La mattina spesso la dedichiamo alle prove. Provare e riprovare secondo me è la cosa migliore da fare, più che qualsiasi altra esperienza. Riusciamo a farlo perché siamo una bella brigata, un bel gruppo di persone. Ci divertiamo davvero. A volte escono fuori delle cose fantastiche, a volte delle cose da dimenticare, ma d’altronde è questo quello che stimola.
… e queste tue esperienze fuori?
di recente ho fatto una esperienza che ha arricchito il mio bagaglio di conoscenze sugli ultimi sistemi di cottura. Ho lavorato per lo chef Martin Berasetegui a San Sebastian per 3 settimane e lì mi sono avventurato nelle cotture a bassa temperatura, a vapore, sottovuoto. Sai nei prodotti cotti a bassa temperatura, il liquido non fuoriesce, il prodotto si gonfia ma dentro rimane bello morbido, e guarda che sto parlando della costoletta d’agnello, della capesanta. della pescatrice, del gambero … interessantissima esperienza.
Due anni fa ho lavorato a Lione in un altro grande ristorante “La Rotonda”, con lo chef Philippe Gavreau, esperienza anche lì molto piacevole. I francesi sono conosciuti per la precisione e la pulizia del piatto, anche se diciamo il modo di cottura è un pò troppo lungo, un pò passato. Poi c’è un uso abbastanza frequente di panna. In ogni caso non dobbiamo dimenticare che sono loro, i francesi, che ci hanno insegnato a alleggerire il piatto, a curare con una precisione fino all’inverosimile la decorazione e la sistemazione dell’ingrediente. In Italia ho lavorato con Igles Corelli, con lui sto facendo ora degli eventi; ho lavorato con Claudio Sadler; con la famiglia Santin.
Hai descritto le tue esperienze ora parlami della tua cucina
La mia cucina oggi è l’espressione delle esperienze che ho descritto e di quelle che mi trasmettono giorno dopo giorno i clienti che mi stanno seguendo. Oggi il mio menu presenta dei piatti della stretta tradizione piemontese che io rivisito. Rivisitare in cucina per me significa alleggerire il modo di cottura. Oggi per fare un brasato la cottura è molto più breve di una volta, vuoi perché la carne è molto più morbida e più buona e vuoi perché le cotture sono più concentrate sul prodotto. Amo la cucina veloce fresca quella che richiede tanto impegno all’inizio per trovare il prodotto di primissima qualità. Non mancano quindi i piatti che richiamano la tradizione e la cucina mediterranea. Questa è una cucina che mi entusiasma molto, posso trattare tutti i prodotti che voglio e i profumi … il profumo del basilico, del timo di queste spezie, quando sono appena colte e, poi, l’uso dell’olio. L’olio da me è ai massimi livelli. Presento una carta degli oli che si trova su ogni tavolo dove il cliente dispone di 25-30 scelte di olio. Alcune pietanze vengono condite con degli oli particolari che vengono proposti e spiegati al cliente, il cliente, se vuole, può scegliere il condimento preferito.
Ovviamente c’è la presenza della carta dei dolci, ma visto che Torino è la città del cioccolato, c’è anche una carta dei dolci al cioccolato. Questa ha una particolarità, che nasce da una idea di quattro anni fa, ogni dolce al cioccolato è preparato con quello di un diverso produttore. Quindi parto dai cioccolatai piemontesi come Guido Gobbino fino ad arrivare Alle Delizie di Corrado Assenza di Noto; Amedei; Domori; La Molina; Slitti; Bonajiuto…Walrhona insomma li uso quasi tutti.
Il tuo amore per i profumi di cucina non è mai diminuito
Infatti trovo che sia una cosa bellissima, a volte quando entri in certe panetterie senti quel delicato profumo di lievito o di pane appena sfornato … è davvero molto piacevole, bellissimo. Ultimamente sto facendo una cosa particolarissima. Ho comprato degli inalatori dove metto dei profumi che sono di vaniglia, di lievito, di caffè, questi aromi si comprano. La mia idea di fare qualcosa per trasmettere quelle emozioni che provavo nell’infanzia ai miei clienti. Accompagno il piatto con dei profumi che non sono propri del piatto ma possono abbinarsi al piatto. Cerco di provocare un abbinamento tra quello che si mangia e quello che si respira, di portare il cliente a riempirsi di aroma. Siamo provando aromi a base di vaniglia e a base di caffè.
Ma questo non turba i profumi del piatto?
No, perché il profumo che accompagna il piatto si accosta perfettamente e quindi non disturba affatto, anche perché sparisce abbastanza velocemente nell’aria, ma rimane nella mente, nel ricordo del cliente. Ora lo faccio sul dolce, ma sarebbe bellissimo farlo sui piatti salati. Perché no? Sarebbe bellissimo.
Hai detto che il cliente nel tuo locale non ha una parte passiva ma lo fai intervenire
E’ un gioco fare intervenire il cliente nella cena spiegandogli i passaggi dal caldo al freddo, dal dolce al salato, dal piccante all’amaro, dallo speziato forte a uno debole. Di fatto gli do delle opzioni che lui sceglie direttamente al tavolo. Per esempio c’è un piatto dove c’è una degustazione di gamberi, gamberi crudi, gamberi cotti, gamberi in tempura, piccanti, marinati e c’è una sequenza di degustazione. Il cliente in questo caso viene reso partecipe di questo e lo consigliamo da dove deve partire a dove deve arrivare. Glielo suggeriamo noi per evitare che parta da quello fritto dopodiché il palato sarebbe insensibile alla delicatezza dei sapori provocate dalle altre cotture o dal crudo, ma alla fine è lui a decidere.
E questa cosa qui la stai facendo con dei piatti specifici o stai generalizzando sull’intero menu?
Lo sto facendo su dei piatti particolari, lo sto facendo con i gamberi e con l’agnello. L’agnello viene presentato in tre cotture con tre parti diverse lo stinco, il filetto e il fegato. Questa estate ho utilizzato gli asparagi. Ho servito una sequenza di sei asparagi: crudo da bagnare nel sale e nell’olio, un piccolo soufflé, una quiche, una crema da bere, in tempura e gratinato.
Come reagisce il cliente?
Benissimo all’inizio viene stuzzicato dalla idea e dalla curiosità e ovvio che dopo la curiosità ci deve essere l’effetto piacevole e qualcosa da mangiare. Io sono dell’idea che il piatto debba essere un pò più abbondante, quel tocchettino in più piuttosto che quel tocchettino in meno. Alcuni miei colleghi pensano che sia meglio lasciare il cliente senza l’ultima forchettata che avrebbe desiderato ci fosse nel piatto in modo da lasciare impresso il piatto con quel pizzico di desiderio insoddisfatto. Può essere valido anche questo discorso, io faccio il contrario.
Come ti avvicini al cliente con l’abbinamento principe al piatto, il vino?
Propongo delle degustazioni di vini suggerendo il vino ideale per ogni piatto a bicchiere non costringendo il cliente, nel caso di quattro portare, a acquistare 4 bottiglie. Al momento propongo tre vini e un vino da dessert.
Tu organizzi anche delle serate degli incontri con altri chef
A Torino sono tra quelli che muovono un pò la situazione, sto organizzando un evento anche in occasione del Salone del vino proprio attinente il vino. Ho selezionato dei ristoranti che offrono una minicarta dei vini con un rapporto qualità prezzo invidiabile, questo perché durante il Salone vorremmo avvicinare la gente di tutti i giorni a bere delle bottiglie importanti. Poi c’è un’altra cosa una kermesse di chef, che ritengo chef molto importanti, sto parlando di Igles Corelli della Locanda della Tamerice, di Bruno Barbieri della Villa del Quar, di Terry Giacomello della Antica Osteria La vicina, di Corrado Fasolato dell’Hotel Metropole e di Christian Bertol dell’Orso Grigio, e quindi io sono già onorato della loro presenza. Vengono qui da me a cucinare il loro prodotto, il tema è il “Gusto del territorio”. Creativo o non creativo, innovativo che sia portano qui a Torino la cucina della loro zona. Evitiamo di smuovere il cliente e nello stesso momento riesco ad offrirgli certe emozioni. Abbiamo altre presenze che rafforzano i menù in questa iniziativa: abbiamo un famoso pasticcere di nocciole piemontese Cannobio di Cortemelia che ci offrirà una delle sue specialità, abbiamo Guido Gobbino che ci darà del cioccolato, ci accompagnerà La Baladin questo birrificio fantastico, serviremo in piedi come aperitivo non delle bollicine a base di vino ma della birra. In più avremo un brandy fantastico, un trebbiano in acquavite che è Villa Zarri e per terminare l’indimenticabile caffè della Torrefazione Caffè Lelli di Bologna. Ci sono sempre molte offerte in queste cene, ci sono anche dei produttori di vino che si uniscono; quest’anno abbiamo la prestigiosa casa vinicola piemontese Gancia.
In inverno ci saranno le Olimpiadi a Torino e quindi ci concentreremo su questo evento. Nel 2002 ho partecipato come chef per casa Italia alle Olimpiadi di Salt Lake City e nello stesso anno sono andato a cucinare per la famiglia reale di Svezia.
Che mi dici della tua cantina?
Ho 500 etichette in carta: 60 per cento piemontesi, 30 per cento nazionali e il resto francesi e dell’altro mondo. Sono dell’idea che le carte si debbano ridurre perché secondo me bisogna mirare la scelta del vino sulla base del menù. Io ho già una carta alternativa di vini con 30 vini italiani francesi e sloveni, scelti personalmente da me, e sono tutti vini biologici e biodinamici, sono vini veramente molto, molto buoni.
La tua passione?
Le bollicine. Essendo innamorato delle bollicine ho l’esigenza di fare delle serate con lo champagne. Una volta o due volte l’anno. Tieni conto che nella mia carta di vini ci sono circa 50 bottiglie di champagne.
Nicola Batavia Chef
Ristorante “’l Birichin”
Via A. Monti, 16/a - Torino
011657457
www.birichin.it